Dalla pubblicazione dei documenti di un caso che può diventare molto complicato per lui alla gestione economica e internazionale, il gradimento del presidente scende sotto il 40%. Un quadro politico fragile, segnato da promesse non mantenute e contraddizioni evidenti
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Donald Trump
Donald Trump ha firmato la legge che impone la pubblicazione degli “Epstein files”, dopo mesi di resistenze e pressioni bipartisan. Una mossa più obbligata che convinta, utile soprattutto a contenere il malumore di una base MAGA irritata dalla sua prudenza su un caso che pretendeva trasparenza assoluta. Ma il caso Epstein può rappresentare un pericolo vero per Trump, se tutto quello che si racconta sarà provato.
Ma il vero tracollo è politico: dall’insediamento il gradimento del presidente è crollato di circa il 18%, scivolando sotto il 40%. Gli americani lo bocciano soprattutto sull’economia: inflazione ancora alta, costo della vita soffocante, incertezza sul lavoro e finanze pubbliche in difficoltà. Neppure i suoi temi identitari, immigrazione, sicurezza, “law and order”, gli consentono più di recuperare consenso.
A complicare il quadro c’è la politica estera. Trump aveva promesso di risolvere la guerra russo-ucraina in “24 ore”: dopo quasi un anno, il conflitto resta in stallo e Washington appare meno influente sui fronti diplomatici. In Medio Oriente, la sua linea è parsa sbandare tra durezza, aperture improvvise e retromarce, mentre le trattative tra Israele e il mondo arabo restano bloccate. La sensazione è di una superpotenza che reagisce più di quanto decida.
Poi c’è la vicenda dei dazi, presentati come la grande svolta per riportare ricchezza negli Stati Uniti. L’amministrazione aveva annunciato nuove tariffe record, definite “storiche”, e un ritorno al protezionismo muscolare, salvo poi ritirarne una parte sotto la pressione di mercati, alleati e produttori americani danneggiati dalle ritorsioni. Il risultato è stato un cortocircuito politico: tensioni con Paesi amici, confusione sulle reali intenzioni della Casa Bianca, incertezza per le imprese. Un altro fronte in cui Trump ha promesso ordine e ha prodotto instabilità.
Il quadro complessivo è quello di un presidente travolto dalle proprie contraddizioni: chiede trasparenza dopo averla frenata, invoca forza mentre perde credibilità, annuncia svolte epocali che si trasformano in retromarce. La firma sugli Epstein files potrà soddisfare, in parte, la sete di verità degli americani. Ma non basterà a colmare la crisi più evidente: la caduta di fiducia in una presidenza che appare ogni giorno più disorientata e più lontana perfino dal suo stesso elettorato.

