Calpark, fumata nera. Va deserta l'Assemblea dei soci

Convocata all'Unical in concomitanza con la Notte dei Ricercatori, ignorata dal Rettore e dal presidente di Fincalabra, entrambi fisicamente presenti in ateneo

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di Salvatore Bruno
27 settembre 2019
18:56

Va praticamente deserta l’Assemblea dei soci Calpark convocata al Rettorato dell’Università della Calabria per la giornata di oggi, 27 settembre, in coincidenza con la Notte dei Ricercatori. Al tavolo si sono presentati solo due soggetti in rappresentanza di circa il due per cento dell’intero capitale. Tra gli assenti proprio l’Università della Calabria, detentore di quote pari al 26,5% e Fincalabra, la finanziaria regionale possiede il 22%. Eppure sia il Rettore uscente Gino Crisci, sia il presidente Mario Oliverio, sia il numero uno di Fincalabra Carmelo Salvino erano fisicamente in ateneo, proprio per prendere parte alla kermesse nazionale, ritualmente programmata ogni anno nell’ultimo venerdì di settembre. Secondo quanto si è appreso, sarebbe stata rinviata al 9 ottobre.

Lavoratori sfiduciati

La società consortile è partecipata per l’86 per cento da enti pubblici. Oltre agli enti già indicati ne fanno parte l’Università della Magna Grecia e l’Università di Reggio Calabria. I dipendenti, senza stipendio da cinque mesi, non vedono alcuna prospettiva. Il Rettore uscente, si era impegnato nel corso di un incontro al Dipartimento Territoriale del Lavoro di Cosenza, ad utilizzare la struttura, unico Parco Scientifico della Calabria, per condurre alcuni progetti di ricerca. Addirittura la ratifica dell’accordo era stata inserita all’ordine del giorno del consiglio di amministrazione del 30 luglio e in quello del 14 settembre. In entrambi i casi però, il punto è stato rinviato, ma nella seduta del 23 settembre scorso è misteriosamente scomparso dal programma. I sei impiegati si sentono chiusi in un limbo, ostaggio dell’indolenza della politica che non decide quali linee di indirizzo seguire per il futuro: «Non vogliono rilanciare le attività – dicono all’unisono – e neppure assumersi la responsabilità di chiudere. Ipotesi questa dolorosa per tutti, ma che ci consentirebbe almeno di entrare nelle liste di mobilità, avendo maturato lo status di dipendenti pubblici, e di mettere le nostre competenze a disposizione di qualche altro ente»


Giornalista
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