Dramma nelle terapie intensive

Covid, l’allarme degli anestesisti: «Rianimazioni piene di negazionisti che non vogliono farsi curare»

Il presidente della Siaarti Antonino Giarratano: «7 su 10 sono no vax e la metà nega l’esistenza del virus e le cure. Non era mai successo»

di Redazione
3 gennaio 2022
17:44

«Rispetto ad un anno fa è cambiato il tipo di paziente ricoverato nelle terapie intensive: 7 su 10 sono no vax, di questi la metà sono anche negazionisti, quindi non negano solo vaccino ma l'esistenza stessa del Covid e l'utilità delle cure».

Così il presidente della Società italiana di anestesia analgesia rianimazione terapia intensiva (Siaarti) Antonino Giarratano.


«Vi arrivano in condizioni gravissime – afferma Giarratano - dopo settimane senza cure o con pseudo cure. E spesso, una volta ricoverati, rifiutano procedure salvavita. Di conseguenza, la sopravvivenza di pazienti Covid che arrivano in terapia intensiva sta diminuendo rispetto a mesi fa».

«In passato solo i malati oncologici terminali rifiutavano le cure, ora le rifiutano persone che possono esser salvate. Non era mai capitato prima - prosegue Giarratano, direttore partimento Emergenza e urgenza del policlinico universitario di Palermo - di ricoverare in terapia intensiva soggetti che, sapendo che stavano andando in arresto cardiaco, rifiutassero ventilazione meccanica, emodialisi o circolazione extracorporea. Ora, in alcuni casi, rifiutano persino la flebo con gli zuccheri o l'ossigeno per via nasale, perché “non sanno cosa ci sia dentro”».

Da Nord a Sud, la situazione è pesante: «Abbiamo un numero inferiore di ricoverati rispetto a un anno fa, ma con un disagio più grave perché non sono diminuiti i ricoveri in terapia intensiva non Covid, come quelli dovuti a incidenti stradali e sepsi. Tra l'altro si avvicina anche il picco influenzale».

Un anno fa le cure scarseggiavano e bisognava capire come riuscire a curare tutti. Ora è il contrario: «Abbiamo le intensive piene di persone che non vogliono essere curate». L'altro lato della medaglia è «una popolazione sanitaria bombardata da minacce di azioni legali, che non ce la fa più. Perché quando hai pochi minuti per intubare o ventilare un paziente, spesso devi scegliere tra sottoporgli il consenso informato o salvargli la vita».

Questo, conclude Giarratano, «è aspetto totalmente nuovo che va deontologicamente e eticamente ristudiato, serve una rivalutazione normativa».

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