La cifra raccolta è la più alta mai registrata per un singolo show. L’intero importo è stato destinato alla ricerca sulla malattia che da anni affliggeva la leggenda dell’heavy metal, e a due ospedali pediatrici della sua città natale
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Ozzy Osbourne
Ozzy Osbourne è morto ieri, 22 luglio 2025. Aveva 76 anni e da tempo combatteva contro il Parkinson. Se n’è andato a meno di tre settimane da quello che oggi appare non solo come l’ultimo concerto, ma come un testamento pubblico, musicale e umano. Un congedo in musica dalla sua città, dalla sua storia, dal suo pubblico. Il 5 luglio scorso, davanti a 50.000 spettatori riuniti al Villa Park di Birmingham, Ozzy si è seduto sul suo trono a forma di pipistrello e ha cantato per l’ultima volta.
Quel concerto, annunciato mesi prima con il titolo Back to the Beginning, è diventato un evento epocale. I biglietti, venduti fino a tremila euro l’uno, sono andati esauriti in 16 minuti. Milioni di spettatori si sono connessi allo streaming globale, organizzato per trasmettere in diretta l’evento in oltre 40 paesi. Ma soprattutto, quel concerto ha permesso di raccogliere 190 milioni di dollari, una somma record per un singolo evento musicale dal vivo.
Tutto il ricavato è stato devoluto in beneficenza. Destinatari: Cure Parkinson's, fondazione impegnata nella ricerca sulla malattia che da anni affliggeva Osbourne; il Birmingham Children’s Hospital; e l’Acorn Children’s Hospice, centro di cura per bambini affetti da malattie terminali. Nessun compenso per gli artisti, nessuna voce spesa in promozione. Solo un enorme, collettivo atto di affetto e riconoscenza verso un artista che, anche nel dolore, ha scelto di dare tutto fino all’ultimo.
Sul palco, una parata di star dell’heavy metal che ha fatto la storia del genere. Si sono avvicendati i Mastodon, Anthrax, Lamb of God, Alice in Chains, Pantera, Tool, Slayer, Guns N’ Roses, Metallica, e due supergruppi composti da Tom Morello, chitarrista dei Rage Against the Machine e direttore musicale dell’intero evento. Insieme a lui, membri di Aerosmith, Judas Priest, Blink 182, Red Hot Chili Peppers, Soundgarden. Una line-up monumentale, pensata per celebrare una leggenda vivente in modo solenne e definitivo.
Poi, l’attimo più atteso. L’ingresso dei Black Sabbath al completo, per la prima volta dal vivo nella formazione originale dal 2005. Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward hanno riportato sul palco la band che a Birmingham era nata nel 1968. Osbourne non si è alzato: ha cantato seduto, appoggiato a quel trono nero come se fosse un’estensione del suo corpo fragile. Ma ha cantato. Nove pezzi, tutti scelti personalmente, alternando la voce rauca di sempre a lunghi sguardi verso il pubblico.
A presentare il concerto, con poche parole e molta emozione, è stato proprio Tom Morello: «Ozzy ha voluto tornare dove tutto è cominciato, per restituire qualcosa. Io ho avuto l’onore di coordinare questo progetto. Ci è voluto un anno intero, ma ne è valsa la pena. L’heavy metal è la musica che mi ha cambiato la vita. Per me è stato un lavoro d’amore».
Le stesse parole erano già comparse mesi prima, quando Osbourne aveva annunciato lo show: «È il momento di tornare alle origini e di restituire qualcosa al luogo in cui sono nato. Sono fortunato a poterlo fare con l’aiuto delle persone che amo».
Nonostante il Parkinson avanzato, le difficoltà motorie, le ricadute e le terapie, Ozzy ha stretto i denti. Fino in fondo. Chi lo ha visto uscire dal palco, aiutato da due assistenti ma con il pugno alzato verso il cielo, ha capito che era davvero l’ultima volta. Nessun bis. Nessuna replica. Solo una standing ovation che è durata minuti, mentre sullo schermo comparivano le parole “Thank You Birmingham”.
Ozzy Osbourne aveva già annunciato il ritiro dalle scene, più volte, ma senza mai riuscire a dire addio davvero. Troppo forte il legame con il palco, troppo potente il bisogno di dare. Questo concerto, però, è stato diverso. Non solo per la line-up stellare, non solo per l’incasso. Ma per il senso profondo di gesto finale, consapevole, irripetibile.
Nei giorni successivi, i fan avevano capito che qualcosa non andava. Nessun post, nessuna dichiarazione. Solo silenzio. Fino all’annuncio ufficiale arrivato ieri: Ozzy Osbourne è morto nella sua casa nel Buckinghamshire, circondato dalla famiglia. Aveva chiesto che non ci fossero dichiarazioni pubbliche, nessun funerale spettacolare. Solo il ricordo di quel palco, di quella notte.
Restano le immagini, le registrazioni, le parole, la musica. Resta il trono nero. E restano quei 190 milioni di dollari, trasformati in speranza per i malati, in sostegno per i bambini, in ricerca per chi verrà dopo.
Perché anche il Principe delle Tenebre, alla fine, aveva imparato a donare luce.