Il caso politico

Mangialavori e il mistero dei fondi sottratti al Vibonese: «Nessuno sgarbo, il vero problema è che i sindaci non sono pronti»

Il deputato nega strappi con la Regione («i miei rapporti con Roberto sono ottimi») e chiama in causa gli amministratori locali. La Cittadella: percorso concordato con il Mit e il parlamentare. Dubbi di Alecci sulla scelta dei nuovi comuni da finanziare. Tutti hanno saldi legami con il centrodestra 

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di Massimo Clausi
4 gennaio 2024
19:55

«I miei rapporti con la Regione? Mi viene da ridere. Le dico che i miei rapporti con Roberto sono ottimi e sempre improntati ad uno spirito di massima collaborazione». Il deputato di Forza Italia, nonché presidente della commissione Bilancio, Giuseppe Mangialavori, getta acqua sul fuoco della polemica divampata sui fondi destinati ai comuni del Vibonese. Stiamo parlando di fondi statali, 36 milioni di euro, stanziati a favore di 50 comuni grazie ad un emendamento inserito in finanziaria a firma proprio di Mangialavori.

I fondi erano stati divisi in tre annualità (2023, 2024, 2025) da dodici milioni ciascuna. Poi la rimodulazione effettuata dalla giunta che ha inserito altri comuni nell’elenco dei beneficiari. Quanto basta per gridare allo sgarbo nei confronti del parlamentare che aveva presentato in conferenza stampa con grande enfasi la misura. Un'idea, questa dello strappo, rafforzata dalle recenti dimissioni dello stesso Mangialavori dal ruolo di coordinatore regionale degli Azzurri e dall’assenza dello stesso parlamentare dalla convention di luglio del partito che aveva visto come ospite d’eccezione il vicepremier Antonio Tajani.


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Casualità, dice oggi Mangialavori. «Ma quale sgarbo… la rimodulazione non è stata fatta su impulso della giunta regionale, bensì del Mit, ministero competente, che aveva appunto chiesto di allargare i benefici ad altre province della regione. Per questo sono stati inseriti comuni del Cosentino e del Reggino». Un’operazione simile però non può essere a costo zero. Ma Mangialavori assicura che non c’è stato alcun definanziamento. «I fondi sono stati rimodulati per una percentuale irrisoria, stiamo parlando di tre milioni di euro, che sono stati recuperati tagliando un po’ di risorse a chi aveva avuto qualcosa in più. L’impianto complessivo dell’operazione però rimane invariato». Resta il problema di quei Comuni che avevano avviato procedure di gara basandosi sulle vecchie dotazioni. Anche qui il deputato forzista dà la sua versione. «Guardi che il problema è esattamente il contrario - dice -. Come ricorderà io i primi di dicembre avevo sollecitato i sindaci ad andare a sottoscrivere gli accordi di programma presso il Ministero almeno per i fondi della prima annualità. A quanto mi risulta ancora non l’ha fatto nessuno. Il problema allora è sfruttare questi fondi; dopo che in Parlamento abbiamo lavorato tanto per ottenerli sarebbe un peccato perderli». 

Anche la giunta regionale prova a smorzare le polemiche e, in una nota, precisa che «il percorso seguito dalla Giunta regionale per l’assegnazione dei fondi non ha avuto alcun intoppo, è stato concordato in ogni fase con il Ministero per le Infrastrutture, ed ha visto sempre la piena intesa con il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Giuseppe Mangialavori». Peraltro, secondo la Cittadella regionale, la linea seguita è stata quella di «un modesto ampliamento della platea dei beneficiari, senza con ciò alterare l’approccio generale con cui era stato destinato il finanziamento».

Tutto chiarito? Fino a un certo punto. Resta da capire ad esempio come mai il Ministero abbia decretato lo stanziamento dei fondi e poi abbia chiesto una rimodulazione qualche mese dopo. Operazione quanto meno irrituale.

Poi c’è il dato politico. In base a quali criteri sono stati inseriti i sette nuovi comuni? Nella delibera di giunta si parla di criteri legati alla «vocazione turistica e la fragilità sotto il profilo sociale e infrastrutturale». Il problema è che seguendo questo criterio i Comuni che avrebbero potuto beneficiare del contributo sono molto più di sette.

Alecci: «Mi chiedo come siano stati scelti i nuovi comuni da finanziare»

«È il solito modo di procedere di questa giunta – dice il consigliere regionale del Pd, Ernesto Alecci – in altre occasioni, in consiglio regionale, avevo denunciato questo modo di erogare finanziamenti ai comuni senza nessun criterio oggettivo e trasparenza. Nel caso in specie mi chiedo, e chiedo alla giunta, se sia stato fatto un avviso pubblico o una manifestazione di interesse per garantire a tutti i sindaci, al di là del colore politico, di poter accedere ai fondi. Perché fra i beneficiari c’è Locri e non Soverato? Gagliato e non Badolato? Quali sono i criteri seguiti? In Calabria comuni a vocazione turistica e di grande fragilità socio-economica ce ne sono diversi. Allora dico che la delibera di giunta è un atto molto grave perché comunque penalizza Vibo che è un territorio già molto fragile di suo. Ci saremo aspettati quindi una rimodulazione verso l’alto, peccato che venga fatta in difetto. In ultimo e non da ultimo segnalo la grave perdita di tempo che può arrecare questo provvedimento ai Comuni che avevano già avviato le procedure e che ora devono ripartire da capo».

Dubbi che hanno un loro fondamento. Ai più maliziosi, difatti, non è sfuggito come i Comuni beneficiari abbiano tutti un saldo legame con il centrodestra. Locri, ad esempio, è la città dell’assessore regionale Giovanni Calabrese; San Giovanni in Fiore è guidata da Rosaria Succurro che è anche presidente (di centrodestra) della Provincia di Cosenza; il sindaco di Cirò è anche presidente (di centrodestra) della Provincia di Crotone; Rosarno è la città del deputato forzista Giovanni Arruzzolo. Un caso oppure il colore politico ha guidato le scelte della giunta regionale?

Giornalista
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