Porto di Gioia e recovery fund, la ministra De Micheli apre il dibattito ma sbaglia esempio

Nella recente visita durante la quale ha fatto da madrina al varo di un rimorchiatore, la responsabile del dicastero delle Infrastrutture introduce il tema dei fondi Ue ma fa riferimento a un progetto già finanziato

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di Agostino Pantano
8 ottobre 2020
15:01

Da un lato l’odissea organizzativa e istituzionale a cui la politica romana continua a condannare il porto di Gioia Tauro, e dall’altro le idee ancora confuse su come chiedere e come spendere le risorse del Recovery fund.
Un cielo tutt’altro che chiaro ha fatto da scenario alla visita di ieri del ministro Paola De Micheli tra tempi nuovamente dilazionati per il varo della nuova Autorità portuale e di sistema, e la confusione di progetti annunciati come finanziabili ma in realtà già prossimi alla fase di esecuzione.

 


Suspense crescente, come quella che il ministro del Pd ha fatto vivere agli astanti quando, sulla banchina del porto schiaffeggiata dal vento, ha impiegato ben 3 tentativi prima del beneaugurante lancio della bottiglia contro lo scafo del nuovo rimorchiatore varato.
«È che poi mi hanno detto esattamente come lanciare», si è schernita la madrina d’eccezione aggiungendo «credo che sia il segnale dell’insistenza con cui facciamo le cose per Gioia Tauro». A proposito di insistenza, però, è un "dramma" a sé quello che i giornalisti vivo ogni volta che il ministro viene in Calabria, e chiedono perché l’autorità portuale di Gioia Tauro sia da 5 anni commissariata, sia l’unica che ancora non si è trasformata nel super ente previsto dalla riforma – che nel caso calabrese dovrebbe accorpare anche il porto di Vibo Valentia – e soprattutto quando nominerà il suo presidente.

Nel maggio scorso il ministro, aveva risposto «è questione di giorni»; poi la nomina non si fece e, siccome di “insistenza” parla De Micheli, anche ieri ha reiterato la comunicazione: «A breve avrete notizie anche su questo».

 

La visita ha avuto il merito di far introdurre al ministro il grosso tema dei fondi europei che arriveranno in Italia per fronteggiare la pandemia e la crisi economica, che però il ministro collega a un progetto già finanziato «il bacino di carenaggio che ci consente di lanciare nuove sfide». Un sasso nello stagno, in una regione che questo tema degli investimenti possibili per l'emergenza sanitaria non sembra affrontarlo "con insistenza".
Se bisogna fare le cose, e non sai chi deve farle – perché la governance attuale lavora con un organico ridotto, che tale resterà senza la nomina di un presidente che vari la nuova istituzione - a sentire il ministro che mette insieme progetti da fare/presentare e progetti già fatti, potrebbe sorgere il sospetto vi sia un disegno chiaro: assistere ad una portualità del Nord che nuovamente veleggia mentre a Gioia tauro ci si accontenta solo del rilancio del trasbordo dei container, senza un effettivo investimento per il potenziamento effettivo del trasporto ferroviario.

Anche se il ministro ripete, «su gioia Tauro insistiamo», del gateway – la mega stazione pronta ma non ancora entrata in funzione - non ha parlato – e quando ha parlato del raccordo passato a Rfi ha precisato: «si tratta di un piccolo ma importante progetto».

Giornalista
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