Dipendenti non trasferiti al Demanio della Regione, M5s: «Era loro diritto. Oliverio sapeva»

I deputati pentastellati sulla sentenza del giudice del Lavoro che ha riconosciuto la loro facoltà a lavorare negli uffici regionali: «Schiaffone alla prepotenza, miopia, sordità amministrative del governatore della Calabria»

 

 

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26 settembre 2018
15:51
Regione Calabria
Regione Calabria

«È uno schiaffone alla prepotenza, alla sordità e alla miopia amministrative del governatore regionale, Mario Oliverio, la sentenza numero 1262/2018 dello scorso 25 settembre con cui il giudice del Lavoro di Cosenza ha riconosciuto priva di fondamento la giustificazione della Regione Calabria sul mancato trasferimento di 4 dipendenti dell'ex Demanio della Provincia di Cosenza e dichiarato, in base alla legge Delrio sul passaggio di funzioni alle Regioni, il loro diritto a lavorare presso il Demanio regionale». Lo affermano, in una nota, i deputati M5s Dalila Nesci e Francesco Sapia, che si erano occupati del caso prima del pronunciamento della sentenza: la prima denunciando formalmente, anche alla Procura di Catanzaro, «le incredibili argomentazioni – precisa la parlamentare – a riguardo rese a suo tempo dalla Regione Calabria e i disagi patiti dall'utenza in seguito al mancato trasferimento in predicato, con montagne di pratiche rimaste inevase presso gli uffici provinciali di Cosenza e canoni demaniali all'epoca non percepiti per circa un milione di euro»; il secondo segnalando al Ministero per la Pubblica Amministrazione il continuo silenzio della Regione Calabria davanti alle richieste di Nesci, rimaste senza risposta dagli uffici della “Cittadella”.

 


 «Oliverio – spiegano i parlamentari 5stelle – era perfettamente consapevole, poiché gli era stato ribadito con diverse note, indirizzate anche al presidente della Provincia di Cosenza, Franco Iacucci, che quei dipendenti avevano pieno diritto al trasferimento in Regione, così come lo sapeva il suo capo di gabinetto, Gaetano Pignanelli. Ciononostante, la Regione Calabria ha preferito costringerli a pagare dei legali e ad andare in causa, all'esito della quale la Regione è stata condannata alle spese di lite per 2.500 euro, più quelle accessorie». «La storia – concludono Nesci e Sapia – non finisce qui, perché con la ricordata sentenza integreremo l'esposto 5stelle sulla vicenda, trasmesso il 30 marzo 2017 al procuratore Gratteri e della Corte dei Conti, insieme a tutte le note inviate invano all'impermeabile Regione Calabria».

 

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