Cambi al vertice

I giri di poltrone in Parchi e Riserve marine (quasi tutti) commissariati: la Calabria non è una regione per presidenti

La rimozione di Leo Autelitano, che guidava l’ente dell’Aspromonte, è l’ultima di una lunga serie. Soltanto in Sila c’è un vertice nominato dal consiglio regionale. Tutti gli altri manager sono temporanei, ma qualcuno lo è da quasi due anni

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di Vincenzo Imperitura
14 febbraio 2024
16:30
Da sinistra, Leo Autelitano, Domenico Pappaterra e il ministro Pichetto Fratin
Da sinistra, Leo Autelitano, Domenico Pappaterra e il ministro Pichetto Fratin

La Calabria non è un paese per presidenti. Almeno per quelli che dovrebbero occuparsi di tutela e sviluppo all’interno delle tante realtà naturali protette presenti in Regione. Dal Pollino allo Stretto, passando attraverso le Serre e senza dimenticare le sei riserve marine (assorbite in un unico ente), solo il parco nazionale della Sila ha la fortuna di avere un presidente regolarmente nominato (arrivato per altro dopo una lunga fase di commissariamento). Per il resto, tra parchi nazionali e riserve regionali, la quotidianità di quasi tutte le aree calabresi naturalisticamente più pregiate, è fatta di facenti funzioni e commissari straordinari.

Ultimo, in ordine di tempo, il commissariamento del parco d’Aspromonte, notificato la settimana scorsa con uno stringato decreto a firma del ministro dell’ambiente Pichetto Fratin dopo una tempesta durata mesi, esplosa a novembre con i pesanti rilievi mossi dall’avvocatura dello Stato all’ormai rimosso Leo Autelitano e al suo consiglio direttivo, e continuata fino alla nomina dell’ex dirigente generale dell’Asp di Reggio, Renato Carullo.


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Nomina arrivata dopo un energico braccio di ferro tra Roma e Catanzaro prima e intestino alle realtà partitiche di centro destra della città dello Stretto poi. A puntare l’attenzione sulle dinamiche prettamente politiche che hanno portato alla nomina dell’ex Dg sanitario ci aveva pensato ex presidente del parco, Tonino Perna che, in un’intervista a LaC News24, aveva sottolineato la scarsa attinenza del curriculum di Carullo rispetto alle tematiche proprie della gestione di un ente come quello che si dovrebbe prendere cura della meravigliosa montagna reggina. Carullo resterà in carica per i prossimi sei mesi (prorogabili), a lui il compito di risollevare un ente paralizzato dai pesantissimi vuoti di personale ma che, tra riserve accantonate e nuovi finanziamenti, si ritrova in bilancio un gruzzoletto cospicuo.

E se Reggio piange, pochi chilometri più a nord, sulle Serre, c’è poco da ridere. Al Parco (regionale) costituito nel cuore della Calabria tra la provincia di Vibo e quella di Catanzaro infatti un presidente regolarmente nominato dal presidente del consiglio regionale (così come prevederebbe la norma) non ce l’hanno dal 2008, dai tempi dell’ex consigliere regionale Udeur Gregorio Paglianiti, disarcionato dalla carica in seguito ad una sentenza del Tar e da allora impelagato in una battaglia legale che si trascina ancora oggi. Da quella sentenza del Tar, a Serra San Bruno, sede del parco regionale, un Presidente in carica non si è più visto. L’ultimo, in ordine di tempo, ad insediarsi come commissario straordinario dell’ente, l’ex consigliere regionale e sindaco di Gerocarne, Alfonso Grillo (forzista in quota Mangialavori). Era il marzo del 2022 e la nomina doveva durare sei mesi. Di proroga in proroga sono passati quasi due anni e Grillo, nominato da Occhiuto, è ancora saldamente al suo posto, forte di una riconferma arrivata lo scorso novembre.

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Della cinquina di nomi che da mesi prende polvere sulla scrivania del presidente del consiglio regionale Mancuso intanto, non si hanno più notizie. Da quella lista dovrebbe venire fuori il futuro presidente. Proroghe permettendo.

Risalendo la Calabria poi, le cose non cambiano molto. Se si “salta” il parco nazionale della Sila – guidato dal 2019 dal presidente regolarmente nominato dal ministero, Francesco Curcio e che vede come direttore, l’ex commissario straordinario del Parco marino regionale Ilario Treccosti – anche sul Pollino le cose non vanno benissimo. Guidato fin dal 2007 (prima come commissario, poi come presidente) da Domenico Pappaterra, la riserva naturalistica che si sviluppa tra Calabria e Basilicata si ritrova nelle mani della facente funzioni Valentina Viola, che di Pappaterra era vice.

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Già deputato, consigliere e assessore regionale nonché commissario all’Arpacal, Pappaterra è stato dichiarato decaduto su disposizione del Ministero dell’Ambiente nel febbraio dell’anno scorso. Un provvedimento arrivato quando il terzo mandato dell’ex parlamentare alla guida dell’ente era già scaduto da mesi e che ha sollevato una montagna di polemiche che indicavano come “politica” la scelta di intervenire da parte del ministero. A distanza di un anno da quel provvedimento, il parco del Pollino resta ancora sospeso nel limbo di una dirigenza facente funzioni.

E per non farci mancare proprio nulla, in questa giostra di nomine (sulla carta) provvisorie, entrano anche le bellissime sei riserve marine (baia di Soverato, costa degli Dei, costa dei Gelsomini, riviera dei Cedri, scogli di Isca e secche di Amendolara) accorpate nel 2017 sotto un unico ente regionale e, da sempre, gestite dalla figura di un commissario straordinario. A sostituire, nel maggio dello scorso anno, il dimissionario ex commissario Treccosti – passato nel febbraio del 2023 a direttore del parco nazionale della Sila – la giunta regionale targata Occhiuto ha nominato, su proposta dell’assessore all’ambiente Marcello Minenna, il biologo marino Raffaele Greco. La carica sarebbe durare per il tempo necessario alla «definizione delle procedure per la nomina del direttore generale e comunque per un periodo non superiore ai sei mesi».

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