Quando Elon Musk atterrò a Roma nel luglio del 2023, sembrava l’inizio di un grande sodalizio. Una visita inaspettata, con pochi collaboratori e molte telecamere. Giorgia Meloni lo ricevette a Palazzo Chigi come si fa con i capi di Stato: sorrisi, cordialità e un lungo colloquio a porte chiuse. Nessuna conferenza stampa, ma una foto ufficiale subito rilanciata sui social da entrambi, quasi a certificare un’intesa sottile e reciproca.

Lei, leader della nuova destra italiana, in cerca di investitori internazionali e di una narrazione tecnologica da contrapporre al grigiore burocratico dell’apparato statale. Lui, il tycoon anarchico della Silicon Valley, affascinato dalle figure forti, allergico alle istituzioni tradizionali e da tempo in guerra contro la cosiddetta “cultura woke”.

Una sintonia ideologica

Tra i due c’è stata subito una sintonia politica, ancor prima che economica. Musk, nei suoi post su X, ha più volte elogiato la fermezza della premier italiana sul controllo dei flussi migratori, sulla difesa della “famiglia tradizionale” e sulla lotta all’ideologia gender. In più occasioni ha rilanciato interviste e dichiarazioni di Meloni, definendola “una leader con coraggio”. Un endorsement informale, ma pesante, arrivato proprio mentre l’Italia cercava di attirare nuovi capitali nel settore tecnologico.

Meloni, dal canto suo, ha coltivato con attenzione quel rapporto. Ha difeso Musk nei momenti più discussi, come i tagli di massa a Twitter o le sue posizioni contro i vaccini durante la pandemia, presentandolo come “un esempio di libertà imprenditoriale”.

Salvini è andato oltre, proponendo addirittura una cittadinanza onoraria lombarda per Musk, e offrendogli spazi nel Nord per un ipotetico centro europeo Tesla. La Lega l’ha coccolato, ma è stata Meloni a tenere il filo diretto con l’imprenditore californiano.

Promesse mancate e tensioni latenti

Dopo il primo incontro, però, non è seguito nulla di concreto. Musk aveva ipotizzato l’apertura di un hub tecnologico in Sicilia, parlando vagamente di una “Silicon Valley del Mediterraneo”, ma nessun progetto è stato presentato né in Italia né alla Commissione Europea. Gli imprenditori italiani hanno iniziato a storcere il naso, temendo che si trattasse di una mossa di marketing più che di sviluppo industriale.

Le tensioni sono esplose all’inizio del secondo mandato di Trump , quando Musk, in un tweet polemico, ha definito la gestione italiana dei migranti “una commedia umanitaria” e ha criticato “l’inefficienza patologica dell’apparato pubblico”. A Roma, il clima si è gelato.

Il Quirinale è intervenuto con una nota dura, inusuale nei toni, che ha invitato “tutti gli attori internazionali a un maggiore rispetto delle istituzioni democratiche e della dignità delle persone”. Fonti vicine al presidente Mattarella parlarono di “preoccupazione per l’uso strumentale della tecnologia a fini ideologici”. Meloni non ha replicato. Un silenzio che ha segnato l’inizio dell’allontanamento.

Una fascinazione finita

Il rapporto tra Elon Musk e Giorgia Meloni resta una fotografia sospesa tra strategia e seduzione, una relazione che ha affascinato per la sua imprevedibilità ma che non ha generato risultati. Meloni cercava un investitore che le desse prestigio internazionale e modernità narrativa; Musk cercava uno Stato che lo lasciasse fare, senza vincoli, senza regole.

Si sono trovati, si sono piaciuti, ma l’idillio si è infranto sulla realtà delle istituzioni e delle differenze culturali. Ora che Musk si ritira dalla politica e Tesla scricchiola, anche in Italia l’entusiasmo si spegne. Resta solo il ricordo di una foto, rilanciata milioni di volte, e di un corteggiamento che non è mai diventato un matrimonio.