Vecchio e nuovo

Dallo show di Spirlì al decisionismo di Occhiuto: un anno di politica nella Calabria fiaccata dal Covid

VIDEO | L'anno che ci siamo appena lasciati alle spalle è stato caratterizzato dalla lunga agonia della XI Legislatura e la reggenza del facente funzioni prima che le elezioni decretassero il successo del nuovo presidente. Ecco cosa è accaduto (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Claudio Labate
1 gennaio 2022
07:15

Un altro anno di Covid se ne è andato via. È il secondo San Silvestro che il virus tiene in ostaggio la Calabria. L’anno che è appena terminato, d’altra parte, si è aperto con due significativi atti politici che segnano il cammino della nostra regione nel 2021. Da una parte si inasprirono le restrizioni, soprattutto sul versante dell’istruzione, con gli studenti calabresi costretti alla Didattica a distanza e dall’altra venne fissata la data (che in realtà è una delle date ipotizzate) delle elezioni regionali.

Lo scenario in effetti non è molto cambiato. La Calabria ha annaspato anche nell'ultimo scorcio di 2021 sul fronte del contenimento del contagio, rischiando la “zona arancione” con l’inizio del nuovo anno. Ciò che è invece cambiato, è il timone della Regione, dodici mesi fa guidata dal facente funzioni Nino Spirlì e oggi saldamente nelle mani di Roberto Occhiuto.


La reggenza Spirlì

Dopo la morte, a metà ottobre del 2020, della Presidente Jole Santelli, come da Statuto a prendere il timone della Regione è stato il vice presidente Nino Spirlì, entrato in giunta da esterno in quota Lega. Cattolico e devoto della Madonna del Carmelo, contrario alla lobby gay, l’ex vice presidente con delega alla Cultura è entrato in punta di piedi alla Cittadella, a volte scusandosi coi calabresi perché in quella posizione ci si è trovato senza averla scelta. Ma da facente funzioni, il ruolo di Spirlì è cambiato nel tempo. Col passare dei mesi è cresciuta la consapevolezza di dover traghettare la Calabria al voto e per di più nel dramma della pandemia. E insieme alla consapevolezza è cresciuta anche la voglia di continuare a fare politica da protagonista.

Ben presto, anche grazie alle spesso singolari uscite pubbliche, Spirlì si guadagna le prime pagine dei giornali e un “ritratto d’autore” nella fortunata trasmissione Fratelli di Crozza. Va detto però che insieme alla popolarità è cresciuta anche la distanza dai calabresi. Ma lui resiste e mantiene la posizione, in un certo senso privilegiata, nello scacchiere politico calabrese. Ed infatti il lancio della candidatura ufficiale del centrodestra è coinciso con il lancio del ticket tra Roberto Occhiuto (presidente) e appunto Nino Spilì (vice).

Ma la politica dà e toglie. Non passa molto tempo dall’annuncio del “ticket” che la posizione del facente funzione comincia a traballare. Sia dall’interno – vedi la fronda leghista – che dall’esterno – Roberto Occhiuto comincia a prenderne sempre più frequentemente le distanze – Nino Spirlì vede vacillare la sua posizione, in qualche maniera indebolita anche per il fatto che sarà lui stesso a rinunciare a misurarsi col gradimento dei calabresi, decidendo di non candidarsi. Le urne non pagano il lavoro difficile portato avanti nei mesi che dividono una legislatura monca e orfana della sua presidente eletta, dal voto. La Lega perde terreno e benchè fosse ormai chiaro a tutti che il “facente funzioni” non avrebbe assunto il ruolo di vice di Occhiuto, di Nino Spirlì si perdono le tracce, nonostante la promessa di Matteo Salvini di avvalersi delle sue doti tanto in ambito regionale che nazionale.

Una legislatura in chiaroscuro

Dell’XI Legislatura, durata poco più di un anno e mezzo, metà della quale con una assemblea in carica solo per gli affari urgenti e indifferibili, non resterà molto da ricordare. Negli ultimi mesi, quando la frenesia da elezione ha preso il sopravvento su una maggioranza, quella di centrodestra, che non ha certo brillato per la qualità dei provvedimenti adottati, è venuto fuori tutto il pressapochismo che ha dominato una legislatura partita con i migliori auspici e incartatasi per diverse ragioni.

