«Ricordi i suoi film sugli zombie. E quanto può essere pericolosa la leggendaria “Mano morta”».
Bastano quattordici parole per scatenare un terremoto internazionale. Dmitry Medvedev, ex presidente russo e oggi vice del Consiglio di Sicurezza del Cremlino, ha premuto invio su Telegram e ha riportato il mondo agli anni in cui il terrore nucleare scandiva le giornate. Non è la prima volta che il fedelissimo di Putin indulge nella retorica apocalittica, ma questa volta ha superato se stesso, evocando il sistema di rappresaglia sovietico che, per decenni, è stato il protagonista silenzioso della dottrina della “mutua distruzione assicurata”.

Donald Trump non ci ha messo molto a reagire. In un’intervista a Newsmax, ha prima finto indifferenza, poi ha lasciato cadere la frase che nessun analista voleva sentire: «Quando sento la parola “nucleare”, i miei occhi si illuminano. È la minaccia definitiva». Parole da film catastrofico, seguite da una mossa in perfetto stile Trump: l’ordine di spostare due sottomarini nucleari statunitensi più vicino alle acque russe. «Voglio solo assicurarmi che le sue parole siano solo parole. I mezzi sono più vicini alla Russia», ha commentato, con un sorriso che non tranquillizza nessuno.

Dietro il soprannome da B-movie horror, la “Mano morta” è una creatura molto reale. Il suo nome ufficiale è Perimeter, e dal 1985 sorveglia il cielo e la terra russa come un guardiano invisibile. Progettato nel pieno della Guerra Fredda, il sistema nasce da un incubo ricorrente del Cremlino: un primo colpo nucleare americano che stermini governo e stato maggiore, lasciando la Russia incapace di reagire. La risposta sovietica fu geniale e terrificante: creare un meccanismo che, anche senza comandi umani, garantisse la rappresaglia.

Come funziona questa arma dell’Apocalisse? Perimeter monitora senza sosta frequenze militari, livelli di radiazione, variazioni atmosferiche, calore e persino vibrazioni sismiche. Se tutti gli indicatori suggeriscono che un attacco nucleare è in corso e il comando centrale tace, il sistema passa alla fase finale: il lancio di un razzo di comando che, sorvolando il territorio russo, trasmette a ogni silo e base missilistica l’ordine di fuoco. In altre parole, anche se Mosca fosse ridotta in macerie, la vendetta partirebbe comunque.

Per anni Perimeter è stato un mito sussurrato tra gli analisti militari, il protagonista di romanzi e sceneggiature post-apocalittiche. Poi, nel 2011, arrivò la conferma ufficiale: il generale Sergej Karakaev dichiarò che il sistema era operativo e «garantirebbe la distruzione degli Stati Uniti in 30 minuti». Da quel momento, ogni volta che un leader russo evoca la “Mano morta”, l’effetto è immediato: brividi lungo la schiena di mezzo mondo.

Questa volta, però, la minaccia ha trovato un pubblico pronto a rispondere con la stessa teatralità. Trump, che di solito indulge in toni accomodanti verso la Russia dell’amico Putin, ha improvvisamente cambiato copione. La sola idea di essere preso in giro sul terreno della potenza nucleare lo ha trasformato in una versione contemporanea di Ronald Reagan con Twitter in tasca. «Medvedev ha fatto affermazioni simili anche in passato. Quindi vogliamo essere pronti», ha detto, prima di annunciare l’invio dei due sottomarini, come se stesse giocando una mano di poker in diretta tv.

Il botta e risposta sembra uscito da un copione hollywoodiano, con l’Apocalisse come comparsa silenziosa. Da un lato Medvedev, che alza la posta con il lessico della paura atomica; dall’altro Trump, che risponde muovendo pezzi veri della scacchiera nucleare. E il mondo, spettatore suo malgrado, si ritrova a fare i conti con un déjà-vu che non diverte nessuno: la Guerra Fredda, sotto una nuova luce digitale, è di nuovo qui.