Taglio dei parlamentari, c'è un accordo bipartisan per chiedere il referendum

Un (piccolo) gruppo politico trasversale si schiera contro la riforma e promuove la consultazione popolare: «Ma non chiamateci comitato del No». Per ora sono in sei, ma ne ne servono 64

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di D. C.
10 ottobre 2019
16:34

In una conferenza stampa al senato della Repubblica alla quale hanno preso parte Tommaso Nannicini del Pd, Laura Garavini di Italia Viva, Andrea Cangini, Nazaro Pagano e Giacomo Caliendo di Forza Italia, oltre all'ex del Movimento 5 stelle Gregorio De Falco su iniziativa della Fondazione Einaudi è stata presentata la volontà di convocazione del referendum confermativo sulla riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari eletti di Camera e Senato.

Per ora hanno risposto presente in sei, ma serviranno 64 senatori per raggiungere la soglia necessaria. Nannicini, il cui partito ha aderito, nell'ultima tornata di votazioni in aula alla Camera, alla riforma promossa dal M5S, ha precisato che non si tratta di «un comitato per il “No” ma perché ci sia il referendum, poi ognuno voterà come crede».


Il riferimento è alle altre "riforme" concordate nel documento di maggioranza ma che sono ancora di là da venire. «Io – ha spiegato – come parlamentare che ha votato due volte no ma spero di poter votare sì: se saranno approvati quei contrappesi su cui la maggioranza si è impegnata, altrimenti voterò per la terza volta no».

Anche Laura Garavini, eletta all'estero nella ripartizione europa, fa parte della maggioranza che sostiene il governo Conte bis, ma condivide le riserve dei suoi colleghi che rappresentano i connazionali nel mondo, che alla Camera hanno in maggioranza evitato di approvare il taglio, «particolarmente penalizzante – ha osservato l'ex senatrice dem, oggi con Renzi – per le comunità italiane all'estero».

Anche perché, ha aggiunto, «in questi anni il numero degli elettori all'estero è aumentato del 20%, quindi il taglio penalizza in modo più forte questi concittadini». Per Cangini quella votata martedì scorso «è stata una riforma nata solo per esigenze di parte», e il referendum ha come obiettivo quello di «trasferire nel Paese un dibattito che nel Palazzo non c'è stato».

De Falco, dal canto suo, si è richiamato ai principi della democrazia diretta, cavallo di battaglia storico dei suoi ex colleghi di gruppo, ai quali ha chiesto di firmare per il referendum: «Come su ogni scelta importante, anche su questa riforma i cittadini dovrebbero avere il diritto di pronunciarsi».

Davide Giacalone, presidente della Fondazione Einaudi, ha sottolineato che la differenza di consensi raccolti dalla riforma nei due rami del Parlamento voto tra Senato e Camera (nel primo è mancato il quorum dei due terzi) «suggerisce che tenere il referendum sia cosa prudente».

Per l'azzurro Cangini, con il taglio dei parlamentari «si è manomessa la Costituzione solo per guadagnare qualche voto in più. Un fatto grave». Per questo con il referendum si cercherà di «trasferire nel Paese un dibattito che nel Palazzo non c'è stato».

Garavini di Italia Viva ha ricordato come la riforma del numero dei parlamentari sia «particolarmente penalizzante per le comunità italiane all'estero» dove invece il numero dei votanti è in costante crescita. «Il referendum – ha detto De Falco – è un istituto di democrazia diretta, e come ogni scelta importante anche su questa riforma i cittadini dovrebbero avere il diritto di pronunciarsi».

De Falco si è rivolto ai suoi ex-colleghi di partito: «Sarebbe il caso che M5s sottoscrivesse in blocco questa iniziativa. Non credo che avranno il coraggio di essere ancora una volta incoerenti anche su questo, perchè in queste materie bisogna chiamare il popolo a esprimersi».

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