Call Center, posti di lavoro a rischio anche a Lamezia

VIDEO | Dopo i 400 dipendenti lasciati a casa dall’Abramo a Crotone si teme che lo stesso possa accadere nella città della Piana. La Cgil Slc: «Il decreto dignità andava affiancato da correttivi»

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di Tiziana Bagnato
22 gennaio 2019
14:42

Dopo il mancato rinnovo dei contratti per circa 400 addetti al call center nella sede Abramo di Crotone, potrebbero esserci amare sorprese anche a Lamezia Terme. Qui, nell’area industriale, si trova, infatti, un altro dei nodi nevralgici del colosso dove sono impiegati circa mille lavoratori.

 


A fine mese saranno in scadenza diversi contratti e tra i dipendenti serpeggia il timore che per molti di loro il mese di febbraio sarà da trascorrere a casa. Da un lato, il decreto dignità intima alle aziende di non potere prorogare i contratti a termine per un periodo superiore a 12 mesi, facendo subentrare un contratto a tempo indeterminato.

 

Dall’altro un tessuto economico che spesso non ce la fa e per non andare contro legge non rinnova i contratti. Ma non solo. Nel settore dei call center, fondamentale bacino di occupazione in Calabria, bisogna anche tener conto che la flessibilità diventa a volte fondamentale perché il volume del lavoro è legato alle commesse variabili.

 

La Slc Cgil non punta il dito contro il decreto dignità in sé, apprezzandone l’intento, quello di eliminare la precarietà a favore di un aumento dei contratti a tempo indeterminata.

 

Per Alberto Ligato, coordinatore regionale call center Slc Cgil, «il provvedimento andava affiancato da correttivi, una legge così rigida non può essere calata dall’alto tout court». Le conseguenze erano, insomma, prevedibili e a breve è probabile che se ne vedranno le progressive conseguenze.

 

A fine gennaio la scadenza di un congruo numero di contratti, dopo qualche mese ne seguiranno altri e poi altri ancora. Per Daniele Carchidi, segretario generale della Slc Cgil Calabria, il decreto dignità doveva essere applicato gradualmente ed affiancato da bonus e malus come ad esempio delle sanzioni».



In un nota ufficiale la Abramo Customer Care ha spiegato di starsi «pedissequamente attenendo alle norme vigenti in materia di diritto del lavoro che, come tutti i cambiamenti, hanno generato una trasformazione del modello organizzativo».

 

«Come tutti i contact center in outsourcing - aggiunge l’azienda – l’Abramo lavora avendo, soltanto mese per mese, la precisa conoscenza dei volumi delle attività da gestire e soprattutto lavora perché i committenti esternalizzano le attività che internamente e temporaneamente non riescono a gestire. I contratti tra l’altro sono nella maggior parte dei casi annuali e soprattutto non prevedono garanzie di volumi. Motivo per cui il requisito più rilevante per la competitività di un’azienda come Abramo Custome Care è la flessibilità offerta al committente».

 


«L’invito che rivolgiamo a tutti – conclude ancora il colosso dei call center - è quello di sedersi attorno un tavolo per trovare insieme formule strutturali che possano permettere di mantenere, consolidare e sviluppare l’unica forma di lavoro che in periodi di difficoltà economica del paese ha garantito un minimo di potere d’acquisto in territori come il nostro. L’abbattimento del cuneo fiscale per i settori labour intensive ed il ripristino delle condizioni di maggiore flessibilità sono due elementi che riteniamo imprescindibili. Alle condizioni normative attuali l’Azienda, per la gestione di una nuova attività della durata di 10 mesi non potrebbe richiamare i contratti scaduti seppure con 16 mesi di anzianità».

Giornalista
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