Mes, domani Conte può farcela: i frondisti si sfrondano. E in Calabria…

In programma un voto decisivo sulle sorti del Governo. Il dissenso rientra e i senatori ribelli del M5S capitanati da Nicola Morra rimangono con un pugno di mosche

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di Alessia Bausone
8 dicembre 2020
14:45
Giuseppe Conte
Giuseppe Conte

A poco più di un anno dalla sua formazione, il Governo Conte bis affronta il primo vero grande ostacolo. Non più le bizze di un’Italia Viva in cerca di spazi, ma una resa dei conti all’interno del Movimento 5 Stelle, azionista di maggioranza relativa del Governo. Protagonista di questa fibrillazione sono i senatori calabresi, con il Presidente dell’Antimafia Nicola Morra nuovamente in campo nel metterci il “carico da 90” contro l’esecutivo.
L’ex senatore grillino (ed ex competitor di Morra per la massima poltrona parlamentare antimafia) Mario Giarrusso ha definito la giornata di domani: «un mercoledì da leoni». Dalle 16 in poi la 280esima seduta pubblica di Palazzo Madama esprimerà un voto a seguito delle comunicazioni del presidente del Consiglio dei Ministri in vista del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2020.

Su cosa si vota

Il Senato, quindi, domani dovrà approvare o respingere le comunicazioni di Giuseppe Conte che nel suo intervento spiegherà come nella seduta del Consiglio europeo il Governo italiano approverà la riforma del “Meccanismo Europeo di Stabilità”. Una riforma in discussione dal 2018 che prevede un Fondo di risoluzione unico per aiutare le banche europee più in difficoltà, finanziato dalle stesse banche europee con una disponibilità da 55 miliardi di euro, e l’obbligo per un paese che chiede aiuto al Mes di emettere particolari titoli di stato (chiamati “single limb CAC”) che permetterà ai creditori una “ristrutturazione” del debito, cioè una sua riduzione, tramite un solo voto, invece che con le procedure più complesse delle altre tipologie di titoli di stato.
Nell’Eurosummit del prossimo 11 dicembre il Presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe (ministro per le finanze dell’Irlanda) presenterà un report sui progressi dell’Unione bancaria. Il suo rapporto si basa sul report con cui i ministri delle finanze dell’Ue il 30 novembre hanno deciso di procedere con la riforma del Mes: firmare il trattato Mes rivisto e promuoverne la ratifica. In tale occasione ministri Ue avevano anche convenuto sulla rapida introduzione del sostegno comune entro l'inizio del 2022, due anni prima del programma originale.


La spiegazione di Di Maio

A far chiarezza è intervenuto anche il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che con un post su Facebook ha affermato: «Mercoledì 9 dicembre il Parlamento NON voterà sull’accesso al Mes, ma voterà una risoluzione, un indirizzo da consegnare al Presidente del Consiglio. La riforma del Mes NON c’entra nulla con l’attivazione del Mes. Il Mes è attivabile sempre, anche ora, al di là della riforma. Chi dice il contrario, vi sta mentendo. Con il M5S al Governo NESSUN tipo di MES entrerà mai in Italia, perchè lo consideriamo uno strumento inadeguato, un prestito al buio. Chi sta provando a dividerci su questo tema, agisce con l’intento di far cadere Conte e il Governo per mettere le mani sui miliardi del recovery fund. Noi ovviamente non glielo permetteremo».

Il pallottoliere del Senato

Per il voto di domani è prevista la maggioranza relativa e non la maggioranza assoluta dei voti in Senato (fissata a 161). Da questa legislatura, inoltre, è cambiato il “conteggio” delle astensioni al voto. Come alla Camera, chi si astiene non verrà conteggiato, mentre prima gli astenuti si sommavano ai voti negativi. Certo, erano anni che non si tirava fuori il pallottoliere al Senato, dai tempi del Governo Prodi II nel 2008 (dove divennero famosi i vari Rossi, Turigliatto, Scilipoti e Razzi) e a quelli del quarto Governo Berlusconi nel famoso voto di sfiducia del dicembre 2010.
La maggioranza in Senato oggi è composta da 35 senatori del Pd, 92 del M5S, 18 di Italia Viva, 8 delle Autonomie e 15 del misto che di solito votano con la maggioranza, oltre ai 4 senatori a vita (Mario Monti ed Elena Cattaneo, oltre a Liliana Segre e Giorgio Napolitano). L’opposizione conta 54 senatori di Forza Italia, 63 della Lega, 18 di Fdi e 14 del misto che votano solitamente contro il Governo.

I senatori calabresi del M5S annunciano voto contrario

Lo scorso 2 dicembre vari parlamentari del M5S scrissero una lettera al capo politico Vito Crimi con oggetto: “Risoluzione sulla Riforma del MES del prossimo 9 dicembre 2020” in cui annunciavano guerra alla riforma. 16 erano i senatori “ribelli” o “frondisti”, così come definiti nella vulgata giornalistica e politica interna. Di questi, 4 sono calabresi: Nicola Morra, Rosa Silvana Abate e Margherita Corrado e Bianca Laura Granato. Se le prime due sono etichettate abitualmente come “morriane”, la Granato ha aderito alla Agenda2030 di Alessandro Di Battista, insieme ad altre firmatarie della lettera a Crimi, come Luisa Angrisani e l’ex ministra Barbara Lezzi.


