Centro neurogenetica, licenziati in dieci per mancanza di fondi

VIDEO | L’associazione di Lamezia che si occupa di fornire parte del personale e i servizi da sei mesi non riceve i rimborsi. Il dolore delle famiglie: «Ci togliete la speranza per il futuro»

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di Tiziana Bagnato
1 febbraio 2020
13:51

Prima la ricerca costretta a mettere le ganasce, a fermarsi, i laboratori che si svuotano, i biologi e ricercatori che vanno via. Ora anche il suo braccio operativo, l’Associazione per la ricerca neurogenetica (Arn) costretta a lasciare, ad inviare dieci lettere di licenziamento a partire da marzo a psicologi, assistenti sociali, informatici, infermieri.

 


Il Centro regionale di neurogenetica, collocato all’interno dell’ospedale di Lamezia Terme, e diretto dalla scienziata Amalia Bruni, dal prossimo mese rallenterà ancora di più le sue attività visto che l’associazione con la quale l’Asp ha una convenzione da sei mesi e che le fornisce parte del personale, oltre che il supporto nei servizi, non sta ricevendo i rimborsi per le spese.

 

Ripetuti gli allarmi lanciati alla Regione ma senza alcun esito. E proprio alla Regione sta il nodo. Era il 2007 quando una legge regionale stanziava un fondo annuo di 500mila euro che sarebbe dovuto servire a coprire le spese del centro, dalla ricerca portata avanti ad alti livelli, alle prestazioni erogate.

 

«Fino al 2018 i rimborsi sono stati regolari – ha spiegato in conferenza stampa la legale del centro Lucia Cittadino - pur con i tempi lenti della burocrazia, poi l'alternarsi di commissari e dirigenti ha portato una fase di incertezza sulla legittimità del fondo e riconoscimento dei rimborsi, con un continuo rimpallo di responsabilità tra i vari enti coinvolti. Da agosto ad oggi non abbiamo visto più rimborsi, né certezze per il proseguimento delle attività».

 


«Mi piange il cuore a vedere questa situazione per una burocrazia non troppo chiara – ha affermato la psicologa Maria Mirabelli -. Diminuiranno i servizi verso i nostri pazienti. Il centro dipende dall'Asp e quindi non chiude, ma ovviamente si allungheranno le attese e non ci sarà più la ricerca quindi la speranza. Non saremo più un fiore all'occhiello».

 


Un centro che in questi anni ha fatto tanto. Da tutta la Calabria ma anche da fuori regione qui si curano le malattie degenerative, ma si dà anche supporto alle famiglie. Oltre seimila i campioni tra dna e plasma conservati per una banca di tessuti biologici imponente nella quale sono conservati anche decine di encefali di pazienti. Patologie per le quali la ricerca è l’unica speranza.

 

«Non abbiamo potuto fare altro che licenziare– spiega rammaricato il presidente dell’Arn Antonio Laganà – e rischiamo che il lavoro che il centro ha svolto in 40 anni di attività della dottoressa Bruni e del suo staff possa perdersi. Non si riesce più a capire se questo fondo esista oppure no».

 

Lunedì i vertici del centro incontreranno nuovamente i commissari dell’Asp. «Si tratta di un centro regionale, la Regione deve assumersi la responsabilità di decidere cosa vuole farne» ha rimarcato Mirabelli.

 

Presente anche il sindaco Paolo Mascaro secondo il quale «bisogna muoversi da subito per capire se alla Regione nel bilancio 2019 ci sono questi fondi oppure no dopo adoperarsi per farli inserire nel bilancio 2020».

 


Presenti anche i familiari dei pazienti alcuni dei quali hanno preso la parola: «Sapere che nel futuro, i nostri figli, i nostri nipoti, avranno una speranza grazie a questo centro, un centro in Calabria, è importantissimo. Non si può interrompere la ricerca».

Giornalista
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