Dopo lo scivolone dell’indennità di fine mandato – una modifica alla legge esistente dei ‘vitalizi’ che ha indignato l’opinione pubblica che l’ha ritenuta quantomeno inopportuna – e gli arresti del consigliere Domenico Creazzo (FdI) che non ha avuto il tempo neanche di insediarsi e del presidente del Consiglio Mimmo Tallini, il 2021 della politica calabrese si apre con la disposizione dei domiciliari – a metà gennaio – per l’assessore al Bilancio Franco Talarico, all’epoca , segretario regionale dell’Udc, nell’ambito dell’inchiesta “Basso profilo” della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri. Ma i guai per il Consiglio regionale non finiscono qui. Perché c’è ancora tempo, ai primi di agosto, per l’arresto del consigliere regionale Nicola Paris (eletto con l’Udc, dal quale ha poi preso le distanze) con l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta "Inter Nos" coordinata dalla Dda e dalla Procura ordinaria di Reggio Calabria.

Ma non solo. Perché solo oggi sono venute a galla le mancanze e le discutibili scelte del governo regionale di centrodestra dell’XI legislatura. Basti pensare al carico da novanta messo sul tavolo proprio da Roberto Occhiuto che ha bollato come inconsistente l’azione della Regione ai tavoli nazionali, e impalpabile il suo operato. Soprattutto sul fronte della lotta alla pandemia con centinaia di migliaia di euro non spesi, ma anche rispetto alla sospensione i ben 69 milioni di euro di fondi europei recuperati in calcio d’angolo proprio la settimana scorsa dal neo presidente della Giunta. Senza dimenticare il pasticcio rispetto all’aumento di capitale della Sacal Spa, la società di gestione degli aeroporti calabresi, che nella calda estate calabrese, grazie anche alla timida azione del governo regionale è passata in mani private.

Tutte questioni che hanno pesato come un macigno tanto sulla Regione, che sulla posizione del facente funzioni Nino Spirlì che ha dovuto, giocoforza, vestire i panni del capro espiatorio, per l’arretramento della Lega in Calabria.

Verso le elezioni

Il percorso che ha condotto la Regione e i calabresi verso il voto del 3 e 4 ottobre scorsi è stato molto travagliato. Per almeno tre volte la data ipotizzata è saltata a causa della recrudescenza del virus che ha consigliato il Ministero di ricorrere ad un election day alle porte dell’autunno. La lunga campagna elettorale, iniziata in realtà tra le mura di Palazzo Campanella, è proseguita all’esterno con le candidature ufficiali dei protagonisti del voto di ottobre. Un percorso di mancati ticket, veleni e divisioni, soprattutto a sinistra, che ha contribuito ad agevolare il trionfo di Roberto Occhiuto, e la scomparsa dai radar di colui che avrebbe dovuto vestire i panni dell’outsider: quel Carlo Tansi, già in campo da tempo, fustigatore del cosiddetto Partito unico della torta, sedotto e abbandonato da Luigi de Magistris. Il patto che sanciva il ticket tra i due, nato a febbraio, si è inesorabilmente sgretolato di fronte alle personalità forti dei due protagonisti. Da lì l’avvio di una vera e propria telenovela che ha coinvolto tutto il mondo del centrosinistra, da Mario Oliverio, in rotta col Pd ormai da tempo, ad Amalia Bruni che ha preso il posto di Nicola Irto, a suo tempo indicato quale candidato del partito offerto alla coalizione. La scelta della scienziata lametina ha consigliato (male, col senno di poi) Tansi ad aderire al suo progetto rientrando a tutti gli effetti nell’alveo del centrosinistra. Sullo sfondo le continue diatribe tra i tre candidati che, volenti o nolenti, rappresentano un mondo, quello di un centrosinistra allargato, che non è riuscito a ritrovarsi in un'unica candidatura. Liti e scaramucce, forse di facciata, che lasciano il dubbio che nessuno in realtà lavorasse seriamente per l’unità tanto sbandierata.   

