Il Servizio sanitario nazionale sta crollando sotto il peso di tagli miliardari e scelte politiche miopi. A rischio non solo il diritto alla salute, ma la tenuta stessa del patto democratico del Paese. Inizia oggi la nostra inchiesta
Tutti gli articoli di Economia e lavoro
PHOTO
Stefano Carofei
Inizia oggi una serie di approfondimenti del network LaC sul Servizio sanitario nazionale ormai allo stremo. La sanità pubblica non può sopravvivere di sola propaganda: tra tagli silenziosi e numeri spietati il collasso del Ssn è già iniziato.
Mentre il dibattito pubblico si perde tra conferenze stampa e annunci sulla “tutela della sanità pubblica”, i numeri come sempre parlano una lingua diversa. Una lingua che non fa rumore, ma che incide profondamente sul corpo vivo del Paese: quello fatto di pronto soccorso saturi, liste d’attesa interminabili, personale sanitario esausto, cittadini costretti a pagarsi cure essenziali.
La lenta erosione della sanità pubblica
La realtà è questa: la sanità pubblica italiana sta subendo una lenta e sistematica erosione, mentre nel discorso pubblico si insiste su narrazioni rassicuranti. Ma la sanità non può sopravvivere di retorica. E non può essere difesa a parole mentre la si indebolisce nei numeri.
Secondo i dati ufficiali, il Fondo Sanitario Nazionale in rapporto al Prodotto Interno Lordo, è sceso dal 6,3% del 2022 al 6,1% nel triennio 2023–2025.
Una variazione apparentemente minima, ma che in termini assoluti si traduce in un taglio di 13,2 miliardi di euro:
• 4,7 miliardi in meno nel 2023
• 3,4 miliardi in meno nel 2024
• 5,1 miliardi in meno nel 2025
E il peggio deve ancora arrivare.
La traiettoria dei prossimi anni parla di meno fondi e più disuguaglianze.
Le previsioni per il prossimo quinquennio raccontano una storia ancora più drammatica. Il rapporto FSN/PIL, già ridotto, resterà fermo al 6,1% nel 2026, per poi precipitare progressivamente:
• 5,9% nel 2027
• 5,8% nel 2028
• 5,7% nel 2029
Tagli mostruosi alla sanità pubblica: in fumo 40 miliardi
Se si assume come parametro di riferimento il 6,3% del 2022, nel quadriennio 2026–2029 il SSN perderà altri 26,7 miliardi di euro.
In totale, quasi 40 miliardi di euro in sette anni — una cifra che rappresenta il più grave disinvestimento nella sanità pubblica italiana dalla sua istituzione.
Non è una questione contabile. È una questione democratica.
Tagliare fondi alla sanità pubblica non significa solo peggiorare l’accesso alle cure o allungare le liste d’attesa. Significa corrodere le fondamenta democratiche del Paese.
Il Servizio Sanitario Nazionale è il principale strumento di uguaglianza reale di cui dispone la Repubblica. È la garanzia che un cittadino fragile, un lavoratore precario, un anziano solo o un bambino con disabilità possano ricevere cure dignitose indipendentemente dal reddito o dal cap di residenza.
Nel vuoto lasciato dal pubblico il privato avanza
Smantellare il SSN non è solo una scelta tecnica. È una scelta politica. E, per certi versi, una scelta ideologica.
Un Paese che riduce progressivamente la quota di PIL destinata alla salute collettiva sta dicendo, di fatto, che la sanità pubblica non è più una priorità strategica.
L’alternativa? O paghi, o aspetti. O rinunci.
Nel vuoto lasciato dal pubblico, avanza inesorabilmente il privato a pagamento. Un numero crescente di cittadini è costretto a:
• ricorrere a visite ed esami in cliniche private, pagando di tasca propria;
• sottoscrivere polizze sanitarie integrative (per chi può permettersele);
• rinunciare del tutto a cure e controlli, con gravi conseguenze sanitarie e sociali.
È la fotografia di un sistema sanitario a due velocità, dove chi ha meno paga di più, e chi ha di più salta la fila.
Un sistema che tradisce lo spirito della Costituzione, che all’articolo 32 tutela la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Cosa serve davvero per salvare la sanità pubblica
Servono risorse. Ma servono anche visione, coraggio politico e coerenza.
• Serve invertire la rotta del definanziamento, riportando la spesa sanitaria almeno ai livelli della media europea (oltre il 7% del PIL).
• Serve assumere personale sanitario, investire nella medicina territoriale, nella prevenzione, nella digitalizzazione dei servizi.
• Serve rafforzare la governance pubblica, evitando la frammentazione tra Regioni e il continuo ricorso a esternalizzazioni inefficaci.
• Serve, soprattutto, rimettere la sanità pubblica al centro del patto sociale del Paese.
Perché salvare il SSN significa salvare la democrazia
Il SSN non è solo un sistema di cura. È un presidio di uguaglianza, un argine contro le disuguaglianze, un motore di coesione sociale.
Smontarlo pezzo per pezzo non significa solo peggiorare il servizio: significa rompere il contratto tra Stato e cittadini.
E un Paese che smette di curare i suoi cittadini è un Paese che ha smesso di credere in sé stesso.
Non basta celebrare la sanità pubblica nei discorsi ufficiali. Va difesa con risorse vere. Va ricostruita con atti concreti. Va salvata adesso, prima che sia troppo tardi.