Catanzaro, sul nome di Fiorita candidato a sindaco nel Pd si fronteggiano due fazioni opposte
Una guerra sotterranea e logorante in vista delle prossime Amministrative. E le ventilate primarie per ostacolare la corsa del leader di Cambiavento potrebbero essere invece un vantaggio
Nicola Fiorita, sì o no? È questa la margherita che si sta sfogliando da tempo in casa Pd. Mentre si avverte forte sensazione che una parte sempre più strutturata e larga del partito locale, animata dal legittimo desiderio di vincere le Comunali 2022 nel capoluogo a qualunque costo, stia puntando dritto sullo stesso prof. Che però non ha ancora la certezza di evitare qualche brutto scherzo, considerato come vi sia invece una diversa fazione, meno numerosa ma non marginale, non certo incline a dirgli: "Prego professore, si accomodi pure!".
Gli appetiti sono infatti parecchi e anche gli interessi di bottega, persino in grado di superare la logica del successo immediato, che potrebbero portare a un tentativo di sabotaggio della “mozione Fiorita”. Un progetto che, lo si dica con franchezza, non è però di certo rappresentato dallo strumento, citazione letterale di un passaggio chiave del comunicato stampa diffuso dai Dem catanzaresi venerdì scorso, delle primarie. Consultazioni interne preliminari, queste ultime, a cui peraltro uno come Fiorita potrebbe mobilitare una nutrita base che gli altri non hanno e quindi fargliela spuntare, persino rafforzandolo in vista del successivo appuntamento con le urne. Quelle che contano per davvero. Altro che indebolirlo, insomma.
Ma il punto, lo ribadiamo, non è nel metodo scelto. Che, come premesso, è importante, ma spesso nella storia meno recente dei Democrat ha portato ad avere un esito scontato. Anzi, più che scontato. Il fatto, semmai, è che il piano di molti nel partito non è di designarlo quale alfiere della coalizione per una stima incommensurabile nei suoi confronti bensì proprio per quanto porterebbe in dote. Che, abbiamo premesso, non è poco.
Tanto è vero che stime prudenti, anche in caso di una ragionevole erosione del consenso da lui ottenuto nel 2017, lo quoterebbero non al di sotto del 15-18% con il solo movimento - Cambiavento - di cui è leader. Numeri un po’ diversi dal 24% che conseguì ormai quasi un lustro fa, ma ugualmente grossi. Un “malloppo” troppo allettante per essere lasciato per strada a cuor leggero. Il matrimonio, quindi, s’ha da fare. È ciò che sostengono in molti, lo ribadiamo. Se non fosse che sia nella compagine dei più ortodossi del composito gruppo fioritiano così come tra le file meno dialoganti del Pd, per giunta con la volontà di non lasciare indietro alle elezioni figure centrali ma magari poco gradite a molti aficionados del prof, vi è chi potrebbe rendere la definizione dell’accordo meno semplice rispetto a quanto potrebbe sembrare.
Comunque sia, dopo anni di bocconi amari in questo schieramento si continua a fare calcoli e a elaborare strategie con un Fiorita che parrebbe anche essersi giocato bene le sue carte là dove conta, cioè a Roma. Nulla di assoluto, per carità. Ma resta il dato che figure importanti lo guarderebbero con simpatia. Cosa che può dirsi pure per la dimensione calabra e catanzarese, dove pure - giova ripeterlo - non gli mancano avversari e rivali, alcuni dei quali anche irriducibili. Fra gli amici di peso, che il docente universitario con velleità da primo cittadino, invece ha c’è tuttavia il nuovo “uomo forte” del partito: il neosegretario questore di Palazzo Campanella, Ernesto Alecci. Un maggiorente a cui - già in fase di campagna elettorale - si sono inginocchiati, oltre a figure politiche di varie estrazioni, persino vari giornalisti, che - al grido «giù le mani da Ernesto!» - hanno palesato di aver trovato un santo a cui di aver trovato un santo a cui votarsi, consumando pure piccole-grandi vendette personali.