La Corte d’Assise d’Appello ha rideterminato le pene per i quattro imputati che aiutarono il killer Danilo Monti a compiere l’agguato che costò la vita al giovane macellaio, che per i giudici «non aveva alcuna colpa». La posizione del mandante Evangelista Russo stralciata perché «incapace di affrontare il processo»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
L’ammissione al rito abbreviato e l’intervenuta prescrizione dei reati di detenzione e porto illegale d’arma rappresentano i due principali snodi che hanno infine condotto la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro a riscrivere la sentenza nei confronti di chi «per soddisfare il desiderio di vendetta di Russo Evangelista e al fine di trarne il compenso di poche migliaia di euro» si è prestato «a partecipare all’omicidio di un ragazzo».
Un ragazzo che non aveva colpe
«Quattro persone adulte hanno accettato di uccidere un ragazzo che non aveva alcuna colpa e che era a loro sostanzialmente sconosciuto solo per ottenere un compenso di poche migliaia di euro». Francesco Rosso, ucciso a colpi d’arma da fuoco nella sua macelleria nell’aprile del 2015.
Il secondo grado di giudizio
La maggior parte degli imputati nel primo grado di giudizio era stato infatti condannato all’ergastolo, pena però non confermata in secondo grado nei confronti di nessuno di coloro i quali fornirono un concreto aiuto a Danilo Monti, esecutore materiale e reo confesso, nel compimento dell’agguato che costò la vita al giovane di Simeri Crichi.
Sconti di pena
Nelle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello sono condensate le ragioni degli sconti di pena applicati a Francesco Mauro (dall’ergastolo a 30 anni di reclusione), a Gregorio e Antonio Procopio (dall’ergastolo a rispettivamente 30 anni e 15 anni e 4 mesi di reclusione), a Vincenzo Sculco (da 24 anni a 15 anni e 4 mesi di reclusione).
Francesco Mauro
In particolare, Francesco Mauro, dipendente di Evangelista Russo, secondo la Corte, avrebbe svolto il «ruolo di tramite tra il mandante Evangelista Russo e gli altri correi per il pagamento del compenso» oltre ad aver «partecipato ad un sopralluogo finalizzato alla commissione del delitto». Il giorno prima dell’agguato – il 13 aprile – avrebbe infatti accompagnato Danilo Monti davanti la macelleria a Simeri Crichi «indicandogli i luoghi e le strade che sarebbe stato conveniente percorrere» e redarguendolo dicendogli «che aveva errato ad appostarsi vicino la casa di Rosso (la mattina, ndr) perché visibile ai parenti».
Il supporto al killer
Avrebbe insomma «supportato il killer» nelle fasi preparatorie dell’omicidio. «La sostanziale incensuratezza dell’imputato – scrivono i giudici – scolora a fronte della gravità del fatto commesso e dei motivi che lo hanno determinato (assecondare il desiderio di vendetta del proprio datore di lavoro per conseguire un vantaggio economico) che denota una personalità priva di scrupoli e incline alla commissione di delitti». Trent’anni in luogo dell’ergastolo per l’ammissione al giudizio abbreviato e per l’estinzione dei reati di detenzione e porto d’armi illegale.
Gregorio Procopio
Lo stesso vale per Gregorio Procopio, il quale avrebbe fatto «da supporter di Monti nella fase esecutiva», avrebbe eseguito insieme al figlio Antonio, «sopralluoghi presso la macelleria Rosso» e poi di nuovo con l’esecutore materiale attendendolo dopo l’agguato «nello spiazzo del bar Bykers facendo da vedetta e poi da staffetta». Per i giudici, Gregorio Procopio, già all’epoca con precedenti penali per furto e ricettazione, «dimostra di avere una personalità incline al delitto e scarso senso etico, coinvolgendo nella vicenda anche il giovane figlio Antonio».
Il figlio Antonio
Quest’ultimo, insieme a Vincenzo Sculco, ad ottenere la pena più bassa. Ad Antonio Procopio sono state concesse le attenuanti generiche per l’«incensuratezza all’epoca del fatto, della giovane età al momento del delitto e soprattutto della confessione» resa nel secondo grado di giudizio, «la cui valenza ai fini dell’accertamento dei fatti non è inficiata dalla circostanza che essa sia intervenuta in limine alla conclusione del processo, considerata la comprensibile resistenza a rendere dichiarazioni che riguardavano anche la posizione del proprio padre». Nell’udienza del gennaio 2025, infatti, per mezzo del suo difensore Antonio Procopio ha confessato la partecipazione all’omicidio.
Vincenzo Sculco
Quindi, Vincenzo Sculco ritenuto coinvolto nell’omicidio perché, in virtù della sua amicizia con Danilo Monti, si sarebbe «prestato a svolgere il ruolo di tramite» tra questo a Gregorio Procopio ai fini dell’esecuzione del delitto». Secondo la ricostruzione dei giudici, «i contatti con questi non avrebbero ingenerato sospetti o avrebbe potuto comunque trovare una plausibile spiegazione». Sarebbe stato lui a veicolare le informazioni utili al killer, prestando anche la sua auto «per svolgere attività correlate all’esecuzione dell’omicidio».
Evangelista Russo
Stralciata dal procedimento la posizione del mandante dell’omicidio Evangelista Russo, riconosciuto incapace di stare in giudizio. La Corte, valutando sulla pericolosità sociale, ha disposto l’applicazione della libertà vigilata, sospeso il procedimento disponendo una verifica semestrale sulle condizioni di salute per verificare la persistenza dell’incapacità, determinata da una patologia degenerativa tale da renderlo inidoneo ad affrontare la seconda fase processuale. La Corte ha inoltre disposto il divieto di avvicinamento alle parti offese ad una distanza inferiore ai 500 metri.
Evangelista Russo e Gregorio Procopio sono stati difesi dall’avvocato Pietro Funaro; Vincenzo Sculco è stato difeso dall’avvocato Gregorio Viscomi; Francesco Mauro è stato difeso dagli avvocati Salvatore Iannone e Rita Parentela; Antonio Procopio è stato difeso dall’avvocato Rocco Spino. Le parti civili sono state rappresentate nel processo dagli avvocati Nunzio Raimondi, Manuela Costa, Piero Mancuso, Claudia Macrì.