Qualche tempo fa Peppe Mangialavori (suo malgrado) viene costretto a lasciare la poltrona a tratti comoda di leader di Forza Italia in Calabria. Mai nessuno ha chiarito fino in fondo se fosse sopravvalutata la prima versione, o esagerata la seconda. O fuori moda tutte e due. Tant'è. I buoni uffici presso la regnanza del partito leader del centrodestra in Calabria e nel Paese, Fratelli d'Italia, non gli sono stati sufficienti. Mangialavori out. L'unico prezzo (forse) lo ha pagato Vibo per il centrodestra, la fascia tricolore ce l'ha Romeo oggi. Per il resto in pochi hanno rimpianto il vecchio capo ed esultato per il suo successore, Ciccio Cannizzaro. Gentilmente impalpabile il primo. Inarrestabile procacciatore solo di sindaci il secondo. Con il partito azzurro in mezzo. Già, ma le vittorie?
Oggi la "storia" rischia di ripetersi. Sorpasso compreso. Le condizioni ci sono tutte, ma anche no. Dopotutto, chi se ne accorge e se ne accorgerebbe?

Peppe Mangialavori presiede la commissione Bilancio della Camera. Pareva una stanza di compensazione deprimente per via del gran rifiuto "romano" sulla via della poltrona da sottosegretario. Negata a Mangialavori. Il perché è arcinoto e sfonda perimetri giustizialisti. E aule. Pian piano però la presidenza della commissione è diventata strategica per gli equilibri generali del Parlamento e dei suoi lavori persino superando il peso politico di un dicastero da condividere. La presidenza è scaduta, nessuno se l'è sentita di rinnovarla fin qui. La chiamata di martedì 10 però non salta, non passa. Si conferma il comando di Mangialavori oppure si passa la mano? E la mano si passa nel partito o fuori?

La partita, a ben vedere, è doppia. Se non tripla.
Se rimane azzurra la pertinenza ecco le ambizioni per il cambio. Il pugliese Dattis. Il piemontese Pella. E il calabresissimo Ciccio Cannizzaro. Che se indicato sostituirebbe per la seconda volta Mangialavori su una sedia di prestigio. In crescendo però. Come un derby eterno e dal finale scontato. Si sa dove fa giorno, e dove fa notte. Ma la luce quella rimane, non cambia niente e non se ne accorge nessuno all'apparenza. Lotte interne e di corrente, certo. Sempre in calo Ronzulli e sempre in consolidamento Tajani. Mangialavori nel primo caso, Cannizzaro nel secondo. Ma il partito conterraneo? I voti? Le vittorie? I calabresi? Che succede se si perde anche Lamezia?Qui si infila il cinismo di Fratelli d'Italia che corre su di un filo da Roma a Catanzaro. E viceversa.

Potrebbero rivendicare la poltrona, tanto più sottraendola ad un partito minore e internamente litigioso. Chi potrebbe opporsi. E invece no. Si chiama cerino in mano il gioco perverso. Bruciati tu. È poltrona di peso e prestigio? Se la sbrigassero gli azzurri, divisi. Ancor meglio se calabresi. Magari esce uno ed entra l'altro. Oppure si resta così. Tanto è l'ultima (e unica) concessione di Calabria. Altre governative potrebbero non apparire all'orizzonte. Non a caso nelle ultime ore Roberto Occhiuto reitera un concetto che nessuno (sulla carta) ha messo in discussione. Mi ricandido alla presidenza. Promessa o minaccia?