Le “disgrazie” di Vibo Sviluppo e la contesa politica dietro i Patti territoriali
In via di liquidazione e senza bilancio, impiega due dipendenti ora in cassa integrazione e smart working. Il consigliere Pitaro la difende: “Decide la Regione”. E lo scontro con la Provincia si acuisce
Il recente botta e risposta tra il presidente del consiglio di amministrazione della Vibo Sviluppo Spa Pasquale Barbuto e i presidenti di Camera di commercio e Provincia di Vibo Nuccio Caffo e Salvatore Solano, riapre uno squarcio su quello che è divenuto nel tempo un “oggetto misterioso” del sottobosco degli enti funzionali che ruotano attorno alla pubblica amministrazione calabrese. Da molti considerata un “carrozzone” e già avviata verso la liquidazione, la società istituita nel 1997 per gestire i Patti territoriali nella Provincia di Vibo, non fa nulla per smentire il facile luogo comune e continua a mantenere in piedi una struttura con un consiglio d’amministrazione – composto al momento dal solo presidente – e due dipendenti, regolarmente stipendiati e, da marzo, posti in cassa integrazione in regime di “smart working”. E mentre di essa resta una stanza con una targhetta sulla porta in uno dei tanti corridoi dell’amministrazione provinciale, viene rimandata, complice l’emergenza sanitaria, l’approvazione del bilancio relativo all’anno 2019 i cui termini sono in scadenza al 30 giugno prossimo.
Una storia controversa
E se il recente battibecco tra Vibo Sviluppo e gli altri enti è solo l’ultimo capitolo di un vero e proprio scontro istituzionale che va avanti da un anno, la storia dell’ente che avrebbe dovuto gestire gli 8 milioni destinati al Vibonese dei Patti, è contrassegnata da ben più lungo contenzioso con il ministero dello Sviluppo economico, e da un’indagine per peculato – derubricata poi a reato minore – che vede coinvolti lo stesso Barbuto, gli ex amministratori delegati Maria Angela De Grano e Pietro Giamborino, già consigliere regionale attualmente ristretto ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott. Questione questa, in ogni caso, che appare destinata a ridimensionarsi.
Sarà ora l’assemblea straordinaria dei soci, su input del Partenariato economico-sociale – di cui fanno parte Regione, Provincia, Camera di commercio, Confindustria, i Comuni, le associazioni datoriali e sindacali -, a decidere se decretarne il de prufundis – sulla base di quanto stabilito nell’ultima assemblea esattamente un anno fa – o “riabilitare” la società.
Margini di manovra ridotti
L’assemblea, stando a quanto chiedono gli azionisti di maggioranza, dovrà deliberare la messa in liquidazione della società con la nomina dei liquidatori e la nomina del nuovo collegio sindacale, dando di fatto il via libera al subentro della Provincia in qualità di soggetto attuatore dei progetti già finanziati dai Patti territoriali per 6,5 milioni di euro, per opere già cantierabili che riguardano la riqualificazione dell’area esterna al Valentianum (2,12 milioni), la creazione di un mercato rionale in località Moderata Durant (3,2 milioni), la ristrutturazione del tetto e dei locali a piano terra di Palazzo De Riso Gagliardi (1,1 milioni), la riqualificazione dell’area della Torretta di Briatico (198mila euro).
Anche questo passaggio non è stato del tutto indolore. Alla convocazione del l’assemblea straordinaria dei soci si giungerà infatti solo dopo che Provincia e Camera di commercio hanno fatto istanza al presidente del Tribunale delle imprese di Catanzaro in assenza, sostengono, di determinazioni del presidente del Cda nonostante i solleciti. Così come nessuna risposta sarebbe arrivata alla richiesta di fornire la documentazione contabile e finanziaria da parte degli azionisti di maggioranza. Di altro avviso Barbuto.
