Elezioni Catanzaro

Le ragioni della sconfitta di Donato: identità politica annacquata e comunicazione sbagliata

Oggi a far festa con il neo sindaco Fiorita ci sono il Pd, Talerico e Tallini. Il professore di matrice marxista che aveva messo insieme tutti si è fidato troppo di alcuni alleati ma è stato vittima anche della scelta di mettere da parte la sua natura di raffinato intellettuale

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di Danilo Colacino
27 giugno 2022
12:06
Valerio Donato
Valerio Donato

L’esito del ballottaggio di ieri a Catanzaro ha offerto l’ennesima riprova di un fatto arcinoto: la città dei Tre Colli mai ha amato le coalizioni troppo larghe. O, se si preferisce, allargate a dismisura con l’unico obiettivo di vincere le elezioni. Le compagini miste, insomma. Costituite apposta per consentire la creazione di un sodalizio innaturale fra sinistra, destra e centro. Tenute insieme, in un’unione incestuosa appunto, solo per prevalere. Basti pensare a come da quando è in vigore la legge che prevede l’elezione diretta del sindaco, oltre all’ultimo grande sconfitto di circa 12 ore fa alla guida di Rinascita Valerio Donato (probabilmente affondato dai suoi stessi compagni di viaggio e malconsigliato su tante scelte come ad esempio tentare di farlo apparire gioviale a ogni costo quando le doti da valorizzare sarebbero semmai state ben altre), a pagare pegno siano stati prima Franco Cimino nel 2006 alla testa della Nuova Alleanza e poi Enzo Ciconte a capo de La Città Cresce. Rispetto a quest’ultimo, però, va detto che aveva poche forze in… squadra riconducibili al centrodestra tradizionale, ma contava su varie liste piene di ex esponenti locali di spicco di quel fronte: Sergio Costanzo, Jonny Corsi, Eugenio Riccio, Rosario Lostumbo, Giulio Elia, Mario Camerino e così via.

 La vittoria di Tallini e Talerico

Se 16 anni fa Michele Traversa e Wanda Ferro, rappresentanti di primo piano della destra catanzarese, non fecero mistero di aver appoggiato il socialista Rosario Olivo contro il citato Cimino, stavolta - malgrado le dichiarazioni ufficiali improntate al disimpegno in vista del secondo turno - c’è un Mimmo Tallini che può fare altrettanto considerato il suo appoggio a Nicola Fiorita che però, in perfetto stile talliniano, verrà magari smentito o comunque mai confermato. La realtà tuttavia è che la storia si è ripetuta, soltanto che adesso a perdere sono stati Ferro e Traversa pro “compagno Valerio” così come furono pro “compagno Rosario” a metà anni 2000 mentre a vincere, accanto all’immarcescibile Tallini (nel 2006 curiosamente invece sconfitto con la Nuova Alleanza), è stato Antonello Talerico. Che dall’unione inossidabile con Tallini ci ha quantomeno guadagnato una sottile vendetta(?) nei confronti del leader calabrese di Forza Italia Giuseppe Mangialavori. Uomo che entrambi amano quanto si può amare una boccata di fumo presa negli occhi all’improvviso.  


Le scelte di Polimeni

Il giovane presidente del consiglio comunale ormai di fatto uscito, più che uscente, Marco Polimeni aveva tuonato esattamente lunedì scorso in uno degli ultimi incontri con gli elettori: «Se domenica vince Fiorita è come dar corso a un sovvertimento della volontà popolare. La maggioranza in aula è infatti già nostra in virtù del voto (essendo stata superata la soglia del 50% più uno dei voti validi espressi al primo turno dal gruppo a sostegno di Donato, ndr) dello scorso 12 giugno, come potremmo dunque sostenere la linea politica del sindaco dello schieramento opposto?». Logico, quindi, chiedersi se quando sarà il momento di votare il bilancio, atto tecnico-politico per antonomasia di un’Amministrazione, lo stesso Polimeni e gli altri rappresentanti di Rinascita daranno il benservito a Fiorita, così autosgambettandosi però. Difficile, se non impossibile, considerato come con il “tasso di disoccupazione” che alberga nel civico consesso (fra gli eletti ci sono quanti, nient'affatto pochi, non lavorano o hanno occupazioni del tutto precarie) sarebbe impensabile rinunciare a uno stipendio da più o meno 2mila euro al mese per 5 anni per assecondare un ideale. Ma gli osservatori potranno sempre essere smentiti dal forfait dei consiglieri donatiani.

Il flop degli esperti donatiani e il successo del Pd

Lo si è detto in premessa e lo si ribadisce, chi ha pensato di far apparire Donato come un simpaticone ha toppato. Gli spin doctor hanno provato a farlo girare per “vie e mercati”, facendogli chiudere la campagna elettorale con un flop di un siparietto che non ne ha certo esaltato le qualità di raffinato intellettuale. Che il prof è e resta, a prescindere da qualunque considerazione. Ma non gli ha reso un gran servigio chi ad esempio venerdì sera lo ha messo su un palco a fare battute, se non grevi quantomeno di dubbio gusto, su diritto reale e penale. Un'idea assurda quasi quanto mettere qualcuno di 120 chili a fare il ginnasta. Detto ciò, va di contro esaltato il ruolo del Pd e dei suoi dirigenti territoriali che a dispetto di una vulgata negativa hanno lavorato senza sosta per riportare il loro partito, peraltromai stato in maggioranza da quando si chiama così a Palazzo De Nobili, ai vertici cittadini. Un po’ come “espugnare Stalingrado” o "clamoroso a Catanzaro", come ribadito per tre volte in diretta tv da Enrico Mentana. Che ha citato il caso del capoluogo a più riprese. Ma tornando ai Dem ora non possono non avanzare una candidatura importante. Forse per la presidenza del consesso, sempre però come dicono i soliti ben informati Talerico permettendo.    

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