L’editoriale

Libera università in economia moderna ad Alessandria del Carretto: con una gita, laurea in Questione meridionale

Un borgo bellissimo di 400 abitanti, ma l'ospedale più vicino dista un'ora e mezza e l'unica scuola esistente è quella materna. La verità è che In Italia, i territori più discriminati, meno attrezzati, peggio serviti e di fatto abbandonati sono il Mezzogiorno e le aree interne. Il che impoverisce il Paese intero (ASCOLTA L'AUDIO)

di Pino Aprile
29 agosto 2021
10:52
Foto da Wikipedia ( Bruno Romanelli)
Foto da Wikipedia ( Bruno Romanelli)

Tocca ripetersi: Sud è essere messi nella condizione di non fare e poi essere accusati di non fare. Ti levano la scuola o te la danno fetente o classe-pollaio (con lo stesso numero di studenti, nel Mezzogiorno fanno due classi, al Nord tre) e poi arrivano magari l'Invalsi o altri a dirti che i terroni sono ignoranti, perché preferiscono farsi regalare voti alti da professori complici, invece di studiare. Si sa come sono fatti questi meridionali, no?

Volete capire come stanno davvero le cose? Fatevi un fine settimana ad Alessandria del Carretto e tutte quelle cose complicate che vi tocca leggere in trattati di economia, le vedrete stampate sulla pietra dei vicoli, delle case, sui volti degli abitanti, sulla vostra stessa faccia, fra irritata e incredula, per la strada che sarete obbligati a fare per raggiungere il paese (attenti agli avvallamenti, alle asimmetrie, ai raccordi a cunetta spacca coppa dell'olio fra tratti in pendenza e no). Non si arriva ad Alessandria del Carretto: la si scopre, perché il navigatore ti dice che mancano 600 metri e ancora sei nel meraviglioso vuoto antropico e allo stato di natura del Parco del Pollino. Devi proprio andarci a sbattere contro il cartello “Alessandria del Carretto”, per toglierti il dubbio che prima o poi ti viene: invece c'è, c'è, sta lì, ben nascosta, ma ci sta.


E vale la pena: circa 400 persone, un borgo delizioso, ben conservato e recuperato, nonostante tutto, con pochi ma rispettosi mezzi, gente che non riesce a non darti del “voi” (forse lo usano anche per se stessi, quando pensano alla propria vita o si lavano i denti allo specchio); si mangia bene e si beve allo stesso livello.

E per l'orgoglio convinto con cui ti spiegano il valore del proprio posto, avverti che per loro quello non è “il mio paese”, ma “la mia Patria”: ci tengono subito a farvi sapere che non siete in un luogo qualsiasi, perché (tenetevi forte): è l'unico paese che ha nome e cognome del suo fondatore, che ne fu il primo principe (principe, mica pizza e fichi); ed è il paese più alto del Pollino, mille metri («Per l'esattezza, sul secondo gradino della chiesa». «No, lì sono 1003», interviene uno a correggere il mio informatore, l'assessore Antonio Avvia. Non chiedetemi si sciogliere il dilemma: non mi ero portato il metro appresso). E poi «come potete vedere anche dal menù» (trionfo di peperoni cruschi e le patate “ricetta locale” accanto a uova strapazzate con la cipolla...), «Noi siamo in Calabria, ma siamo lucani».

Dico, ma vi rendete conto cosa vi perdereste? È facile trovare i calabresi in Calabria e i lucani in Basilicata, ma i lucani in Calabria? Di' tu, mo'. E se ti guardi intorno, beh!, mezzo Sud dai monti al mare, il golfo dello Jonio: «Quelle sono le luci di Taranto. Qui è pieno di pugliesi che si sono presi una casa da noi. Questa è la via dei tarantini, e voi siete tarantino, giusto...?».

Ma a voi cosa frega di sentire queste indicazioni turistiche di Alessandria del Carretto? Non si parlava di Questione meridionale? Appunto, e volevo solo far capire che questo è un posto bello, in cui non soltanto vale la pena andare (e, infatti, tanti ci vanno), ma in cui vale la pena vivere, abitare, aprire un ristorante, avere dei figli, condividere fatti propri, pettegolezzi, affetti e futuro con i vicini, lasciando le porte aperte, in modo che profumi dei sughi, degli arrosti, dei dolci al forno divengano un'acquolina comune passando per la via (peccato non esser capitato il giorno della parmigiana).

