Renato Schifani riesce sempre a superare se stesso. Stavolta letteralmente: si è fatto proclamare Ambasciatore dell’Ambiente Sicilia 2025 in un premio organizzato dalla sua stessa Regione. Un’autocelebrazione degna di un sovrano in cerca di applausi, più che di un presidente alle prese con rifiuti, siccità e infrastrutture che cadono a pezzi.

La scena è grottesca: discorsi solenni, toni da eroe verde, mentre la Sicilia continua ad affondare tra emergenze croniche e opere mai finite. Il tutto coronato dall’assessora che gli consegna la targa come fosse un santo protettore dell’ecosistema, lui che punta tutto sui termovalorizzatori come panacea di tutti i mali.

Schifani è il simbolo perfetto di una Regione in totale confusione: la Sicilia di Sciascia, Mattarella, Falcone e Borsellino costretta a convivere con la Sicilia di Dell’Utri, Cuffaro vasa-vasa e, ora, Schifani che si auto-incorona custode dell’ambiente. Un crollo politico e morale che fotografa un’isola dove persino i premi hanno perso il senso della realtà.

Schifani è la naturale evoluzione di una carriera infinita: dalla DC al PDL al NCD al ritorno in Forza Italia, con lo stesso entusiasmo con cui si cambia la giacca, ma non lo stile. E tutto intorno, una collezione di scandali dell’assurdo: assessori cacciati all’alba, intercettazioni imbarazzanti, clientelismi a gogo, sanità a pezzi e un governo regionale che procede come una vecchia Littorina con tre ruote sgonfie.

Ma Schifani, imperturbabile, ripete il suo mantra: io non mollo. E infatti non molla mai: premi, poltrone, cerimonie, titoli onorifici. La domanda non è più quanto resisterà lui. È quanto ancora resisterà la Sicilia.