Politiche 2022

Movimento 5 stelle: stop a Dieni e Parentela, gli altri uscenti a caccia di una rielezione quasi impossibile

Conte ha chiamato i due deputati per comunicare la decisione. Restano in pista gli altri parlamentari. Ma i posti utili sono pochissimi (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pietro Bellantoni
30 luglio 2022
16:00
Federica Dieni e Paolo Parentela
Federica Dieni e Paolo Parentela

Conte ha chiamato pure Federica Dieni e Paolo Parentela, i deputati calabresi che non saranno più ricandidati al Parlamento, almeno non nelle liste del M5S. Due telefonate in cui l'ex premier ha espresso tutto il suo dispiacere per come sono andate le cose, non senza chiedere ai suoi interlocutori un aiuto per la campagna elettorale.

Si chiude così l'esperienza istituzionale con i 5s della reggina Dieni e del catanzarese Parentela, eletti per la prima volta alla Camera nel 2013.


Conte si è in qualche modo giustificato con entrambi e ha spiegato i motivi che lo hanno spinto – o forse costretto – a mantenere la regola dei due mandati senza concedere alcuna deroga.

La Linea Di Grillo

Nel partito stellato è passata la linea del fondatore Beppe Grillo, che sul punto aveva indirettamente posto una sorta di fiducia, pena il suo probabile addio al Movimento e, scenario da incubo per Conte, il ritiro del simbolo.

Al capo politico non è così rimasto altro da fare che chiamare personalmente tutti i veterani esclusi per poi annunciare sui social la decisione: «Il mio pensiero è oggi rivolto a tutti coloro che nel corso dei due mandati hanno lottato contro tutto e tutti per vincere le battaglie del M5S. Stanno compiendo una rivoluzione che nessuna forza politica ha mai avuto il coraggio neppure di pensare».

I Trombati

La lista dei trombati è lunghissima e include alcuni dei volti più rappresentativi del Movimento: il presidente della Camera, Roberto Fico, i ministri Fabiana Dadone e Federico D'Incà (che ha appena lasciato il partito), la pasionaria Paola Taverna, l'ex guardasigilli Alfonso Bonafede; e ancora Carlo Sibilia, Danilo Toninelli, Vito Crimi.

In tutto sono circa 90 i parlamentari che non potranno aspirare a un terzo giro di giostra. Ma, com'è naturale, la tragedia politica di alcuni corrisponde a una rinnovata speranza per altri. Il no al terzo mandato, inevitabilmente, libera spazi in lista per tutti gli uscenti che stanno per concludere la prima legislatura.

I 7 Rimasti In Calabria

In Calabria sono sette: Massimo Misiti, Anna Laura Orrico, Riccardo Tucci, Giuseppe Auddino, Elisa Scutellà, Elisabetta Barbuto e Alessandro Melicchio. I sondaggi, però, sono tutt'altro che incoraggianti e dicono che molti sopravvissuti alle varie diaspore e alla tagliola del doppio mandato rimarranno comunque a casa.

L'ultima rilevazione di Nando Pagnoncelli per Ipsos, pubblicata oggi dal Corriere della Sera, colloca il Movimento all'11,3% – dietro a Fdi (23,3%), Pd (23,2%) e Lega (13,5%) –, con Conte che arretra al sesto posto nella classifica – da lui a lungo guidata – dei leader più apprezzati.

«Tutti gli uscenti calabresi – spiega un parlamentare 5s – saranno ricandidati. Il problema è il posizionamento in lista». Qui sta il punto: il Movimento, finita l'alleanza con il Pd, non ha la forza per conquistare nemmeno uno dei sette collegi uninominali della regione.

Le chance di rielezione sono legate esclusivamente ai seggi proporzionali per Camera e Senato. Chi avrà la fortuna o il merito di occupare la prima posizione in uno dei due listini potrà coltivare a buon diritto il sogno di tornare in Parlamento. Per tutti gli altri saranno dolori.

Altre Vittime

Il favorito per un bis è Massimo Misiti, di recente scelto da Conte come referente regionale. Per il medico cosentino potrebbe anche scattare la doppia candidatura: in un collegio maggioritario e al primo posto nel listino della Camera.

Di certo non c'è ancora nulla, perché Conte non ha ancora chiarito se la formazione delle liste passerà dalle Parlamentarie, il voto online che in passato ha permesso agli iscritti di scegliere i propri candidati.

Altra questione importante è quella che riguarda il simbolo. «La gente – dice un deputato calabrese – ci chiede con insistenza di metterci il nome di Conte». Forse una soluzione per tentare di arginare un'emorragia di consensi destinata a fare altre vittime illustri. Soprattutto in Calabria.       

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