L’analisi

Calabria centrale negli equilibri del centrodestra (e non solo): ecco perché Occhiuto dovrebbe candidarsi alle Europee

Gli scenari nazionali e internazionali offrono un suggerimento politico chiaro al governatore: un successo aprirebbe scenari inediti per la seconda parte della legislatura. Straordinaria occasione per la Meloni. In forti difficoltà il Pd, Lega al bivio

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di Massimo Tigani Sava
25 febbraio 2024
16:45
l governatore Roberto Occhiuto
l governatore Roberto Occhiuto

Nella prossima tornata per il rinnovo del Parlamento Ue, la Calabria risponderà più che mai ai contesti nazionali e sovranazionali, mentre le dinamiche regionali rimarranno sottotraccia. La politica italiana, molto più di quella di altri Paesi limitrofi, è condizionata fortemente da alcuni fattori internazionali che sono imprescindibili e decisivi. Li elenchiamo in modo schematico:

  • L'evoluzione della situazione negli Stati Uniti (in troppi dimenticano, per mancati o deboli approfondimenti di storia contemporanea, che l'Italia venne drammaticamente sconfitta durante la Seconda Guerra mondiale ed accettò condizioni di pace che le affidavano un ruolo secondario). All'Italia la pace venne imposta, ancorandola a cardini ancora oggi ben saldi;
  • L'Europa Unita che poggia sul prevalente asse franco-tedesco. Un asse che ancora conta molto e che in vista delle prossime elezioni europee non può consentirsi il lusso di vedere trionfare forze estreme contrassegnate da eccessi di sovranismo se non, addirittura, di filo-putinismo o di filo-Brics; 
  • La crisi mediorientale, più di quella ucraina, ha spiegato in maniera ancora più chiara come l'Italia sia una portaerei occidentale posta al centro del Mediterraneo, con valenza assolutamente strategica.

Il ruolo di Occhiuto

Il caso vuole che la Calabria, considerata la presenza del governatore Roberto Occhiuto, entrato in queste ore in quel gruppo ristretto che ha l'ambizione di rinnovare la centralità moderata berlusconiana, sia uno dei bacini elettorali potenzialmente più importanti per Forza Italia. Ma non solo. Se si leggono con attenzione le parole pronunciate da Roberto Occhiuto nel corso della convention azzurra, si comprenderà come la Calabria potrebbe essere chiamata a svolgere un ruolo di coordinamento, se non addirittura di traino, per un solido posizionamento neo-berlusconiano in tutto il Sud Italia. In quest'ottica la candidatura diretta dello stesso presidente Occhiuto alle elezioni europee non sarebbe soltanto possibile, ma addirittura necessaria e condivisa dai vertici del partito. E finanche nel Ppe. Se la chiamata venisse da Roma, in modo forte e caricato di significati alti, l'ex capogruppo di Fi alla Camera non avrebbe nulla da perdere, in qualsivoglia scenario.


Del resto, se si riflette con attenzione, il risultato azzurro in Calabria verrebbe comunque legato al suo ruolo, oltre che a quello di Cannizzaro, di Gallo e di altri dirigenti regionali. Occhiuto, allo stato, e sempre in caso di potente sollecitazione proveniente dalla Capitale, avrebbe più ragioni positive per candidarsi che non per rifiutare la discesa in campo. Risultato positivo? Tutti gli riconoscerebbero meriti e coraggio. Esito trionfale? Rafforzerebbe la sua leadership con obiettivi sempre più nazionali e di visibilità europea. Urne poco generose o comunque al di sotto delle aspettative? Sarebbe facile ribattere: immaginate che cosa sarebbe accaduto se non ci fossi stato io personalmente! Al contrario Occhiuto dovrebbe comunque farsi carico della battaglia elettorale, ma lasciando libere interpretazioni dopo il conteggio dei voti.

Un eventuale notevole successo di Roberto Occhiuto, sia in caso di conquista del seggio a Strasburgo sia nell'ipotesi di non elezione da attribuire però a eventuali risultati non ottimali conseguiti in altre regioni del Sud, gli consentirebbe di costruire, nella seconda parte della legislatura calabra, nuovi equilibri con possibili adesioni allo stato non immaginabili. Eccoli i movimenti carsici che pur esistono, ma che allo stato rimangono sotterranei.

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Meloni e la partita della vita

Dopo l'appuntamento decisivo delle europee, il quadro politico italiano si evolverà rapidamente. Giorgia Meloni si giocherà la partita della vita se saprà traghettare Fratelli d'Italia, senza rigurgiti novecenteschi, nell'alveo del conservatorismo europeo di stampo anglosassone, o persino nel pancione popolare post-democristiano del Ppe. I ceti sociali che stanno dando fiducia alla Meloni sono molto simili a quelli della ex Dc. Attorno a Forza Italia, se dalle urne uscirà una percentuale significativa (e quindi ritorniamo alla necessità che i più attrezzati e accreditati scendano in campo), potranno aggregarsi frange, movimenti o partitini centristi che altrimenti vedrebbero il proprio elettorato presto calamitato da un gigante meloniano impegnato nel dare stabilità all'Europa e a ribadire senza indugi la linea atlantista. È solo questione di tempi: più la Meloni accelererà sul posizionamento filo Usa e filo Francia-Germania, meno spazio politico ci sarà per altri moderati.

In casa Lega

Più difficile la situazione della Lega con un Matteo Salvini che, allo stato, non ha corretto una deriva percepita come di destra-destra. Nei giorni scorsi si è fatta sentire, a tal proposito, la voce di Umberto Bossi che ha richiamato la Lega alla sua natura fondante di partito dei territori, pragmatico e non ideologico, libero nell'agire anche sul fronte delle alleanze da valutare nella loro valenza tattica più che strategica. L'alfiere di questa posizione, radicata nei rispettivi territori e con struttura federata, è Luca Zaia con il suo Veneto dei record economici e sociali. Salvini potrebbe uscire dall'angolo con una “mossa del cavallo”: accantonare in modo radicale la deriva di destra e riposizionarsi con un movimento federato dei territori a trazione riformatrice e post-ideologica.

Pd in difficoltà

Mutatis mutandis, grandi difficoltà anche per il Pd che non è un partito socialista-laburista, non è un contenitore democratico di stampo kennedyano così come lo aveva immaginato Veltroni, non è il perno di una vasta aggregazione cattolico-riformista di governo così come lo aveva disegnato Prodi. Il Pd appare condizionato da un'eterna lotta tra gruppi dirigenti che hanno “subito” la Schlein, temono il sorpasso a sinistra dei 5Stelle, e non hanno ancora saputo elaborare una piattaforma politico-programmatica basata su visioni e proposte concrete piuttosto che sulla consumata dimensione dell'anti. Anti-Berlusconi prima, anti-Meloni oggi. La Schlein è stata anche un po' sfortunata tra guerra in Ucraina e, soprattutto, conflitto di Gaza che la pone in una posizione molto delicata. L'esperienza insegna che nell'Italia del Terzo Millennio è stato più semplice traghettare un partito del 4% verso il 30% (Fratelli d'Italia), ma si guardi anche alle recenti fulminee esperienze dei 5Stelle e della Lega, che non risanare, rifondare e rigenerare vecchie strutture incancrenite. La voglia di novità che pervade il popolo, giusta o ingiusta che sia, è una carta che continua ad essere vincente.

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