Anche i lavoratori della cultura e dello spettacolo in piazza: «Noi non siamo mai ripartiti»

Saranno presenti domani a Cosenza, alla manifestazione nazionale convocata dai sindacati. «L'emergenza ha fatto deflagrare le criticità preesistenti per un settore già privo di diritti e tutele»

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di Redazione
29 ottobre 2020
19:27

Anche “Approdi. Lavoratrici e lavoratori della cultura e dello spettacolo Calabria” venerdì 30 sarà in piazza XI Settembre a Cosenza alle ore 10, per la manifestazione nazionale convocata dai sindacati.    

«Come lavoratrici e lavoratori del settore - scrivono in una nota - comprendiamo la gravità della situazione sanitaria ma non possiamo essere stretti nell'antitesi tra salute e lavoro. Se gli spazi culturali devono stare chiusi per evitare anche un solo contagio in più e scongiurare il sovraccarico del nostro sistema sanitario, è necessario intervenire subito con un sostegno continuativo ed adeguato, per un settore che non è mai ripartito realmente e non ripartirà fino alla risoluzione completa della crisi: l'una tantum è una presa in giro!»


 

«Sul piano nazionale - proseguono - l’emergenza ha fatto deflagrare le criticità preesistenti per un settore già privo di diritti e tutele, e pur avendo messo in campo delle misure, l’azione governativa si è dimostrata parziale e inadeguata. Sul piano regionale il movimento Approdi ha ripetutamente richiesto, già dai primi momenti dell’emergenza, un tavolo tecnico con le istituzioni – Presidenza, Assessorato alla Cultura, Assessorato al Lavoro – senza ricevere alcuna risposta. È delle ultime ore la negazione, da parte dell’assessore Orsomarso, di un confronto richiesto congiuntamente alla SLC-CGIL».    

 

«Siamo consapevoli - concludono - delle criticità che in questa fase attraversano tutti i settori. Riteniamo tuttavia offensivo il costante sottrarsi degli attuali amministratori della Regione Calabria ad un dialogo con il variegato mondo della cultura, tra i più sofferenti. Amministrare significa prendersi delle responsabilità: i nostri rappresentanti governano secondo un incomprensibile modus operandi e ad oggi restano immobili, sordi  alle necessità di un settore che rischia di perdere le proprie professionalità». 

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