Lamezia Terme è una città in continua tensione, dove un patrimonio inestimabile di potenzialità ancora inespresse fa il paio con un recente passato caratterizzato da una lunga stagione di difficoltà sul piano amministrativo e politico. La principale porta d'ingresso della Calabria, la cui forza motrice è rappresentata da un piattaforma logistica che unisce, nell'arco di pochi chilometri, l'unico aeroporto internazionale della regione, la stazione ferroviaria, l'accesso autostradale e gli innesti di due strade ad alta percorrenza come la statale 18 e la statale 280 che attraversano la costa tirrenica da Napoli a Reggio Calabria, è alle perenne attesa di un futuro radioso fatto di sviluppo e crescita e di una gestione della Cosa pubblica rispondente alla voglia di riscatto dei suoi cittadini. Lo scalo lametino negli ultimi tempi ha registrato una crescita del +22,5%, raggiungendo i 2,7 milioni di passeggeri e posizionandosi al 12° posto tra gli scali europei. Numeri importanti che tuttavia non si traducono in ondate di turisti, i quali puntualmente sono attratti verso altre destinazioni.

Il ballottaggio Lo Moro-Murone e il futuro di Lamezia

Sulla capacità di "trattenere" in città i viaggiatori offrendo loro condizioni vantaggiose oltre che una gamma di opportunità da poter esperire e dei collegamenti veloci che ancora mancano, si è discusso molto nella campagna elettorale che vede contrapporsi il centrosinistra guidato da Doris Lo Moro e il centrodestra con il candidato sindaco Mario Murone.

Per riuscire nell'intento Lamezia deve fare i conti con le proprie vocazioni, riconoscerle e valorizzarle. La grande vivacità a livello commerciale che passa dall'area industriale fino alle tantissime attività commerciali presenti in città e nel comprensorio, rappresenta certamente un punto di forza ma non è l'unico. Nella Piana che dalle pendici del Reventino si estende fino ai tramonti del mar Tirreno, l'agricoltura e le attività florovivaistiche, svolgono un ruolo centrale nell'economia cittadina. Dall'olio extravergine "Lametia" realizzato con la famosa varietà delle carolee, le olive che crescono esclusivamente nei comuni della Piana, ai vini con la denominazione Lamezia doc, fino alle decine di aziende, per lo più a conduzione familiare, impegnate nella coltivazione di ortaggi e nei vivai dove si produce il 90% delle piante di agrumi certificati da impianto. Lamezia è inoltre la città del pane, con un'antica tradizione ricca di suggestioni.

Le contraddizioni tra Stelle Michelin, cultura e criminalità

Negli ultimi anni gli chef Luigi Lepore e Luca Abbruzzino hanno conquistato le ambitissime stelle Michelin affermando Lamezia come tappa irrinunciabile per gli amanti della cucina stellata. Senza dimenticare le grandi ricchezze dal punto di vista storico e naturalistico: il castello Normanno e i vicoli di San Teodoro; il quartiere oggi conosciuto come Timpone che fu Giudecca, la sorgente termale Caronte meta privilegiata per diversi imperatori, fino alla Zagarona il quartiere che custodisce in tutta la sua autenticità la tradizione arbereshe. A ciò si aggiunge un patrimonio culturale immateriale protagonista negli anni di iniziative di primo piano in ambito culturale oltre a una forte presenza del Terzo settore che riveste un ruolo centrale nella società lametina.


Un quadro economico e sociale che troppo spesso negli ultimi 30 anni si è scontrato con la presenza invasiva della 'ndrangheta. Lamezia, infatti, è epicentro di investimenti ma anche di potenti infiltrazioni della criminalità organizzata. La città detiene il record (tra i centri con più di 50mila abitanti) di tre scioglimenti: 1991, 2002 e 2017. I tre scioglimenti sono entrati a pieno titolo nel racconto storico della città e l'analisi degli accadimenti che li hanno determinati evidenzia tutte le difficoltà delle amministrazioni pubbliche nel arginare il fenomeno mafioso.

Il record di scioglimenti per infiltrazione mafiosa

Il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose si abbatte per la prima volta sul consiglio comunale di Lamezia nel 1991. Alla guida del Comune il democristiano Franco Anastasio. Appena 20 giorni prima della sua elezione, durante la campagna elettorale, la comunità cittadina viene scossa da un colpo ferale: il duplice omicidio dei netturbini Francesco Tramonte e Pasquale Cristiano. Due lavoratori innocenti freddati dalle cosche mentre erano impegnati nella raccolta di rifiuti urbani: un messaggio intimidatorio rivolto alla gestione degli appalti da parte delle consorterie mafiose. Un duplice omicidio che ancora invoca giustizia.

L'anno successivo, il 4 gennaio 1992, un altro episodio criminale sarà condannato a segnare nuovamente la comunità di Lamezia: l'omicidio del Sovraintendente di Polizia Salvatore Aversa e di sua moglie Lucia Precenzano che si è consumato alle ore 18 e in pieno centro città. Nel 1993, dopo due anni di commissariamento per infiltrazione mafiosa, Doris Lo Moro viene eletta sindaco e rimarrà in carica per due mandati, fino al 2001, guidando Giunte di centrosinistra. Il secondo scioglimento arriva nel 2002. A guidare l’ente era una coalizione di centrodestra con a capo Pasqualino Scaramuzzino. Allora le motivazioni parlarono di “consiglieri comunali legati a rapporti di parentela con persone appartenenti alla ‘ndrangheta”. Nel 2005 viene eletto sindaco Gianni Speranza, con una coalizione di centrosinistra che, rieletto per la seconda volta, guiderà Lamezia per dieci anni.

L’incubo scioglimento torna con la giunta targata Paolo Mascaro, eletto nel 2015. Dopo appena due anni e a seguito della inchiesta della Dda di Catanzaro nota come "Crisalide", il comune sarà condannato per la terza volta all'onta dello scioglimento. Sarà poi il Tar del Lazio ad accogliere il ricorso del sindaco, annullando lo scioglimento che verrà però confermato in sede di Consiglio di Stato. Circostanze che non hanno impedito a Mascaro di ricandidarsi nella prima finestra utile fino ad arrivare al novembre 2019 quando riconquisterà la fascia tricolore imponendosi al ballottaggio con oltre il 60% dei consensi.