Gender gap

Covid, a rimetterci il posto di lavoro sono state soprattutto donne: l’indagine della Cisl

VIDEO Presentato oggi il report che sonda diversi temi legati a occupazione e dimensione femminile tirando fuori lacune ed emergenze

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di Tiziana Bagnato
16 novembre 2021
15:03

Sono dati estremamente importanti e allarmanti quelli che descrivono il perimetro occupazione all’interno del quale si sono mosse le donne durante la pandemia. Oggi a Lamezia Terme la Cisl Calabria ha presentato l’indagine sul tema ideata e realizzata dal Coordinamento Donne Cisl Calabria che ha intervistato 1350 donne a partire dall’estate 2020.

Ne sono venuti fuori problemi, difficoltà di conciliazione, lacune normative. Tutto quello su cui bisognerebbe ora lavorare a ritmi serrati per riequilibrare una situazione che partiva già con uno sbilanciamento. A tenere le fila della giornata il segretario Cisl Calabria Tonino Russo, la segretaria confederale nazionale Cisl Daniela Fumarola e Nausicaa Sbarra, responsabile coordinamento donne, giovani e immigrati Cisl Calabria.



«Su 101 mila unità, 99 mila di coloro che hanno perso il lavoro erano donne», ha sottolineato Fumarola, spiegando poi di come spesso si trattasse di lavori “fragili” e che non si prestavano ad una conciliazione con le dinamiche familiari. Non a caso dal report della Cisl ciò che è venuto fuori è la manifestazione di una fatica maggiore sopportata dalle donne durante la crisi, dovuta alla presenza nel proprio nucleo familiare di figli a carico o anziani non autosufficienti.

Dai dati è emerso che il 54% delle rispondenti si prende cura di minori (meno di 14 anni) e per poco meno della metà (sommando le percentuali) delle donne incombe la cura degli anziani autosufficienti e non (rispettivamente del 27% e del 14%). Il 5% ha nel proprio nucleo familiare un disabile di cui si prende cura. Il 2% ha dovuto rassegnare le proprie dimissioni dal lavoro.

Lavoratrici e badandi per familiari

Insomma, tira le somme l’indagine, «le donne rivestono tipicamente il ruolo di badante all’interno della famiglia, soprattutto al Sud: si dovrebbe aumentare l’offerta di figure professionali che forniscono assistenza agli anziani e rendere più equa la suddivisone dei ruoli per le attività di cura dei familiari. Le misure adottate in fase di emergenza dovrebbero costituire uno spunto di riflessione per un nuovo disegno del sistema di welfare».

In tante senza internet nè strumentazione informatica

In tema di strumentazione informatica è emerso che nel periodo emergenziale, il 10% delle donne intervistate ne era priva e un 19% era senza collegamento internet. In più la transizione forzata, in periodo di lockdown, allo smart -working ha amplificato le diseguaglianze originarie relative non solo alla dotazione di risorse informatiche, ma soprattutto alle competenze d’uso.

Dall’analisi delle domande aperte, molte le lamentele sulla mancanza di una formazione adeguata all’uso dei dispostivi informatici. Il favorire l’utilizzo delle nuove tecnologie e la diffusione di competenze digitali si inquadrano nella necessità di garantire pari opportunità nell’accesso all’istruzione, al mercato del lavoro promuovendo interventi che, attraverso la stipula di appositi accordi e convenzioni, coinvolgano sindacato, enti, centri di ricerca, università, ordini professionali, aziende.

Per il 54% delle donne sarebbe utile nel territorio potenziare i servizi per i ragazzi (associazioni sportive, luoghi e occasioni di aggregazione, strutture pomeridiane di attività di studio), per il 24% i servizi per i bambini (ludoteche, asilo nido, doposcuola) e in ultimo per il 23% i servizi per gli anziani che vanno dall’assistenza domiciliare, ai centri di aggregazioni. Altri dati riguardano le condizioni abitative e la dotazione informatica.

