Gotha, la storia di Paolo Romeo ritenuto il regista occulto della ‘ndrangheta
Avvocato ed ex parlamentare, il Tribunale di Reggio Calabria lo ha definito «un grande stratega della criminalità organizzata». Ecco la seconda puntata del podcast dedicato al processo agli invisibili
«Un grande stratega della criminalità organizzata». Così il Tribunale di Reggio Calabria definisce la figura di Paolo Romeo, avvocato ed ex parlamentare, ritenuto al vertice della componente occulta della ‘ndrangheta e protagonista della seconda puntata del podcast “Gotha, processo agli invisibili”. Condannato a 25 anni di reclusione in primo grado, Romeo, nella prospettazione dei giudici di prime cure, appare un soggetto in grado di utilizzare «metodi non già corrispondenti a quelli militari, ma a quelli più subdoli del perseguimento di proventi derivanti da finanziamenti e da appalti pubblici, tramite una gestione mediata da pubblici amministratori eletti dalla ‘ndrangheta».
IL PODCAST - Gotha, processo agli invisibili
Ma chi è davvero Paolo Romeo e come ha assunto il ruolo che gli viene riconosciuto nella sentenza del Tribunale di Reggio Calabria? La storia dell’ex parlamentare del Psdi inizia, di fatto, nel luglio del 1970, quando la città reggina è sconquassata dai moti per il trasferimento del capoluogo di regione a Catanzaro. Barricate e guerriglie fanno diventare Reggio un terreno di battaglia. Ma, secondo il racconto di chi quella storia l’ha vissuta dall’interno, il sentimento genuino popolare di protesta viene strumentalizzato per tutt’altro fine. Uno di quelli che i moti li vive in presa diretta è Stefano Serpa, uomo di fiducia della cosca De Stefano. Serpa all’epoca è un giovane e partecipa al summit di Montalto del 1969 con il compito di controllare le zone circostanti. Nel corso di quella riunione avviene uno dei mutamenti storici più importanti della ‘Ndrangheta, poiché il boss Paolo De Stefano chiede al resto del gotha di sostenere la destra extraparlamentare in cambio di forniture di armi, infiltrazioni nelle istituzioni e così ottenere favori di vario genere. «Tutti i rivoltosi – afferma Serpa – sapevano che bisognava fare capo a Paolo Romeo, a Vittorio Canale ed altri».
Ed è in quell’epoca che emerge un altro fatto di rilievo: proprio Romeo diede supporto a Franco Freda, terrorista eversivo di destra e appartenente a Ordine Nuovo, che trascorse una parte della sua latitanza proprio a Reggio Calabria.
Nel corso della puntata vengono poi ricostruiti anche i rapporti tra Romeo e l’altro soggetto ritenuto al vertice degli invisibili della ‘ndrangheta, Giorgio De Stefano. Un rapporto che i giudici reggini ritengono particolarmente rilevante e che viene approfondito attraverso delle intercettazioni. Le stesse che mettono in luce il rapporto tra Romeo e l’allora sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Valentino, che, va ribadito, non risulta indagato nell’inchiesta Gotha. Romeo e Valentino, secondo quanto riportato dal perito nominato dal Tribunale, in una conversazione discutono di massoneria segreta.
Ma il ruolo di Romeo viene in luce anche per l’elaborazione delle strategie politiche e criminali e per l’interferenza nell’attività giudiziaria, amministrativa e della pubblica amministrazione, grazie ad una fitta rete relazionale.
Il quartier generale di Romeo, il circolo Posidonia con sede sul lungomare di Gallico, ha rappresentato per lungo tempo – secondo i giudici – un centro nevralgico di potere. Anche grazie alla presenza di personaggi come l’avvocato Antonio Marra, la cui figura particolarmente complessa sarà oggetto di successivo approfondimento. È lui, infatti, a curare i rapporti con l’ala militare della ‘ndrangheta ed anche con pezzi deviati dello Stato.
L’intreccio di relazioni e potere che coinvolge Romeo, vede politici, imprenditori e soggetti istituzionali tutti tesi verso l’obiettivo di far accrescere la potenza dell’ente criminale.
Attraverso la figura di Paolo Romeo si cercherà di comprendere in che termini questa convergenza di soggetti che fanno capo a quella che viene definita la massoneria segreta ha agito condizionando la vita pubblica della città di Reggio Calabria e non solo. Una ricostruzione che si avvarrà del contributo dei giornalisti di Repubblica, Giuseppe Baldessarro e Alessia Candito e dell'inviato dell'Espresso, Gianfrancesco Turano.