Già, ma quando stai male? E se i figli devono andare a scuola? E dov'è il problema: i cittadini di Alessandria del Carretto sono italiani, quindi, titolari di diritti come tutti gli altri italiani, diritti “scolpiti nella Carta Costituzionale” (“scolpiti”: forte questo termine, eh?, lo usano per rimarcare che quei diritti sono sacri, inalienabili, garantiti come i dieci comandamenti sulla pietra del Sinai).
E quindi (questo vuol dire un tale sfoggio di paroloni), lo Stato assicura a chi vive nei suoi confini, che l'Italia, come Paese, ha ragione di esistere, in quanto rispetta gli impegni con i suoi cittadini; in cambio delle tasse, si capisce. In teoria, tutti d'accordo. In pratica... In pratica, se mi fai pagare le tasse e non mi dai i diritti, sei un ladro.
Se percorrete quel cesso di strada (perdoni i termini, signora, ma quanno ce vo' ce vo') per salire da Trebisacce ad Alessandria del Carretto, vi girano non solo le ruote della macchina, ma anche altro; però, tutto sommato, forse pensate: vabbuo', ma per un paesino di 400 abitanti che volevi (anzi: “volevate”) l'autostrada? Ma quella strada non è solo per Alessandria, è la strada per Albidona, Castroregio, per Oriolo Calabro, per... Messi insieme non sono più così pochi e se restano posti scomodi, saranno sempre meno quelli che accetteranno di restarci e sempre più si tenderà a giustificare il non fare la strada, per così scarsi utenti. Pur sapendo che la regola è altra: il progresso corre e le città sorgono dove si traccia una strada, non il contrario.

In Italia, per dire, l'assistenza sanitaria è pubblica (significa che la paghiamo noi tutti, in rapporto alle proprie possibilità, perché al momento del bisogno possiamo averla tutti della stessa qualità e prontezza: come diceva Gino Strada: «Se i diritti non sono uguali per tutti, si chiamano privilegi»). E l'Italia garantisce per legge a ogni cittadino che, per esempio, se ti prende un infarto, in 18 minuti devi stare in un Pronto Soccorso (è una delle norme dei Lea: Livelli essenziali di assistenza). «Da noi, l'ospedale più vicino dista un'ora e mezza», dice il sindaco, Domenico Vuodo, tornato a vivere in paese da Londra, dove svolgeva la sua professione. «Ma d'estate. Perché d'inverno, se c'è la neve, il ghiaccio..., allora le ore diventano due e se va male tre».

Beh, ma mica vorrete fare un ospedale per 400 persone? Giusto? Sembra logico. Già, ma così, il succo del ragionamento è che: se siete pochi, potete morire. Vi sembra ancora logico?

E la scuola? Ne vogliamo parlare? Senza quella, le famiglie si trasferiscono, il paese si svuota; se vanno via le coppie giovani, non nascono altri figli, e i paesi di vecchi sono destinati a morire con loro. Dovevate sentire la voce di questi amministratori innamorati del loro paese: dovevano a tutti i costi impedire che si trasferissero altrove delle coppie con bimbi piccoli, ma la scuola materna non si riusciva a ottenerla, allora ne hanno messa subito in piedi una con una cooperativa e l'anno dopo, per fortuna, l'hanno spuntata. Ora, però, c'è la questione della prima elementare; tocca fare la stessa cosa o inventarsi altro, perché «se le famiglie sono costrette ad andarsene, non è che poi tornano quando fai la scuola. E se vanno via, non perdi solo i bambini, chiudono pure le attività dei genitori: il ristorante, il bar... Insomma, una cosa tira l'altra».

E, però, puoi fare un sistema scolastico per pochi bambini? Logico, no? Se lo pensate, devo deludervi: sembra logico, ma non lo è. I miei diritti non dipendono dal posto in cui abito, da quanti siamo qui, da quanto conviene farmi la scuola, l'ospedale, la strada; no, dipendono dal fatto che sono un cittadino italiano. E lo Stato è il garante dei miei diritti, che non discendono dal mio reddito, dal prodotto annuo della mia comunità, dalla geografia o dal fatto che possa convenire o no, ma solo dal fatto che sono uno dei sottoscrittori del contratto sociale chiamato Costituzione, con il Paese chiamato Italia, insieme a una sessantina di milioni di co-firmatari (paganti).

“In nessun altro Paese alle differenze interne di reddito fra i territori si associano disparità nella disponibilità di servizi pubblici ampie come in Italia”, scrive il professor Gianfranco Viesti, nel suo recentissimo “Centri e periferie”. “In Francia e in Germania le reti dei servizi sono assolutamente omogenee in ampiezza e, per quanto possibile vedere, in qualità, fra territori. In Germania in alcuni casi vi è una situazione migliore per le regioni dell'Est, a minor reddito”.

Capito? Lo Stato interviene alla pari ovunque per chiunque e se in qualche caso lo fa di più, è dove c'è o hanno di meno, non il contrario. In Italia, le aree più discriminate, meno attrezzate, peggio servite, di fatto abbandonate, sono il Mezzogiorno e le aree interne (come Alessandria del Carretto), specie appenniniche, a Sud e a Nord. Insieme, fanno il 70 per cento del territorio, sempre più dimenticato e povero. Il che impoverisce l'intera Italia, nell'illusione che basti concentrare la ricchezza di tutti, con investimenti pubblici, in pochi centri o nella (colossale puttanata, fatemelo dire) cosiddetta “locomotiva”, che brucia carburante in stazione e non avanza di un centimetro.

Se poi pensate che la Germania sia il primo Paese europeo per una semplice coincidenza e non perché “è Germania” in ogni angolo del suo territorio e per tutti i suoi cittadini, allora forse, siete pronti per diventare ministri in Italia o editorialisti del Corriere della sera.

Avete visto quante cose può insegnarci Alessandria del Carretto? E voi, magari, manco ci volevate andare.

Giornalista
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