Per la senatrice catanzarese, in un lungo post di due giorni fa sulla sua pagina Facebook titolato “nè frondisti nè dissidenti, solo responsabili e coerenti a difesa del futuro del nostro paese” spiega come «la lettera lettera sottoscritta da senatori e deputati notoriamente vicini al governo e anche dentro il governo (è il caso dei sottosegretari Villarosa e Tofalo) è stata un atto dovuto a fronte di un impegno assunto dal ministro Gualtieri IN SPREGIO A BEN DUE RISOLUZIONI votate in Parlamento» – «Chi mescola le carte tra voto alla risoluzione (il 9 dicembre ) e ratifica (il 27 gennaio) dovrebbe ricordare l’episodio manzoniano della Monaca di Monza che dopo la promessa non potè più ritornare indietro e “fu monaca per sempre”» annunciando il suo voto negativo in Senato. Le fece eco la crotonese Margherita Corrado su Facebook condividendo il post con la didascalia «Condivido la posizione espressa dalla collega sen. Granato, il che rende superfluo che io scriva a mia volta».

Lo zampino di Morra per destabilizzare il Governo

Nicola Morra è il ministro mancato per eccellenza del Governo Conte bis. In una celebre intervista ad Enrico Mentana su la7 del 3 settembre 2019 parlava praticamente già da ministro, suscitando l’ilarità dell’ironico conduttore. Nonostante la stampa lo desse per certo, gli si preferì Lorenzo Fioramonti. Nel dicembre dello stesso anno, quando quest’ultimo venne sostituito, nuovamente si annunciò come predestinato al dicastero dell’Istruzione il senatore cosentino. Nulla di fatto anche in quel caso. Da allora, è evidente, deve averla giurata attendendo il momento giusto per tornare “protagonista”.
Ecco che di recente il riflettore di Nicola Morra si è acceso in quanto fomentatore dell’azione di destabilizzazione contro il “suo” Governo. Dalla mancata nomina di Gino Strada a commissario straordinario della Calabria, alla presunta “gaffe” sull’ex presidente Jole Santelli, fino al voto di domani, ogni occasione è stata buona per far ardere le fiamme del dissenso interno.
Morra, in un video sulla sua pagina Facebook ha dichiarato: «Questa risoluzione asseconda soprattutto il volere soprattutto di qualcuno, penso al ministro Gualtieri, che in barba a quanto stato detto in sede di Commissioni, ha deciso di sposare una linea che non era quella della maggioranza governativa e non era quella del M5S. Se Gualtieri e chi per lui. Ho letto dichiarazioni di Vito Crimi secondo cui non si poteva non dare a Gualtieri il placet da parte del Movimento e lui da facente funzioni del capo politico non si poteva dare fiducia a Gualtieri sottoscrivendo l’accordo che secondo alcuni di noi contiene qualche inadempienza rispetto... A mio avviso tra il professor Gualtieri, ministro per l’economia e le finanze e i cittadini che ci hanno votato non dobbiamo avere dubbi su chi ascoltare. Dissento dal nostro capo politico facente funzioni» chiedendo un voto su Rousseau.

I frondisti sfrondati

E se Barbara Lezzi ammette che si è trovata una mediazione interna o “punto di caduta” all’interno del M5S, la realtà è che il Governo non sarebbe comunque caduto, con un drappello di “responsabili” che avevano già annunciato voto favorevole. L’annunciato soccorso al Governo è provenuto dal Governatore della Liguria Giovanni Toti, il cui gruppo, “Cambiamo!”, vanta tre senatori (Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Berrutti). Anche tre senatori Udc, Paola Binetti, Antonio De Poli e Antonio Sacconi hanno annunciato il loro sì in nome «delle comuni radici europeiste e popolari», chiedendo con una lettera aperta a Forza Italia (firmata anche dal segretario nazionale Lorenzo Cesa) di votare anch’essi a favore.
Positivo anche il voto di Azione-Più Europa con Emma Bonino e Matteo Richetti, oltre che dell’ex grillino Gregorio De Falco, oltre che della senatrice Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella.
E se il Vice-Presidente di Forza Italia Antonio ha dichiarato: «Le espulsioni non rientrano nella cultura liberale di Forza Italia, le lasciamo ai grillini», «il voto in dissenso, se motivato, è sempre possibile», il senatore forzista Andrea Cangini si è detto pronto a votare Sì (solo se il suo voto non sarà decisivo). Difficilmente, inoltre, si potrà vedere domani il voto contrario del “figlioccio” di Tajani, il senatore calabrese Marco Siclari, che lo scorso ottobre aveva aderito all’intergruppo parlamentare "Mes subito".
Insomma, numeri alla mano, tra defezioni e distinguo interni ai senatori grillini “ribelli“, il dissenso probabilmente rientrerà in quanto i frondisti si sono sfrondati, con buona pace di Nicola Morra.

Giornalista
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