Dibattito promosso a Cosenza per celebrare il Primo Maggio con il segretario nazionale della Fillea Antonio Di Franco: «I contratti irregolari in questa regione drenano risorse per due miliardi e mezzo»
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Rapporti di lavoro subordinato spacciati per tirocini, stage, corsi di formazione, collaborazioni occasionali o con partita iva, lavoro interinale. E pure quando vigono contratti apparentemente regolari, magari a tempo indeterminato, spuntano mille artifizi utilizzati, con il supporto di consulenti del lavoro compiacenti, per tagliare l'ammontare degli stipendi: false assenze giustificate, ore non conteggiate, festivi non pagati. Così la Calabria rimane in coda nella classifica della retribuzione media annua.
Il bisogno morde
Chi può emigra altrove, dove la busta paga almeno equivale al lavoro effettivamente prestato. Chi non può invece è costretto a sottostare a ricatti continui. Perché il bisogno morde e dietro c'è sempre una nutrita fila di disoccupati in coda, pronti ad accettare qualsiasi condizione. Tutto si consuma alla luce del sole, tutti conoscono l'amara verità. E tra poco inizierà il piagnisteo della carenza di personale per le strutture turistiche e ricettive, dove si pretende ampia flessibilità oraria a basso costo. Naturalmente con le dovute eccezioni.
«Il lavoro irregolare in Calabria vale due miliardi e mezzo» ha detto il segretario nazionale della Fillea Antonio Di Franco, al culmine della iniziativa promossa a Cosenza dalla Cgil in occasione delle celebrazioni per il Primo Maggio, con l'intervento di esponenti politici ed amministratori locali.
Dibattito acceso
Nutrita la partecipazione all'appuntamento coordinato da Graziella Secreti, al quale hanno portato il proprio contributo, tra gli altri, la deputata Cinquestelle Anna Laura Orrico, i segretari regionale e provinciale del sindacato Gianfranco Trotta e Massimiliano Ianni, i sindaci di Cosenza e di Corigliano-Rossano Franz Caruso e Flavio Stasi, il docente universitario Walter Nocito, la responsabile welfare della segreteria regionale del Partito Democratico Anna Pittelli.
Contratti pirata
«Nel settore privato più della metà dei lavoratori in questa regione lavora con un contratto irregolare, un contratto pirata o comunque con una forma di sfruttamento o di diritti negati – ha denunciato Di Franco – Se dovessimo controllare tutte le buste paga dei lavoratori calabresi verrebbe fuori un disastro. Servono controlli ma anche una nuova cultura di impresa. Perché questo sistema danneggia gli imprenditori seri. E ce ne sono di imprenditori seri. Anche in Calabria. L'unica cosa messa in campo dalla Regione per contrastare il fenomeno – ha affermato ancora il sindacalista - sono le forme di autoimpiego. Invece bisognerebbe introdurre provvedimenti di divieto per i sub appalti a cascata e di finanziamenti pubblici per quelle imprese non rispettose dei lavoratori».
Referendum e sicurezza
Il dibattito ha riguardato anche il referendum dell'8 e 9 giugno. Quattro dei cinque quesiti proposti agli elettori sono relativi all'abrogazione di norme relative alla sfera occupazionale. E poi si è parlato ancora una volta dell'idea di istituire in Italia una Procura Nazionale in materia di salute e sicurezza. «Perché – ha sostenuto il segretario nazionale della Fillea Cgil - troppo spesso i processi per rendere giustizia ai familiari delle vittime di incidenti sul lavoro, non iniziano in tempi ragionevoli e quando iniziano è sempre troppo tardi e alcuni reati sono già prescritti». Emblematico l'esempio del povero Salvatore Cucè, l'operaio originario del crotonese rimasto ucciso in seguito ad una esplosione in un cantiere ferroviario tra la Liguria e il Piemonte nel febbraio 2023. «Le indagini non sono ancora chiuse – ha ricordato il sindacalista - Non c'è giustizia per i familiari. Poi è ora di scindere il processo penale dalla logica del risarcimento del danno. Che deve essere liquidato con immediatezza ai familiari. Invece questi familiari, all'indomani delle sciagure, sono lasciati soli e magari sono vittime dello sciacallaggio di legali senza scrupoli che puntano ad acquisire mandati di rappresentanza per finalità speculative».
Rischio precariato nelle università
Anna Laura Orrico ha puntato l'indice sulle condizioni dei lavoratori del settore della cultura dove, ha sostenuto la parlamentare pentastellata, «chi ha titoli di studio e si professionalizza per trovare un impiego in un ambito che richiede anche delle alte qualifiche, in tanti recepiscono un salario estremamente povero. Emblematica la situazione delle università: il Governo Meloni ha istituito ben tredici diverse tipologie di contratto preruolo. Questo significa ostacolare la stabilizzazione di tanti giovani ricercatori impossibilitati ad accedere alla carriera di docente e condannati a rimanere precari oppure ad andare all'estero». Quello delle troppe tipologie contrattuali, secondo Anna Laura Orrico «è una problematica da risolvere. Perché ovviamente più il quadro normativo è complesso più è difficile tutelare i diritti dei lavoratori. Quando la burocratizzazione è estremamente complessa come nel nostro Paese, facilmente un imprenditore non ispirato da saldi principi etici, può trovare delle scappatoie. È altrettanto vero che ci sono anche tantissimi imprenditori che ben comprendono che i propri collaboratori, messi nelle condizioni di lavorare in maniera dignitosa, rendono molto di più. E per questo riconoscono importanti premi di produttività concedendo ai dipendenti, attraverso il welfare aziendale, una serie di benefici importanti».