Con 90 miliardi l’anno di evasione e oltre 80 condoni in 50 anni, il Paese mostra un sistema iniquo che disincentiva legalità e investimenti, mentre il deficit resta fuori controllo
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“Italia al netto. Dentro la giungla del fisco, tra tasse, evasione e condoni”. È il titolo del nostro dossier concepito come un viaggio nei numeri e nelle contraddizioni del sistema fiscale italiano. Cercheremo, in cinque puntate a partire da oggi, di capire perché paghiamo tanto, chi evade, cosa succede negli altri Paesi d’Europa, e come uscirne. Un’inchiesta per capire cosa non funziona e cosa può cambiare. Questa è la prima parte.
Nel 2024 la pressione fiscale in Italia ha raggiunto il 42,6% del Prodotto Interno Lordo, in crescita di 1,2 punti percentuali rispetto al 2023. Un dato che fa dell’Italia uno dei Paesi a più alta tassazione nell’Unione Europea, ben al di sopra della media dell’Eurozona (che nel 2023 si attestava intorno al 41,1%) e nettamente più pesante rispetto a economie come Spagna (38,5%) o Irlanda (23%).
Ma il dato ufficiale – calcolato come rapporto tra entrate fiscali e contributive e il PIL – nasconde una realtà ancora più gravosa: la pressione fiscale effettiva, ovvero quella che grava su chi le imposte le paga davvero, tocca nel nostro Paese il 47,4%, secondo le stime elaborate dalla Corte dei Conti e dal Centro Studi di Confindustria. In altre parole, chi è in regola con il Fisco, finisce per pagare anche per chi evade.
L’evasione fiscale: la madre di tutti i guasti
Secondo i più recenti dati pubblicati dal Mef e dalla Guardia di Finanza, l’evasione fiscale in Italia ammonta a circa 90 miliardi di euro l’anno. Di questi, oltre 30 miliardi sono legati all’Iva non versata, mentre altri 25 miliardi riguardano l’Irpef evasa dai lavoratori autonomi e dalle piccole imprese. L’economia sommersa – che il rapporto Istat 2024 stima al 12% del Pil – resta una costante zavorra per il Paese.
Le conseguenze sono drammatiche.
Disincentivo alla legalità: chi dichiara il reddito fino all’ultimo centesimo si trova a competere in condizioni di inferiorità rispetto a chi evade parzialmente o totalmente.
Pressione concentrata: una minor platea di contribuenti (principalmente lavoratori dipendenti e pensionati) deve sostenere una quota sempre maggiore di spesa pubblica.
Scoraggiamento dell’investimento: l’incertezza fiscale e il carico elevato scoraggiano l’iniziativa privata e gli investimenti esteri. Fare impresa in Italia richiede oggi uno sforzo spesso insostenibile, tra adempimenti burocratici e carichi contributivi.
I condoni fiscali: un veleno che paralizza la fiducia
A peggiorare il quadro, si aggiunge la stagionalità dei condoni, strumento ripetutamente utilizzato dai governi italiani negli ultimi decenni. Dal 1973 a oggi, si contano più di 80 provvedimenti di sanatoria o “pace fiscale”, spesso accompagnati da rottamazioni di cartelle, ristrutturazioni del debito con l’Erario o sconti sugli interessi e le sanzioni.
Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, solo un terzo degli importi teorici attesi da queste sanatorie è effettivamente stato incassato. Ma il danno più grande è quello intangibile: l’erosione della fiducia dei contribuenti onesti. L’aspettativa di un prossimo condono mina il principio di equità e legittima il comportamento opportunistico. In altre parole, chi paga per tempo si sente penalizzato, chi evade si sente al sicuro.
Nel medio e lungo periodo, questo sistema si dimostra insostenibile. Le entrate sono incerte, i conti pubblici instabili, e l’apparato statale costretto a rincorrere risorse con manovre emergenziali. Il deficit pubblico, infatti, continua a essere elevato: nel 2024 il rapporto deficit/PIL è previsto al 4,3%, ben sopra il limite del 3% stabilito dal Patto di Stabilità europeo.
Ma la soluzione non è aumentare ulteriormente la pressione fiscale sui contribuenti fedeli. Al contrario, serve un’azione decisa e continua contro l’evasione fiscale, con investimenti in digitalizzazione (come l’obbligo di fatturazione elettronica esteso anche alle partite Iva in regime forfettario) e incrocio automatico dei dati tra banche, Inps e Agenzia delle Entrate.
Serve un contrasto strutturale all’economia sommersa, anche attraverso l’emersione del lavoro nero tramite incentivi all’assunzione regolare e riduzione del cuneo fiscale.
Serve abbandonare la logica dei condoni, da sostituire con un patto fiscale stabile, chiaro e affidabile tra Stato e cittadini e serve, infine, una vera riforma del sistema tributario, che renda la tassazione più equa, più semplice e più legata alla capacità contributiva reale.
In un Paese in cui pagare le tasse è vissuto come una punizione e non come un dovere civico, non è possibile costruire uno sviluppo duraturo. La vera emergenza fiscale italiana non è l’ammontare delle imposte, ma la loro distribuzione iniqua. Senza un deciso cambio di rotta sul fronte dell’evasione e dei condoni, l’Italia continuerà a premiare i furbi e punire i corretti. E questo, più delle aliquote, è ciò che davvero uccide l’impresa. (Fine della prima parte – continua)
Dossier della Redazione Economia di LaC – LaCapitaleNews (con Michele Gagliardi, dottore commercialista)