Resa dei conti nel Pd vibonese, De Nisi guarda a destra e ride dell’espulsione

Dopo l’accusa di aver sostenuto Mangialavori (FI), l’ex presidente della Provincia fa spallucce: «Non possono cacciarmi perché me ne sono già andato». Probabile il suo riposizionamento in vista delle regionali
di Enrico De Girolamo
27 marzo 2018
16:19
Bruno Censore e Francesco De Nisi
Bruno Censore e Francesco De Nisi

«Ridicoli. Comminano una sanzione disciplinare a me che con il Pd non ho più nulla a che fare da tempo». Francesco De Nisi, ex presidente della Provincia e nemico storico dell’ex deputato serrese Bruno Censore, scuote le spalle quasi divertito alla notizia del provvedimento promosso recentemente nei confronti suoi e di Michele Soriano dalla commissione di garanzia di quello che, a quanto pare, è ormai il suo ex partito. Sebbene non si conosca ufficialmente quale sia la sanzione inflitta, dalle stesse parole di De Nisi sembra che la "punizione" sia quella massima, cioè l’espulsione.


«Con il Pd vibonese - continua De Nisi - ho rotto ogni rapporto dall’elezione a segretario provinciale di Vincenzo Insardà (espressione dell’area censoriania, ndr), né ho rinnovato la tessera. Quindi non capisco cosa vogliano da me».
Il suo è un allontanamento che sarebbe maturato già dopo il tesseramento del 2016, «quando ci hanno annullato la maggior parte delle tessere che avevamo fatto sottoscrivere». «Dunque, da cosa mi cacciano? - si chiede - Da una cosa di cui già non faccio più parte?».
Sulla pietra dello scandalo, cioè quella foto rubata che lo ritrae mentre parla in una strada romana con Giuseppe Magialavori, oggi deputato di Forza Italia ma in quei giorni in piena campagna elettorale, la reazione dell’ex presidente della Provincia è ancora più sarcastica: «Basare un’ipotetica espulsione sul fatto che mi sia fermato a salutare un compaesano, una persona che conosco incontrata per caso a Roma, fa davvero ridere. Una cosa sulla quale non vale la pena neppure discutere».



Un provvedimento, dunque, «basato sul nulla che - rimarca - discende da motivazioni non difficili da intuire: nascondere le precise responsabilità dell’attuale gruppo dirigente del Pd al quale, invece, va addebitata per intero la débâcle del partito e di Censore».

«Analizzando i dati elettorali - continua De Nisi -, si vede infatti che Censore, deputato uscente, è stato sconfitto proprio nella sua roccaforte serrese, e altrettanto è avvenuto per il suo aspirante delfino Mirabello, consigliere regionale in carica, risultato addirittura terzo nel suo comune di Ricadi. Invece di tentare una caccia alle streghe, su questo i dirigenti del Pd si dovrebbero interrogare».

 

Ma dietro il disappunto di facciata di De Nisi, si cela la sua soddisfazione per una presa di posizione del partito che non lo danneggia affatto, anzi finisce per accreditarlo ulteriormente in uno schieramento, quello del centrodestra, nel quale ancora non milita apertamente ma che presto potrebbe accoglierlo con tutti gli onori in vista delle regionali del 2019, andando così all’incasso per il sostegno dato in campagna elettorale a Mangialavori o, quanto meno, per aver fatto ciò che gli viene meglio: la guerra a Censore.


Enrico De Girolamo

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