Terme Luigiane, il Tar rinvia decisione sulla concessione: 250 lavoratori a rischio licenziamento

Nemmeno il tribunale amministrativo riesce a sbloccare la situazione di stallo creatasi tra la società Sateca e i comuni di Guardia Piemontese e Acquappesa

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di Redazione
26 giugno 2021
14:35
I lavoratori Sateca durante una delle manifestazioni contro la chiusura delle Terme Luigiane
I lavoratori Sateca durante una delle manifestazioni contro la chiusura delle Terme Luigiane

«Manca la volontà di fare chiarezza e giungere ad una conclusione. È ciò che si evince dall’istanza di rinvio fatta al Tar dai Comuni di Guardia Piemontese e Acquappesa e avallata dalla Regione Calabria. Il Tar il 22 giugno scorso avrebbe dovuto decidere sulle sorti della concessione delle Terme Luigiane. Il tutto è stato quindi rinviato al 13 ottobre, quando ormai la stagione termale sarà persa». È quanto si legge in un comunicato stampa diramato dalla Sateca, società che ha gestito il compendio fino all'anno scorso per quasi un secolo, dopo la scadenza del contratto registrata nel 2016. Alcuni mesi fa i Comuni hanno intrapreso il percorso per arrivare a un nuovo affidatario, ma metodi e modi sono stati fortemente contestati sia dalla Sateca che dai 250 dipendenti. 

La versione della Sateca

«La Sateca spa, società subconcessionaria delle Terme Luigiane ritiene, di fronte alla incredibile confusione di date, cifre e valori circolati in questi ultimi giorni, di dover ristabilire la verità dei fatti. Il 26 maggio 2021 S.A.TE.CA. ha inviato ai due Comuni un’ipotesi di accordo che prevedeva:


1) la fornitura di 40 litri al secondo di acqua calda termale, quantitativo minimo per far funzionare le proprie strutture, determinato da uno studio del prof. ing. Paolo Veltri, Ordinario di Ingegneria idraulica presso UniCal;

2) il versamento di un canone annuo di 30mila euro per il 40% dell’acqua termale, assolutamente congruo se si considera che i Comuni versano alla Regione, per il 100% della risorsa idrotermale, 22mila euro.

Il 9 giugno 2021, i Comuni hanno proposto a Sateca la fornitura di soli 10 litri al secondo e un canone annuo che, per il primo anno era indicato in 93mila euro e, per i successivi anni, veniva fissato in 373mila euro. Il tutto calcolato sulla base di un documento della Conferenza Stato-Regioni del 2006 che fa riferimento ad acque destinate al consumo umano e non per uso termale e senza tenere in alcun conto la delibera 183 del 2012 con la quale la Regione Calabria stabilisce i canoni per le concessioni termali. L’assurdità della richiesta economica appare evidente se si considera che nella proposta il canone richiesto dai Comuni per i 40 litri necessari alla Sateca è fissato in 1.000.742,40 euro, ossia 2/3 della somma dei canoni pagati annualmente da tutte le stazioni termali in Italia».

I tentativi di conciliazione

«Il 10 giugno 2021 - si legge ancora nella nota - i legali di Sateca hanno inviato al presidente della Regione la proposta ricevuta dai comuni, spiegando le ragioni, peraltro evidenti, per cui tale proposta è insostenibile: sia per l’irrisorio quantitativo di acqua offerto, sia per l’incredibile prezzo richiesto, manifestamente sproporzionato rispetto a quanto pagato dagli stessi Comuni alla Regione. Infine, il 24 giugno 2021, è stato diffuso un comunicato stampa della Presidenza della Regione Calabria, in cui si parla di “apertura dei Sindaci”, i quali:

– per l’anno 2021, hanno manifestato “la disponibilità ad arrotondare per difetto il corrispettivo richiesto di 93mila euro a 90mila euro”;

– per quanto riguarda gli anni successivi il corrispettivo rimane di 373mila euro;

– nulla hanno precisato o modificato in relazione al quantitativo di acqua calda termale offerto, il quale, quindi, appare tutt’ora limitato a 10 litri al secondo».

I dubbi 

«Di fronte a tali fatti - conclude la società -, come si fa a parlare di “apertura dei sindaci” i quali, a parte uno ‘sconto’ di 3mila euro per il 2021, hanno ribadito alla lettera l’inaccettabile proposta del 9 giugno scorso? E come si fa a parlare di “ferma volontà delle amministrazioni comunali di voler far proseguire le attività termali” quando il canone medio versato dalle oltre 500 terme italiane è di € 3.768 annui? Quale sarebbe “la nuova proposta” dei due Comuni che la Sateca dovrebbe valutare con attenzione e celerità visto che nulla è cambiato? A chi giova la decisione attuata dai Comuni di riversare nel torrente Bagni tutta l’acqua termale insieme al lavoro di migliaia di persone, 500.000 prestazioni sanitarie annue e l’economia di tutta la zona?».

 

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