Questa volta nessun ritratto semiserio. Ma assolutamente serio. È quello di Sergio Mattarella, il volto discreto e solido dell’Italia repubblicana. Una figura silenziosa ma granitica, che da dieci anni – e con altri quattro ancora davanti – occupa il Quirinale con la sobrietà e il senso dello Stato di un vero servitore della Repubblica. Mai protagonista, ma sempre presente. Mai sopra le righe, ma sempre nel cuore degli italiani. Mattarella non ha bisogno di proclami per farsi ascoltare: bastano il suo tono pacato, la sua fermezza morale, e quella compostezza quasi antica che oggi sembra più che mai necessaria.

Nato a Palermo nel 1941, Mattarella ha vissuto sulla propria pelle le ferite più profonde della storia recente del nostro Paese. Ha visto la mafia da vicino, non nei libri o nei processi, ma nella tragedia personale della sua famiglia: suo fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, fu assassinato da Cosa Nostra nel 1980. Da allora, la legalità e la giustizia sono diventate per lui non solo una bussola etica, ma una missione civile. Anche in questo, Mattarella ha sempre scelto la via del silenzio operoso, lontano dalla retorica, ma vicinissimo alla verità.

La sua presidenza è iniziata nel 2015, in un’Italia smarrita e attraversata da tensioni politiche, economiche e istituzionali. Da allora ha assistito a tutto: alla crisi della politica tradizionale, all’ascesa e al tramonto dei populismi, alle convulsioni del Movimento 5 Stelle, agli eccessi sovranisti di Salvini, alla pandemia, alle crisi di governo a ripetizione. Eppure, in mezzo al caos, Mattarella è stato il punto fermo. Ha sempre rispettato i confini dettati dalla Costituzione, ma li ha saputi interpretare con intelligenza, contribuendo a evitare lo sfaldamento delle istituzioni nei momenti più difficili.

Se la Repubblica Italiana, negli ultimi anni, ha retto l’urto delle tempeste, è anche grazie alla sua capacità di parlare a tutti senza mai alzare la voce. Il suo stile, tutto sostanza e niente spettacolo, lo ha reso credibile anche agli occhi dei giovani, spesso disillusi dalla politica. La sua autorità non è gridata: è riconosciuta.

In politica estera, Mattarella è stato netto nel ribadire l’ancoraggio dell’Italia all’Europa, alla pace, ai diritti umani. Ha parlato con parole chiare contro l’aggressione russa all’Ucraina, ga duramente criticato lo sterminio dei civili a Gaza, ha difeso la legalità internazionale e sostenuto i popoli colpiti dalle guerre. E lo ha fatto con la dignità di un capo di Stato che non cede né all’ambiguità né al cinismo.

In politica interna, invece, ha sempre mantenuto un rigoroso riserbo. Non ha mai cercato di supplire alla debolezza dei governi, ma ha garantito che le regole venissero rispettate. È intervenuto solo quando necessario, con fermezza e sobrietà, come quando respinse alcune nomine controverse o indicò soluzioni istituzionali nei momenti di stallo.

Oggi, in un’Italia spesso litigiosa, frammentata e spaesata, Sergio Mattarella rappresenta forse l’ultimo vero riferimento istituzionale. Un presidente che non divide, ma unisce. Che non pretende di guidare, ma accompagna.

Il 2 giugno 1946 ha fortunatamente vinto ls Repubblica. Se avesse vinto la monarchia, l’Italia avrebbe meritato comunque un re. Un re repubblicano, con il volto mite e austero di chi non ha mai smesso di credere nella democrazia.