Covid, pasticcere pronto a chiudere: «Pochi aiuti dallo Stato, costretto ad arrendermi»

VIDEO | Il giovane ha aperto l'attività nel 2019 a Corigliano Rossano ma i ristori del Governo non bastano e pensa di trasferirsi all'estero per farsi una nuova vita

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di Matteo Lauria
11 aprile 2021
15:00

Crisi economica, Covid e vaccinazioni, sussiste una stretta relazione. Ad incidere notevolmente è la qualità dell’assistenza sanitaria nonché la necessità di accelerare i tempi delle somministrazioni delle dosi vaccinali. Nel frattempo a Corigliano Rossano la parte produttiva inizia a dare segnali di stanchezza, di totale sofferenza. Ieri si sono registrati altri 24 nuovi contagi, dato che tuttavia risente dei tamponi arretrati dell’ultima settimana. Da domani si tornerà in zona arancione, un valzer di colori che oramai non appassiona né illude gli operatori commerciali.

Pochi aiuti dallo Stato

Come nel caso di un giovane di appena 21 anni, titolare di una pasticceria nell’area urbana di Rossano. Nel 2019 decide di lanciarsi in una avventura in cui crede, trasmessagli dai genitori. A lui piace, ci crede e ci investe. Si parte con l’attività a conduzione familiare e si parte bene, tanto da dover allargare la pianta organica con altri due collaboratori. Tutto va a gonfie vele. Poi la batosta della pandemia. Siamo nel febbraio del 2020 e iniziano i primi segnali di abbattimento delle entrate. Antonio ha lasciato gli studi per riporre le speranze in una attività oggi non più perseguibile. Pesante l’abbattimento delle entrate: il 90%. Tra fitto e spese varie non ce la si fa. Lo Stato è intervenuto con due contributi una tantum di 1000 e 1700 euro. Poi il nulla.


Molti commercianti abbassano le saracinesche

Tra le zone rosse e arancione è consentito il solo asporto. Durante le festività pasquali chiusi totalmente, non è stato consentito neanche il servizio a domicilio. Ed ora l’intera famiglia è giunta al capolinea. Si arrende all’idea di restare a Corigliano Rossano. Si sono attivati i primi contatti con la Svizzera e la Germania dove ci sono dei parenti pronti a sostenerli.

«Lavorare con l’acqua alla gola non è più possibile», confessa il giovane, in larga parte pentito per la scelta che ha fatto di restare in Calabria. La sua azienda non rientra tra i beneficiari di contributi (decreto ristori) poiché è nata nel 2019: «Altri hanno percepito dagli 8 ai 10mila euro, noi solo 2700euro dall’inizio della pandemia. Non ce la possiamo fare, eppure con i tributi e tasse siamo in regola». Di queste storie oramai la Calabria è piena. Il dato inconfutabile è quello di accelerare responsabilmente il processo delle vaccinazioni, evitando furbizie, prima che sia troppo tardi. Troppe le saracinesche abbassate e in tanti stanno iniziando a pensare di lasciare l’Italia.      

 

Giornalista
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