Pd Vibo, Stumpo sul 'caso Lo Schiavo' chiede una riunione nazionale

'Non si può cacciare un capogruppo per i desiderata del potente di turno'
di Redazione
28 novembre 2015
10:40

Il deputato Brunello Censore e il segretario provinciale Michele Mirabello avevano fretta in queste settimane. Il compito dato al fido Vito Pitaro, 'reggente' del Pd a Vibo Valentia, era lo scalpo di Lo Schiavo, il capogruppo in consiglio comunale che aveva avuto l'ardire di opporsi all'egemonia censoriana (che intende imporre Enzo Insardà come nuovo segretario provinciale). Questa la motivazione che ha portato alla cacciata di Lo Schiavo, dopo una campagna di stampa durata tre mesi, necessaria per raccogliere i consensi all'interno del gruppo consiliare, anche di quelli candidati ed eletti nella lista civica che portava il nome dell'ormai ex capogruppo (Sabatino Falduto, Pasquale Contartese). Una purga, 'un capogruppo cacciato per i desiderata del potente di turno', come ha dichiarato a Lacnews24.it Nico Stumpo, ex responsabile dell'organizzazione del Pd con la segreteria Bersani, ora deputato e dirigente nazionale del partito. Un caso che, sempre secondo il deputato di Crotone, dovrà essere affrontato a livello nazionale, per rendere chiare le dinamiche che hanno portato alla sua cacciata, come già evidenziate da tutti i commentatori (tranne qualche testata che ha voluto dare spazio alle presunte critiche all'operato di Lo Schiavo, motivazioni certamente secondarie rispetto alla questione congressuale).
In sostanza, Nico Stumpo vuole portare il 'caso Lo Schiavo' al tavolo nazionale per sollevare il 'caso Vibo', dove si può stare nel Pd solo se si obbedisce ai desiderata della corrente dominante, quella censoriana ovviamente. Corrente che si rinforza grazie a un uso spregiudicato del potere politico. Prove di forza costanti che ormai impongono una riflessione nazionale, per un partito che ad oggi ancora vuole chiamarsi 'Democratico'. Perciò Stumpo ha chiesto al vicesegretario nazionale Guerini e al sottosegretario Marco Minniti una valutazione sul 'caso Lo Schiavo' e sulla situazione paradossale che si è venuta a creare nel Pd di Vibo Valentia.

La cacciata di Lo Schiavo - Era scontato che il caso Lo Schiavo arrivasse al Pd nazionale, visto come è stato gestito dagli esponenti locali del Pd. Il capogruppo di 'Pd e indipendenti' solo sei mesi fa dai maggiorenti del Pd era considerato l'unico volto nuovo presentabile contro la coalizione 'civica' di Costa. Allora in molti esaltavano pubblicamente, a mezzo stampa o via Facebook (il media oggi preferito dai politici), la figura di Lo Schiavo, che aveva accolto una sfida difficile, resa sempre più difficile dalla gestione delle alleanze da parte del duo Mirabello-Censore. Da quella coalizione rimasero fuori i Pasqua, che in Consiglio regionale sono nella maggioranza che sostiene Oliverio, l'ex sfidante di Lo Schiavo alle primarie, Pietro Giamborino (a sua volta tradito da Censore che gli aveva promesso il suo sostegno in cambio dei voti alle regionali a Mirabello), e l'area De Nisi, che da anni lotta, senza esclusione di colpi, contro la corrente legata al deputato serrese, denunciando a più riprese (anche nelle ultime settimane) brogli nel tesseramento, e autoritarismo nella gestione del partito. Una partita difficile, dall'esito scontato (la sconfitta), ma che aveva portato alla costruzione di un progetto politico, di centrosinistra, che poteva avviare un ciclo vincente (allargando il perimetro della coalizione nei prossimi appuntamenti amministrativi), intorno alla figura del notaio Antonio Lo Schiavo, eletto proprio per questo, senza iniziali discussioni, come capogruppo del Pd in Consiglio comunale.


Lo Schiavo dopo le elezioni aveva deciso però di staccarsi dalla tutela di Censore, che era stato il suo padrino politico, consapevole che i tanti 'niet' del serrese erano stati decisivi per la sconfitta. E questo è stato il passo falso che Censore e i suoi non hanno digerito, la decisione politica di Lo Schiavo (deciso a tenersi fuori dal congresso provinciale senza sostenere la, seppur apprezzabile, candidatura di Enzo Insardà alla segreteria provinciale).

