L’intervista

Stop al ddl Zan, Cerminara (fondatore Arcigay Calabria): «Segnale di un Paese che arretra»

Lo storico attivista: «Questa legge era già un compromesso perché non avrebbe istituito il reato di omofobia ma si sarebbe limitata a disciplinare il riconoscimento di un’aggravante a reati già esistenti»

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di Carla Monteforte
28 ottobre 2021
14:25
Federico Cerminara
Federico Cerminara

«Il voto contrario al ddl Zan non solo è lo specchio di una società che retrocede ma il risultato di fallimentari strategie di parcellizzazione delle istanze delle minoranze. E su queste due macro aree che aprirei una seria profonda riflessione». Federico Cerminara, storico attivista e padre fondatore di Arcigay Calabria, commenta così l’affossamento della legge contro l’omolesbobistransfobia avvenuto ieri in Senato con voto segreto. Legge che le associazioni attendevano da 25 anni.

«La parcellizzazione delle minoranze è una strategia che pone in essere chi detiene il potere, finalizzata a fare in modo che le minoranze si percepiscano come a se stanti e non facciano rete. Il mancato dialogo, la mancata implementazione di strategie comuni, impedisce che il sistema venga di fatto sovvertito».


Era un finale già scritto?
«La parte idealista di me ovviamente sperava ma la parte razionale era consapevole di tutte le difficoltà che il ddl ha incontrato. La cosa più sconvolgente è che ad affossarlo non siano stati tanto i veti di forze politiche eds organizzazioni che per loro natura osteggiano determinate tematiche, ma quelli di militanti lgbtq+ (o presunti tali) e di forze politiche pseudo progressiste. In uno scenario di questo tipo è chiaro che i diritti civili diventino secondari rispetto a presunte emergenze altre».

La sinistra è stata «arrogante» a non voler trattare come accusano da destra?
«Parlare di sinistra in Italia come di una forza omogenea progressista è fuori da ogni visione realista. Il Pd ha un’anima che discende dal vecchio partito comunista e una che discende dalla Democrazia cristiana, con tutto un sistema di valori e di stigma fortemente radicati. Questa legge era già un compromesso al ribasso perché non avrebbe istituito il reato di omofobia, come richiesto in anni e anni di battaglie, ma si sarebbe limitata a disciplinare il riconoscimento di un’aggravante a reati già esistenti. Su cosa avremmo dovuto discutere ancora? È così difficile capire che significhino odio e discriminazione o il timore di alcune forze politiche è non poter continuare a sputare veleno sulle vite delle persone sentendosi ingabbiati da una legge che altro non chiede che il rispetto della dignità dell’essere umano?»

Le posizioni del Senato riflettono quelle della società civile?
«Fino a qualche tempo fa di avrei detto con una certezza assoluta che la società civile è più avanti, oggi non lo penso più perché vedo una retrocessione generale anche da parte di chi si occupa di diritti. Forse anche in conseguenza alla pandemia, assistiamo ad un iperindividualismo che porta a non considerare più i temi sociali».

Finisce qui?
«Io spero di no anche se ormai l’indignazione è un fenomeno mediatico, un polverone estemporaneo che smaltisce i propri effetti dopo 5 minuti».

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