“No” alla liquidazione
Spera ancora in un ravvedimento il presidente Barbuto quando asserisce di aver riscontrato la richiesta di convocazione del tavolo proprio attraverso l’ultima proposta di destinare alle imprese i fondi disponibili e, soprattutto, quando afferma che «da un anno a questa parte, da quando è stata decisa la messa in liquidazione della società per la grave situazione debitoria che si era rappresentata, è cambiato il mondo. Intanto abbiamo incassato una vittoria al Tar – spiega -, poi il Covid ha rimesso in discussione tutto e alla luce della nuova situazione economica determinata dall’emergenza e delle opportunità offerte dal Decreto Rilancio, che consentirebbe di destinare le somme inutilizzate per fornire liquidità alle imprese, si dovrebbe valutare con attenzione se scrivere la parola “fine”».
La lettura politica dello scontro
Una guerra di posizione in cui emergono plasticamente gli addentellati politici chiamando in causa i rapporti di forza in campo. Da un lato c’è la Provincia, deputata da un anno a gestire i fondi che furono in mano a Vibo Sviluppo ma ancora non nelle condizioni di farlo, con un presidente – Solano – che si è progressivamente allontanato dalla maggioranza di centrodestra che l’ha eletto – e che ora guida il Comune e la Regione – avendo nell’asse Pitaro-Mangialavori il suo riferimento primario su Vibo. Solano, sulla scottante questione può contare sul sostegno di Nuccio Caffo, presidente della Camera di commercio e volto giovane e vincente del mondo produttivo vibonese.
Dalla parte di Barbuto (nota la sua vicinanza a Vito Pitaro) si schiera proprio il consigliere regionale eletto con la lista Santelli presidente che entra direttamente nel merito dell’ultimo pomo della discordia, vale a dire la proposta di Barbuto di destinare i fondi dei Patti territoriali alle imprese vibonesi piegate dal Covid.
L’assist di Pitaro
«Un’opportunità del genere – scrive oggi Pitaro a sostegno di Barbuto – va valutata con il massimo interesse stante la straordinaria necessità ed urgenza a sostenere il tessuto produttivo ed il lavoro sia in materia di politiche sociali che di misure finanziarie». Non manca quindi di bacchettare i protagonisti della contesa: «purtroppo, come troppo spesso accade nel nostro territorio, dobbiamo assistere ad uno scontro tra diverse istituzioni che non raggiungono altro obiettivo che rischiare di far perdere ingenti risorse finanziarie e con esse le opportunità che ne derivano. Non si può rimanere impassibili di fronte a tutto ciò e vorrei richiamare al senso di responsabilità istituzionale i protagonisti di questo inaccettabile scontro che evidentemente non si rendono conto della drammaticità del momento e delle incognite del futuro».
Infine l’ammonimento che suona come un “avvertimento”: «vorrei ricordare a tutti che la Regione Calabria è responsabile della programmazione e della gestione dei Patti territoriali per cui si invita a non assumere decisioni che potrebbero compromettere questa opportunità se non dopo averne valutato la fattibilità tecnica e normativa».
Si scoprono le carte
Pitaro, dunque, esce allo scoperto e palesa quello che finora è rimasto nel campo del non detto. L’obiettivo sotteso all’operazione lanciata da Barbuto e ripresa in questi termini è palese: tagliare fuori la Provincia dalla gestione dei finanziamenti e restare in corsa alzando la posta in palio con una proposta in grado di suscitare facili consensi. Se da un lato Barbuto biasima: «si preferisce perdere tutto e rispedire 6,5 milioni di euro a Roma con il rischio di non vederli più anziché destinare le risorse alle aziende che realmente ne hanno bisogno», Caffo e Solano ribattono descrivendolo come alla stregua dell’ultimo giapponese: «È solo un subdolo tentativo di restare in sella sfruttando le difficoltà degli imprenditori». Pronta la replica: «Se non è possibile, spieghino perché anziché scendere sul piano personale».
Il sindaco fa l’indiano
Un ulteriore elemento di valutazione del retroterra politico della contesa arriva, implicitamente, dal silenzio del Comune di Vibo, l’ente che maggiormente beneficerebbe della messa a frutto dei fondi visto che il grosso dei finanziamenti è destinato proprio alla città capoluogo. Un silenzio, quello del sindaco Maria Limardo, che ha tutto il sapore di una consegna politica impartita dai principali azionisti della sua maggioranza.