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di Asmara Bassetti
23 dicembre 2023
19:00

Libri sotto l’albero, sei racconti di autori calabresi da regalare a Natale

Volumi classici e alcuni più contemporanei pronti a farvi esplorare nuovi posti e raccontarvi bellissime storie visti con i loro occhi

Eventi

Il conto alla rovescia del Natale iniziato ormai da qualche settimana, diventa sempre più serrato e comincia ad essere più prepotente la domanda che ogni anno tutti, nostro malgrado, ci troviamo ad affrontare: cosa regalo per Natale? Una scelta non sempre facile soprattutto perché il regalo azzeccato non è semplice da trovare: pigiami che non metteremo mai, il solito profumo che non ci piace perché la scelta è personale, o quello fatto all’ultimo momento perché prima non si ha avuto tempo né voglia di farlo. Per questa edizione vi diamo noi un suggerimento: che ne dite di regalare un libro? Eviterete lo stress per voi e per la persona che lo riceve, poiché leggere lo allontana. Ve ne consigliamo noi 6, tra grandi classici e alcuni più contemporanei, che parlano di Calabria ma non solo, da mettere sotto l'albero, da regalare o farvi regalare, tutti scritti da autrici e autori calabresi pronti a farvi esplorare nuovi posti e raccontarvi bellissime storie visti con i loro occhi.

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La Restanza di Vito Teti

Affronta un fenomeno del presente La Restanza, ultimo libro in ordine di tempo di Vito Teti, antropologo calabrese nato a San Nicola di Crissa, in provincia di Vibo Valentia, che si occupa di antropologia e letteratura dei luoghi. La “restanza” è un termine ormai utilizzato nella lingua parlata per indicare quel desiderio di restare nella propria terra d’origine per dare vita ad un nuovo senso dei luoghi, immaginando nuove comunità e nuove pratiche dell’abitare. E non si riferisce solo ai piccoli paesi, ma anche alle periferie, alle città e alle metropoli, in un’epoca fatta di persone che partono ma anche di quelle che restano per rigenerare i luoghi.

Un racconto privo di quella retorica che quasi idealizza la vita nei piccoli contesti, che non si riferisce alla restanza come una scelta di comodo o attesa di qualcosa, né apatia, né vocazione a contemplare la fine dei luoghi, ma piuttosto un processo dinamico e creativo che può essere rigenerativo sia per il luogo abitato che per chi resta ad abitarlo.

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