Elezioni, così la Calabria è diventata la regione che non esiste più

Entra nel dibattito pubblico solo in quanto strumento per conquistare o salvare il governo. E i temi che orientano il voto scompaiono 

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di Pietro Bellantoni
14 gennaio 2020
13:21

La Calabria, come l'arte, non esiste. Lo scriveva Jonathan Safran Foer qualche anno fa. L'arte non si giustifica di per sé, ma sempre per scopi fuori di sé: le ambizioni dell'artista, la voglia di far soldi, la necessità di dare forma e colore a un'inquietudine, a una intuizione. La Calabria, come l'arte, nel dibattito pubblico nazionale esiste non in quanto tale, ma in quanto strumento e fine per raggiungere altri obiettivi. Uno, in particolare, declinato in forme diverse: riconquistare/salvare il governo del Paese.

 


Salvini, Di Maio e Zingaretti 

È così che la Calabria, sullo scacchiere nazionale, assume ruoli diversi a seconda degli autori che, di volta in volta, ne curano la sceneggiatura. Se a parlarne è Salvini – forte dei sondaggi che danno il centrodestra vincente – questa regione diventa decisiva per il futuro dell'Italia; per il motivo inverso, Zingaretti – che avrà messo in conto la possibile sconfitta – inquadra la Calabria in una piccola dimensione parallela che non interagisce mai con le questioni nazionali.

 

Il capo della Lega dice: «Il 26 gennaio vinciamo in Emilia Romagna e in Calabria e il giorno dopo vado a Roma a dare la lettera di sfratto a Conte, Di Maio, Zingaretti». Quest'ultimo, rivolto esclusivamente agli italiani residenti tra il Pollino e lo Stretto, risponde: «Difendete la libertà della Calabria e diffidate di chi vuole utilizzare questa terra meravigliosa per interessi di politica nazionale».
Tra il troppo generale e il troppo particolare, la Calabria non esiste più, se non nelle proiezioni egoistiche e distorte dei partiti in lotta per la guida del Paese.

 

Meloni e Conte

E se la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, afferma che chiederà il voto «se dovessimo vincere in Emilia Romagna e in Calabria», il premier Giuseppe Conte la Calabria non la nomina nemmeno, ma si limita a sottolineare l'irrilevanza di queste elezioni sulla stabilità dell'esecutivo: «Il voto in Emilia Romagna è importante, ma rimane espressione di una comunità regionale e non decide il destino del governo nazionale».

 

E nessuno parla davvero della Calabria

Che il dibattito si svolga esclusivamente sopra la testa dei calabresi lo dimostra il fatto che, nella campagna elettorale più breve (e noiosa) della storia, siano scomparsi i temi, quei contenuti che dovrebbero, in teoria, orientare i voti dei cittadini. L'Italia, intanto, guarda in giù, verso la sua punta, solo per capire quali effetti potrà avere la libera (davvero libera?) scelta di questa comunità regionale sull'assetto dell'intero Paese.


Così, visti i tempi ristretti imposti da una classe dirigente che non ha saputo decidere per tempo i suoi uomini e le idee da portare avanti – proprio perché a mancare era l'impianto politico/filosofico alla base di qualunque progetto politico –, i calabresi saranno costretti a votare non con coscienza e convinzione, ma sorretti dal minimo sindacale di fiducia verso le persone, i partiti e le coalizioni ritenuti – non si sa bene in base a quali criteri – i più affidabili e rassicuranti.


A lusingare gli elettori sono stati e saranno ancora, per le prossime due settimane, tutti quelli che sanno bene che la Calabria esiste, ma per scopi che con la Calabria hanno poco a che vedere.

 

I big della politica in tour

Ci sarà, di nuovo, Salvini, il 16 e il 17 gennaio (lungo tour tra le province di Catanzaro, Reggio e Cosenza). E ci sarà, di nuovo, Meloni (16 gennaio, a Crotone). Per la settimana prossima è invece atteso Silvio Berlusconi, per una due giorni che chiuderà la campagna di Jole Santelli.
I tre leader del centrodestra diranno, sostanzialmente, la stessa cosa: «Votate per mandare a casa Conte».

 

Torneranno pure i dirigenti nazionali del Pd, fors'anche lo stesso Zingaretti, e i tanti portavoce del Movimento 5 stelle. Loro diranno: «Votate per voi stessi, ché a Roma cambia mica niente».
La Calabria è così diventata contemporaneamente centro e periferia; i calabresi arcitaliani e, al tempo stesso, solo calabresi.
Nel mezzo di queste inconciliabili prospettive, sta la Calabria vera. Quella che non sa se esiste davvero.

bellantoni@lactv.it

Giornalista
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