«Basta Calabria, andiamo in Lombardia»: il Corap di Oliverio fa scappare l’azienda-gioiello

La sorte dell’Arredo inox di Crotone è la punta dell’iceberg che rivela il fallimento del consorzio regionale per lo sviluppo delle aree produttive, prossimo alla messa in liquidazione a causa dei debiti. L’imprenditore Alessandro Cuomo, titolare della fabbrica che produce “frigoriferi” professionali esportati in mezzo mondo, è pronto a delocalizzare a causa del degrado e dell’inefficienza dell’area industriale pitagorica

di Enrico De Girolamo
30 giugno 2019
11:24
Alessandro Cuomo e la sua azienda
Alessandro Cuomo e la sua azienda

È un fiume in piena Alessandro Cuomo, un fiume gonfio di rabbia e frustrazione che scorre nell’alveo di una regione, la Calabria, incapace di tenersi stretti e difendere i suoi valori, in senso letterale, cioè cose che valgono denaro, sviluppo e occupazione. Sa già come andrà a finire l’imprenditore crotonese titolare della Arredo inox, azienda di 30 dipendenti con una bacheca piena di targhe e premi, che produce attrezzature professionali per la trasformazione alimentare (come stagionatori e armadi per la frollatura) e li vende in giro per il mondo, messa alle corde dalla fatiscenza del Corap, il consorzio regionale per lo sviluppo delle aree produttive. Un ente pubblico con debiti per circa 50 milioni di euro che ormai «non ha neppure 200 euro per sostituire il palo delle telecamere». Le stesse telecamere che avrebbero potuto scongiurare i furti, due in 10 giorni, che hanno fatto traboccare il vaso della rassegnazione alla Arredo inox, convincendo Cuomo che non c’è altra alternativa che andare via, lontano dalla Calabria.

 


Via di qua

«Probabilmente ce ne andremo in Lombardia – ammette -. Qui non c’è alcuna speranza di continuare. Troppe le inefficienze, troppi gli ostacoli». Nel decreto istitutivo del Corap, emanato dal presidente Mario Oliverio esattamente tre anni fa, il 29 giugno del 2016, si dava seguito al riordino degli enti e delle società regionali deciso nel 2013 da Scopelliti. L’obiettivo dichiarato, come spesso avviene in questi casi, era quello di tagliare i costi e aumentare l’efficienza, insomma “razionalizzare”, come si dice. Invece, il risultato è pura follia politica e amministrativa.

 

Mission tradita

«Il Corap - si legge nella mission del consorzio che ha accorpato le vecchie Asi su base provinciale - promuove le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive in tutti i settori economici, gestendo, altresì, numerosi agglomerati industriali. Il Consorzio regionale per le attività produttive, dunque, ha come primario obiettivo quello di favorire il sorgere di nuove iniziative imprenditoriali e di implementare e potenziare le attività esistenti». Un “primario obiettivo” clamorosamente naufragato tra i debiti, tra le proteste di circa 100 dipendenti senza stipendio da mesi, ma certificato soprattutto dal fatto che anziché attrarre nuove iniziative imprenditoriali, il consorzio regionale fa scappare quelle che già ci sono e danno lavoro.

 

Neppure l'aria per respirare 

«Nell’area industriale non c’è neppure più aria sana da respirare - continua Cuomo -, satura com’è di diossina per i continui roghi appiccati ogni notte alle micro discariche sparse ovunque, alcune anche di rifiuti tossici». E se non c’è aria, figuriamoci la banda larga. «Altro che internet – dice – qui non c’è neppure la luce: quando scende la notte le aziende sono avvolte dal buio pesto. Nei cassetti del Corap ci sono ingiunzioni di pagamento per 20 milioni di euro solo per le bollette non pagate». Dunque, luce tagliata e tanti saluti. Proprio la mancanza di corrente elettrica, con le strade ridotte a uno scenario post apocalittico percorso da cani randagi e da chi nottetempo viene qui a disfarsi di ogni tipo di rifiuti, costringe i dipendenti a organizzare ronde notturne per proteggere l’azienda dai ladri di rame, macchinari, attrezzi di lavoro.

 

Fallimento della politica

«Il Corap è un ente pubblico e non può fallire – spiega l’imprenditore -. Dunque verrà commissariato e messo in liquidazione. Una strada che è stata già tracciata dall’assessore regionale alle Attività produttive, Mariateresa Fragomeni, in un recente incontro. Ancora una volta tutto tornerà nelle mani della politica regionale». Come dire, le mani peggiori, quelle che hanno preso un’Area di sviluppo industriale, l’Asi di Crotone appunto, che funzionava, e l’hanno accorpata alle altre in un grande grumo regionale di inefficienza burocratica e amministrativa.

 

Area industriale, periferia del mondo

Il solo pensiero di accogliere i propri clienti e partner commerciali tra cumuli di rifiuti, strade sgarrupate e erbacce spaventerebbe qualunque azienda, figurarsi una che lavora con gente che viene da tutta Europa, oltre che da Australia, Giappone, Cina, Usa, Canada, Sudest asiatico. Inevitabile che andare via appaia come l’unica soluzione.
«Fortunatamente - spiega - possiamo contare sui nostri brevetti d’invenzione industriale, tra cui uno europeo per la maturazione della carne, attualmente utilizzato da Eataly in tutto il mondo, oltre che dai principali gruppi della grande distribuzione». Se la Calabria li costringe a fare armi e bagagli, ci sarà sicuramente chi li accoglierà a braccia aperte.

 

Inutili parole

Un epilogo amarissimo che avrebbe un solo colpevole, quella politica regionale che ha fatto annegare in un mare di chiacchiere le speranze di normalità di un tessuto imprenditoriale oggi sempre più lacero e sbrindellato.
Come spesso accade in questi casi, ora che sta per esplodere la protesta occupazionale, con decine di lavoratori che promettono sit in e mobilitazioni continue, la Regione dispenserà nuove, inutili parole. L’appuntamento è fissato per martedì, quando il presidente Mario Oliverio dovrebbe incontrare le rappresentanze sindacali e datoriali. Poi altre chiacchiere in giunta e altre ancora in Consiglio regionale, mentre il destino del Corap e di quello sviluppo industriale che avrebbe dovuto promuovere appare già irrimediabilmente segnato.


Enrico De Girolamo

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