Molto, in questa fase di emergenza sanitaria, si è parlato della difficoltà di molte famiglie, soprattutto se numerose, di ottimizzazione degli spazi in casa per conciliare lavoro, studio, esigenze familiari garantendo anche in presenza di contagi all’interno della famiglia adeguati spazi per l’isolamento. Alla domanda “quanti locali ha l’abitazione in cui vivi?” il 75% ha dichiarato di vivere in una abitazione con un solo locale. Solo una piccola fetta (4%) gode del privilegio di vivere in una abitazione composta da 3 o più locali.

Rispetto alla domanda “con quale frequenza vorresti lavorare a casa”, la platea delle intervistate è divisa in pari percentuali tra quelle che si ritengono soddisfatte dall’esperienza e vorrebbe proseguire anche dopo la fase di emergenza e quanti non riscontrando alcun beneficio.La frequenza con cui vorrebbero lavorare da casa è con pari percentuali (31%) divisa tra chi lo limiterebbe a 1-2 gg. a settimana e chi preferisce non usufruire di tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Lo smart working  mai negoziato

«Ricordiamo - dice la Cisl - che questa modalità di prestazione lavorativa è esplosa, ma non è stata oggetto di negoziazione, ed è necessario che lo diventi. È necessario che vengano definiti i diritti contrattuali delle singole persone (natura del rapporto, sicurezza, dotazioni, volontarietà, diritto alla disconnessione e al recesso, orario di lavoro…), ma è altrettanto necessario inserirli in una visione più ampia che non si limiti solo al riconoscimento dei diritti individuali, ma li metta in relazione con l’organizzazione del lavoro in una prospettiva di crescita, sviluppo e arricchimento del lavoro».

«Per chi ha continuato a prestare la propria attività lavorativa la maggior parte ha lavorato in sicurezza grazie all’ applicazione del Protocollo Sicurezza che da subito la Cisl unitariamente con Cgil e Uil, Governo e parti datoriali hanno sottoscritto dimostrando grande responsabilità e perseguendo significativi obiettivi di primario interesse sia per la sicurezza dei lavoratori che per tutta la collettività. Dalle analisi della nostra indagine solo per una piccola percentuale (11%) delle donne non è stato possibile operare in sicurezza».

I nuovi poveri: le donne

Ci sono poi i nuovi poveri, tra questi il dieci per cento è donna. Per la Cisl urge mettere in sicurezza e rilanciare il sistema della sanità pubblica e del welfare territoriale ed aziendale; rafforzare, implementare e rendere più efficienti le infrastrutture sociali, i servizi ai cittadini, da quelli che favoriscono la conciliazione vita lavoro (asilo nido, circoli per gli anziani) a quelli a supporto della collettività (servizi di assistenza per i disabili e gli anziani non autosufficienti, i trasporti pubblici territoriali e locali etc); investire in scuola, università, ricerca; investire in innovazione tecnologica e digitalizzazione; investire in occupazione femminile e giovanile; favorire l’autoimprenditorialità femminile e lo sviluppo di idee imprenditoriali che se da una parte, contribuiscono a dare una risposta al bisogno di occupazione da parte delle donne e, dall’altra, rafforzano ulteriormente l’offerta di servizi per il welfare e la conciliazione sul territorio; combattere le disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali; realizzare, a livello nazionaleuna riforma degli ammortizzatori sociali che sia fortemente connessa con moderne politiche attive del lavoro e ad un programma di formazione di nuove competenze per interpretare al meglio la sfida della transizione ecologia e digitale.

Realizzare una riforma fiscale sul solco dell’equità, della progressività e della lotta all’evasione ed elusione, aspetti che per la Cisl rappresentano una condizione irrinunciabile per la ripresa dei consumi e dare una forte spinta sulla produttività, all’occupazione e allo sviluppo del Paese; In ultimo, ma non meno importante, gestire i fenomeni migratori con umanità, legalità, solidarietà e soprattutto inclusione.

Giornalista
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