Temperature sempre più alte, il livello delle acque cresce e la vita marina scompaiono. Il rapporto Starfish lancia l’allarme durante la conferenza Onu: minacciata la salute del pianeta. L’Europa rilancia il suo Blue Deal da un miliardo di euro
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Gli oceani del pianeta stanno lanciando segnali di allarme sempre più gravi. Il livello medio del mare è aumentato di 23 centimetri dal 1901, e si prevede che possa salire ancora tra i 10 e i 25 centimetri entro il 2050. La temperatura media oceanica ha raggiunto nel 2024 livelli record, mai registrati prima da quando esistono sistemi di monitoraggio affidabili. Parallelamente, crescono le specie marine minacciate di estinzione, arrivate oggi a 1.677.
A scattare questa fotografia è il barometro Starfish, presentato alla vigilia della Giornata Mondiale degli Oceani e della Terza Conferenza Onu sugli Oceani (UNOC3), in corso a Nizza fino al 13 giugno. Il rapporto sarà discusso da capi di Stato e di governo, delegati, scienziati e Ong per affrontare l’impatto della crisi climatica sui mari e definire la dichiarazione finale dal titolo già emblematico: «Il nostro oceano, il nostro futuro».
Un'occasione anche per l'Europa per rilanciare il suo 'blue deal' da un miliardo di euro - 50 progetti per la tutela marina, la scienza oceanica e la pesca sostenibile - e il nuovo alleato digitale, il 'Digital Twin' degli oceani, un gemello virtuale pensato per monitorare e comprendere meglio la salute del mare. "Vogliamo costruire una forte alleanza globale per l'oceano", ha dichiarato Ursula von der Leyen, segnando la rotta europea per il futuro blu del pianeta. Grandi assenti sul palcoscenico di Nizza, gli Stati Uniti sono stati al centro dell'attenzione e delle preoccupazioni dei leader presenti, pur senza essere mai citati direttamente.
Un equilibrio marino sempre più fragile
«Lo stato degli oceani mostra un quadro allarmante», afferma Marina Lévy, ricercatrice del Cnrs e co-direttrice del rapporto Starfish. «La situazione si sta degradando a un ritmo che accelera». I numeri parlano chiaro: un terzo delle specie di squali e oltre un quarto dei cetacei rischiano l’estinzione. Le principali cause sono la pesca intensiva, le attività minerarie in mare e, naturalmente, i cambiamenti climatici.
Delle 1.677 specie marine minacciate elencate nella Lista Rossa Iucn, 291 sono classificate in pericolo critico, 647 in pericolo e 739 vulnerabili. Rispetto all’ultima rilevazione, ci sono 204 nuove specie a rischio. Oltre il 37% delle attività di pesca è ritenuto non sostenibile, e il 75% delle grandi imbarcazioni non è monitorato in modo adeguato.
Rifiuti, plastica e pressione antropica
Altro elemento drammatico: la plastica rappresenta più dell’80% dei rifiuti marini. Secondo i dati, nel 2021 la quantità di plastica nei fiumi e negli oceani è stata stimata tra 75 e 199 milioni di tonnellate. «Il barometro indica una traiettoria di pressione crescente sull’ambiente marino», avverte Pierre Bahurel, direttore di Mercator Ocean International. «Abbiamo identificato tutte le pressioni esistenti ed è davvero spaventoso».
Il messaggio è chiaro: l’oceano si sta trasformando rapidamente sotto l’effetto delle attività umane, e con esso cambia l’equilibrio dell’intero pianeta.
Il grande mistero dell’oceano: conosciamo più la Luna
Nonostante copra il 71% della superficie terrestre, assorba il 90% del calore in eccesso e ospiti l’80% delle specie viventi, l’oceano rimane in gran parte sconosciuto. «Sappiamo meno dei fondali oceanici che dei crateri lunari», denuncia Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco.
Proprio per colmare questo vuoto, l’agenzia dell’Onu ha annunciato l’estensione del programma di osservazione globale: saranno dotate 10.000 navi commerciali di sensori scientifici, per raccogliere dati in tempo reale attraverso il Global Ocean Observing System. Oggi il sistema è attivo su 2.000 imbarcazioni, ma l’obiettivo è ambizioso: imparare dall’oceano per comprendere il futuro della Terra.
Ricerca oceanografica: la grande sfida del nostro tempo
Per l’Unesco, è arrivato il momento di investire nella conoscenza del mare. Attualmente, la ricerca oceanografica rappresenta meno del 2% dei bilanci nazionali per la scienza. «Imparare dall’oceano è la grande avventura scientifica del nostro tempo», afferma Azoulay. E aggiunge: «La comunità internazionale non può più ignorare gli avvertimenti degli scienziati. Il tempo per agire è adesso».
L'apertura del vertice di Nizza è stata anche l'occasione per Parigi di annunciare un passo decisivo verso l'entrata in vigore del trattato Onu sull'alto mare. Ad oggi, sono 50 i Paesi che hanno ratificato l'accordo siglato nel 2023 - dopo quasi vent'anni di negoziati - per tutelare la biodiversità nelle acque internazionali, oltre le 200 miglia nautiche, con l'obiettivo di proteggere almeno il 30% delle aree marine entro il 2030. Altre 15 delegazioni, tra cui il Brasile di Lula, hanno promesso di completare la ratifica entro l'anno, unendosi all'appello per fermare "la corsa predatoria" ai metalli critici che minaccia i fondali oceanici.