Il trionfo di Occhiuto

Il voto del 3 e 4 ottobre scorsi si è configurato come una vittoria netta, larga, oltre le aspettative. Il centrodestra di Roberto Occhiuto ha stracciato la concorrenza di Amalia Bruni, Luigi de Magistris e Mario Oliverio. Il neo presidente vince con il 54,4 % e 431.675 voti. Doppia, praticamente, Amalia Bruni (27,68%) e lascia quasi 40 punti indietro Luigi de Magistris (16,15%). Una vittoria di proporzioni imbarazzanti per i suoi avversari che anche dopo la sconfitta non sono riusciti ad organizzare un fronte compatto a Palazzo Campanella.

In questo quadro Roberto Occhiuto, legittimato dal consenso anche personale che gli hanno accordato i calabresi, gioca la sua partita per “la Calabria che l’Italia non si aspetta” che non è solo lo slogan che lo ha accompagnato in campagna elettorale. Per Farlo Occhiuto veste i panni di capo della giunta e di leader indiscusso del centrodestra calabrese. L’ormai ex capogruppo di Forza Italia alla Camera ha tutti i motivi – numerici e politici - per gonfiare il petto, ma sa che l’impresa non è facile. Non bisogna solo recuperare i ritardi della Regione frenata da una legislatura monca, e dalla pandemia, affrontata alla meno peggio, ma occorre dare alla Calabria una immagine diversa da quella che è fissata nell’immaginario collettivo del Bel Paese. Occhiuto deve impersonare la credibilità di una Regione che è agli ultimi posti in decine di classifiche, ed è per questo che sceglie di correre. Il dinamismo e la concretezza disegnano un tratto decisionista, del neo presidente della Regione, per certi versi inaspettato. Il rispetto delle scadenze nella formazione della squadra di governo, servono a dare l’idea di un cambio di passo che è pure reale e tangibile.

La riorganizzazione della burocrazia, i nuovi paletti per le assunzioni in Regione, affidate al Formez, e soprattutto la battaglia – vinta – sul Commissariamento della sanità, sono i primi atti che lo ergono a protagonista assoluto della politica calabrese, tanto da guadagnarsi il “rispetto” politico dei suoi avversari, anche in Consiglio regionale.

Con il piglio dello statista il capo dell’esecutivo va a Roma ad incontrare ministri e governo, e vola a Bruxelles per restituire dignità ad una Regione offesa da anni di soldi mal spesi o addirittura inutilizzati.

La scelta di essere anche “social”, entrando nella quotidianità dei calabresi connessi in rete, è anche una scelta vincente. Il Presidente dialoga, relaziona, rende conto delle scelte da compiere, assume impegni formali e pubblici. Ma capisce ben presto, e lo dice apertamente, che non serve un uomo solo al comando. In questo senso vanno inquadrati gli sforzi – certamente anche utilitaristici – di mettere al centro il Consiglio regionale e i suoi inquilini, dopo gli anni di buio che hanno avvolto Palazzo Campanella. Lo fa, da stratega, anche quando potrebbe produrre atti di gestione direttamente in giunta (vedi la creazione di Azienda Calabria Zero e la trasformazione di Fincalabra per l’acquisto delle quote private di Sacal).

Insomma, fino ad ora, si è creata l’immagine di un Presidente che parla la lingua dell’impegno e della concretezza. Una lingua che i calabresi sperano di ascoltare anche nei restanti anni di governo a guida Occhiuto che, complice anche la sfida del Pnrr, segneranno il futuro della nostra regione.

L'anno che sta volgendo al termine, ribadisce se non peggiora, le condizioni critiche della Calabria in tema di sanità e quindi di reazione alla pandemia. Temi caldi, su cui Roberto Occhiuto si gioca la credibilità che i calabresi, e in generale l'opinione pubblica, gli hanno riconosciuto attendendolo però alla prova dei fatti.

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