Siamo in estate, e lì inizia il lavoro del fedele Vito Pitaro per convincere i consiglieri comunali a sfiduciare Lo Schiavo. Molti degli eletti rispondono direttamente a lui (Ursida, Tomaino, Massaria, ma anche Roschetti e Contartese, eletti nella lista Lo Schiavo Sindaco). Giovanni Russo, già consigliere comunale e fedelissimo di Giamborino, sposa la causa Censore (probabilmente per fare il capogruppo al posto di Lo Schiavo). L'intervento diretto di Censore e Mirabello serve per convincere Sabatino Falduto, ex assessore con D'Agostino in quota Udc, e in predicato di entrare nel Pd. Falduto non firma la prima missiva a sostegno di Insardà, imposta da Pitaro ai consiglieri per isolare Lo Schiavo (sulla questione congressuale), ma qualche settimana dopo cambia la sua posizione, e diventa decisivo (insieme ad un'altra consigliera) per la cacciata del capogruppo. L'altra consigliera a votare per la sfiducia nella serata decisiva è la Fiorillo, che risponde al segretario cittadino Stefano Soriano. Qui i discorsi si intrecciano: Soriano non è nella corrente di Censore, e anzi la combatte pubblicamente. Ma con Pitaro e i suoi ha un patto di ferro, quel patto che gli ha permesso di prendere la segreteria cittadina, poltrona che vorrebbe mantenere. E perciò ha scaricato un potenziale alleato, Lo Schiavo, invitando la Fiorillo a sfiduciarlo.



Questi i fatti, che non permettono interpretazioni di sorta, e che sono già stati portati all'attenzione dei vertici nazionali del partito da altri molto ascoltati esponenti democratici, di correnti diverse rispetto a quella di Stumpo (la sinistra del partito oggi rappresentata da Speranza).

Le accuse di Gianluca Callipo (presidente Anci giovani) e di Condello (sindaco di San Nicola da Crissa) - Il 'caso Lo Schiavo' è stato sollevato anche ieri pomeriggio a Vibo Valentia, al Valentianum, dove Stefano Soriano ospitava il senatore Verducci, 'giovane turco'. A cogliere l'occasione è stato il sindaco di Pizzo Gianluca Callipo, già sfidante di Mario Oliverio alle primarie per le regionali e oggi presidente dell'Anci Giovani, oltre che influente ed ascoltato esponente 'renziano' del partito calabrese.


Callipo ha ricordato di aver sostenuto con convinzione il progetto di Lo Schiavo, 'una valida proposta' per la città di Vibo e per rilanciare anche l'immagine del partito a livello provinciale. La sua cacciata, ha sottolineato Callipo, rappresenta l'ennesimo esempio di una gestione sbagliata del partito nella provincia di Vibo. "Dobbiamo poter dire la nostra sennò non è partito Democratico" ha concluso il sindaco di Pizzo, che oggi dovrebbe riproporre la questione durante l'assemblea regionale del Pd a Falerna, ufficialmente convocata per discutere di sanità. Lì invece Callipo, come Stumpo, solleverà il 'caso Lo Schiavo', il ''caso Pd Vibo'. Tutto ciò ovviamente è stato già anticipato al vicesegretario Guerini.


Accuse ancora più pesanti sono arrivate dal 'denisiano' sindaco di San Nicola da Crissa, Giuseppe Condello, che ha rilanciato le accuse sul tesseramento già presentate in commissione di garanzia da Giuseppe Disì.


"E' mai possibile che sia io che buona parte della mia giunta non sia tesserata? - ha dichiarato Condello - anche il vice presidente della provincia Pasquale Fera non è tesserato. Quando faccio richiesta mi viene detto che non ci sono tessere a disposizione. (...) In molti comuni vengono rilasciate poche decine di tessere a fronte di numerose richieste". Il segno che si vuole tenere sotto controllo il tesseramento per non avere sorprese. Condello a sua volta cita la cacciata di Lo Schiavo come esempio evidente di come vengono trattati gli esponenti politici non allineati alla corrente di Censore nel partito  vibonese. 

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