Pd, il presidente Oliverio finisce nell'angolo. E Orlando bacchetta l'attacco alle Procure

Riunione fiume a Lamezia per i dirigenti calabresi al cospetto del vicesegretario. Tutte le correnti indicano nella possibile ricandidatura del governatore un elemento di divisione per il partito. Orlando e Graziano non si sbottonano, ma per il momento rimane congelato il congresso regionale

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di Riccardo Tripepi
15 giugno 2019
10:34

Giornata intensa per il Pd calabrese che ieri si è presentato con tutte le sue contraddizioni, spaccature e difficoltà al cospetto del vice segretario nazionale Andrea Orlando.

Chi si aspettava parole definitive sul futuro del partito, sul congresso e sulle regionali è, ovviamente, rimasto deluso. Parlare chiaro non è nelle corde dei democrat, men che meno quando discutono in Calabria.


Dalla lunghissima giornata che il governatore Mario Oliverio ha cominciato a Soverato incontrando i sindaci e conclusa al T Hotel con gli stati generali che si sono protratti a tarda notte, emergono però indicazioni assai significative.

 

Alcuni passaggi del discorso di chiusura del vicesegretario, alla conclusione della lunghissima serie di interventi da parte dei rappresentanti delle varie correnti, sono un evidente messaggio al governatore e ai suoi.

Il più significativo è quello stimolato dalla riflessione di Nicola Adamo sulle Procure «non abbiamo bisogno di rappresentanti che facciano la fila dietro le porte dei pm». Al quale è seguita la replica netta di Orlando «Io sono garantista, ma sullo scontro sulle Procure non vi seguo». Il che, unito alle dichiarazioni della vigilia, con le quali Orlando ha espresso preoccupazione per le vicende giudiziarie di Oliverio, la dicono lunga sulla diversità della linea romana rispetto a quella calabrese.

 

Discorso analogo sulla sanità «non usiamola come responsabilità del governo nazionale» e sul flop del capolista alle europee Franco Roberti in Calabria «buonsenso avrebbe voluto che il partito sostenesse il capolista». Ulteriore bacchettata al gruppo Oliverio, reo di avere fatto altre scelte.

Ma Orlando è andato oltre e guardando al futuro ha indicato la necessità di un profondo rinnovamento. «C’è un ceto politico al Sud – ha detto Orlando – che è visto come un ostacolo al rinnovamento e genera il consenso verso i Cinquestelle». Fine politico di questa fase di riorganizzazione: «la costruzione di una competizione competitiva».

Come avverrà dunque questo rinnovamento? Non attraverso il congresso regionale. Almeno secondo il messaggio del commissario Stefano Graziano in risposta alla richiesta esplicita di assise da parte di Luigi Guglielmelli. «Si faccia se non serve a dividere» che vuol dire “per il momento non se ne parla”.

 

Abbastanza per capire la difficile situazione in cui è venuto a trovarsi Mario Oliverio, fatto bersaglio delle critiche di praticamente tutte le altre aree del partito. Dai franceschiani, all’ex area renzi (poco rappresentata a Lamezia) fino ai diversamente zingarettiani Bruno Censore e Carlo Guccione, si sono levate critiche nei confronti della gestione Oliverio, con la richiesta, per così dire, di “un passo di lato” del governatore.

 

Tra i più critici anche Mimmo Bevacqua e Franco Iacucci, ma tutte le anime del Pd calabrese hanno segnalato il rischio che la candidatura bis di Oliverio potrebbe dividere in maniera irreparabile il partito.

In questo quadro, però, il governatore non arretra di un passo ed è pronto ad esercitare la facoltà che gli concede lo statuto del partito e cioè da uscente di ripresentare la propria candidatura quantomeno alle primarie se dovesse essere individuato un avversario.

La situazione, insomma, è assai complessa. Da qui il “dire e non dire” di Orlando che tuttavia porterà a Roma il bagaglio di informazioni raccolte prima che vengono assunte le decisioni sulla periferica e belligerante Calabria.

Giornalista
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