L’analisi

In Calabria niente suicidio assistito, solo “morte serena”: la proposta senza coraggio del Pd in Consiglio

Dopo 19 mesi di attesa approda in Commissione sanità il testo presentato dal gruppo dem. Pochi articoli dal significato ambiguo che fanno apparire il governatore leghista Zaia come un gigante del pensiero progressista

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di Enrico De Girolamo
5 febbraio 2024
15:44

Le parole “suicidio assistito” non ci sono. Nella proposta di legge regionale che porta la firma dei consiglieri calabresi del Pd si parla semplicemente di “morte serena”. È un trionfo dell’eufemismo il testo che, dopo ben 19 mesi, venerdì prossimo arriverà finalmente all’attenzione della Terza commissione consiliare, quella che si occupa di sanità.

In un Paese che non trova il coraggio neppure di trasformare in legge una rivoluzionaria sentenza della Corte costituzionale, quella che nel 2019 sancì che non è reato aiutare a morire chi, in piena consapevolezza, non è più disposto a soffrire senza speranza, ci si aspetterebbe che la sinistra abbia la forza politica e la convinzione di portare avanti almeno una battaglia di principio. E invece, il Pd calabrese, il 23 giugno 2022, depositò una proposta destinata, anche se venisse condivisa dalla maggioranza di Occhiuto, a non cambiare nulla.


Nel testo, dopo una pleonastica e retorica premessa che però richiama la sentenza della Consulta n. 242 del 2019, quella sì coraggiosa, i firmatari di allora - Bevacqua, Alecci, Iacucci, Mammoliti e Irto (poi diventato senatore) - introducono la “Norma”. Al primo articolo si legge che «le strutture sanitarie pubbliche della Regione Calabria assicurano l’assistenza per aiutare alla morte serena e indolore le persone malate in stato terminale o cronico, la cui condizione clinica è compatibile con il diritto al rifiuto del mantenimento artificiale in vita ai sensi dell’articolo 32, comma 2, della Costituzione». Che già qua uno si chiede quale potrebbe essere l’alternativa all’ovvia assistenza che una struttura sanitaria è tenuta a garantire a un malato terminale. Lo abbandona nel parcheggio? 

Ma è l’articolo 2 che scioglie ogni dubbio sull’ignavia della proposta targata Partito democratico: «L’assistenza sanitaria di cui all’articolo 1, consistente in prestazioni e trattamenti clinicamente adeguati, è assicurata a persone in possesso dei seguenti e contestuali requisiti: siano capaci di assumere decisioni libere, consapevoli e abbiano espresso autonomamente e liberamente la volontà di accedere alle prestazioni e ai trattamenti, con le modalità e gli strumenti più consoni alle condizioni cliniche; siano affette da patologie irreversibili; siano tenute in vita con trattamenti di sostegno vitale; si trovino in condizione di sofferenze fisiche e psicologiche assolutamente intollerabili».

Non una parola su cosa siano le «prestazioni e i trattamenti clinicamente adeguati». Sedazione profonda fino a provocare la morte? Sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione? Si suppone che alludano a questo, visto che l’alternativa è staccare la spina, cosa peraltro già consentita a chi rifiuta l’accanimento terapeutico ma che si può "permettere" soltanto chi è attaccato a una macchina.

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Il testo poi, all’articolo 4, si preoccupa che al personale sanitario delle strutture interessate sia «assicurato il diritto di rifiutare, per motivi di coscienza, l’esecuzione delle prestazioni e dei trattamenti previsti dalla presente legge». Un’obiezione di coscienza senza nulla a cui la coscienza possa davvero obiettare.
Il "tutto" (si fa per dire) senza oneri economici a carico della Regione. Hai visto mai che ci costa pure qualcosa uno scatto di civiltà.

Una legge inutile, dunque, intorno alla quale si svilupperà comunque un dibattito. Ed è questo forse l’unico valore aggiunto di un testo che espone nuovamente alla ribalta uno dei più solidi tabù italiani, quello del suicidio assistito, cementificato nel retaggio cattolico dal quale neppure chi dovrebbe fare della laicità la sua bandiera è capace di liberarsi.

E fa effetto pensare che il governatore leghista Luca Zaia sia molto più avanti su questo argomento di quanto non sia capace di fare il maggiore partito italiano di sinistra. La legge regionale del Veneto, clamorosamente bocciata proprio a causa del voto contrario di un consigliere di opposizione del Pd, aveva un titolo esplicito e privo di ambiguità: “Procedure e tempi per l'assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito”. Qui, invece, corna facendo, potremo contare su una più rassicurante “morte serena”, come quella che lentamente sta spegnendo la sinistra.

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