Minacciano le dimissioni di massa i sindaci della costa jonica cosentina, dell’area del Pollino e dei comuni arbereshe, preannunciando anche una imponente manifestazione di protesta.

La scelta di tagliare virtualmente in due il territorio nella composizione dei collegi uninominali senatoriali, previsti dalla nuova legge elettorale, non va giù ai rappresentanti istituzionali locali. «Logica divisoria improponibile ed inaccettabile - scrivono in una nota – La proposta del parlamentare Emanuele Fiano scinde e disunisce le due comunità della costituenda città unica Corigliano-Rossano e i loro rispettivi territori».

 

Nella giornata della Festa della Repubblica il sindaco di Rossano, Stefano Mascaro, ha riunito i sindaci del comprensorio in Assemblea permanente nella sala consiliare del Palazzo di Città. Presenti all’incontro anche i capigruppo del consiglio comunale di Rossano ed il segretario questore del Consiglio regionale, Giuseppe Graziano.

 

Attraverso una missiva inoltrata al relatore della Legge elettorale Emanuele Fiano, al presidente della prima commissione parlamentare Affari Costituzionali, Andrea Mazziotti di Celso e ai suoi componenti, gli amministratori locali hanno chiesto di rimodulare i collegi senatoriali Calabria 1 e Calabria 2 ad oggi individuati e assemblati «secondo una “illogica” logica orizzontale che divide il territorio provinciale in Cosenza Nord (Corigliano-Paola-Castrovillari) e Cosenza Sud (Rossano-Cosenza-Rende).

 

Al contrario, l’Assemblea vuole raddrizzare la barra geografica prevedendo un’area Est e un’area Ovest con il Collegio 1 composto da Rossano-Castrovillari-Corigliano e il Collegio 2 da Paola-Rende-Cosenza. Soluzione, questa, culturalmente, storicamente e territorialmente oggettiva e conforme ai territori.

 

Si tratta di una richiesta perentoria e non negoziabile che l’Assemblea dei Sindaci rivendica con forza, annunciando – si legge nelle conclusioni della missiva – che diversamente sarà attivata ogni formale atto di protesta, non escludendo le irrevocabili dimissioni e l’apertura della campagna al non voto di tutta la popolazione rappresentata».