Altro che transizione dolce. In casa Forza Italia volano ceffoni. E il più sonoro – quello che ancora rimbomba nei corridoi del partito – lo ha mollato Pier Silvio Berlusconi in diretta nazionale, durante la presentazione dei palinsesti Mediaset: «Servono volti nuovi». Sei parole chirurgiche, affilate come un bisturi, ma più letali di una mozione di sfiducia. Un messaggio rivolto a chi? Facile: Antonio Tajani, l’uomo che da un anno prova a guidare senza scossoni il partito fondato da Silvio Berlusconi. Ma anche – e forse soprattutto – a tutti quelli che ancora sognano un futuro azzurro cucito su misura dei “vecchi amici” del Cav.

La botta è stata forte. Talmente forte da costringere Tajani a fare ciò che mai avrebbe voluto: bussare alla porta di Marina. Non una qualunque. Oggi, lunedì 14 luglio, infatti, il segretario nazionale di Forza Italia sarà ricevuto nella casa milanese della primogenita del Cavaliere, regina di Mondadori, silenziosa ma potentissima custode dell’eredità politica (e soprattutto economica) di papà Silvio. A organizzare l’incontro, come nei migliori thriller da Prima Repubblica, il grande regista Gianni Letta, eterno pacificatore, unico in grado di far dialogare due mondi che sembrano ormai su orbite diverse.

Tajani arriva all’appuntamento col fiatone e senza scudi. Gli hanno appena sferrato un attacco frontale e ora cerca di salvarsi la pelle. Non chiederà solo clemenza: proverà a strappare un salvagente. O almeno un segnale pubblico che lo tenga ancora in piedi. Perché, dopo la cannonata di Pier Silvio, l’intero sistema Forza Italia ha cominciato a scricchiolare. Nessuno lo dice, ma tutti lo pensano: se la famiglia Berlusconi decide di staccare la spina, il partito è finito. Game over.

Il problema è che la spina non è solo simbolica. Ci sono almeno 90 milioni di euro che Forza Italia deve alla famiglia, tra prestiti e anticipi. Un credito che finora ha tenuto a galla la baracca, ma che può diventare – da un giorno all’altro – il cappio. E proprio per questo l’uscita di Pier Silvio è suonata come un ultimatum. O peggio: come l’annuncio di un divorzio imminente. L’ad Mediaset, a differenza della sorella, non ama le mezze misure. E quando parla, lo fa per mettere le cose in chiaro. «Si può fare di meglio», ha detto. «Servono facce nuove». Tradotto: Tajani, grazie di tutto, ma ora basta.

Il leader azzurro lo sa bene. E anche se davanti ai cronisti prova a glissare parlando di sanità, di ospedali e di «piani strategici», dietro le quinte ha attivato ogni canale possibile per salvare la faccia. Da qui l’incontro con Marina. Una donna schiva, poco incline alla politica, ma consapevole del peso che il cognome porta. E soprattutto, l’unica capace – se davvero lo volesse – di frenare l’impeto del fratello e di concedere a Tajani un’ultima chance.

Ma la verità è che Marina non ha ancora deciso da che parte stare. Da mesi osserva, ascolta, ma non interviene. Dopo la morte del padre, ha preferito concentrarsi sugli affari di famiglia e tenersi alla larga dalle tensioni del partito. Eppure, chi le è vicino assicura che la sua opinione su Tajani non sia molto diversa da quella di Pier Silvio: lo considera troppo grigio, troppo “funzionario”, troppo poco carismatico per raccogliere davvero l’eredità del Cav.

Ecco allora che la riunione potrebbe segnare un punto di svolta. Se Marina sceglierà di sostenere – anche solo parzialmente – la segreteria Tajani, il partito potrebbe reggere l’urto. Se invece si limiterà ad ascoltare, senza offrire nulla, sarà chiaro che il segnale lanciato dal fratello è destinato a diventare linea politica. E per Tajani sarà il principio della fine.

Intanto, dentro Forza Italia cresce la voglia di fuga. Diversi parlamentari stanno già guardando altrove. C’è chi sogna un polo moderato con Renzi e Calenda, chi guarda alla Lega di Giorgetti, chi addirittura auspica una federazione organica con Fratelli d’Italia. Per ora, nessuno osa parlare apertamente. Ma se domani da Milano non arriverà un colpo di scena, il processo si farà irreversibile.

La grande domanda, però, resta un’altra: che ne sarà del berlusconismo senza un Berlusconi? Perché, finché c’era lui, tutto si reggeva sul carisma, sui soldi, sul nome. Ora non basta più. E senza un nuovo leader vero – capace di entusiasmare, radunare, convincere – anche la benevolenza della famiglia non potrà durare in eterno.

Tajani lo sa. Per questo domani si giocherà tutto in quell’incontro. Non è solo un pranzo di cortesia. È il suo giudizio di Dio. E forse, il primo vero congresso segreto del dopo-Cav.