Col trascorrere del tempo diventa sempre più difficile capire perché il presidente della giunta regionale Roberto Occhiuto abbia preso una posizione così intransigente sulla riduzione della potenza della centrale a biomasse del Mercure.

È difficile da capire dopo che il Governo, come era prevedibile leggendo le osservazioni inviate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla Regione, ha deciso di impugnare i due articoli della omnibus firmati dal consigliere di minoranza Ferdinando Laghi.

Ma la cosa che rischia di scottare ancora di più Occhiuto è la circostanza che il Governo abbia deciso di impugnare la legge su impulso del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, retto da Gilberto Picchetto Fratin, esponente di Forza Italia, partito di cui Occhiuto è vicepresidente nazionale vicario. Fra l’altro non è la prima volta che il Governo, nonostante l’affinità politica, impugna leggi della Regione Calabria.

Ancora. È difficile capire la posizione del presidente della Giunta regionale se si leggono le parole di Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’energia, in audizione il 20 gennaio alle commissioni riunite Bilancio e Ambiente della Camera dei Deputati. L’esponente degli industriali ha parlato con preoccupazione del gap che sconta il sistema produttivo italiano sui costi dell’energia con il resto dell’Europa. Nel dettaglio Regina ha sottolineato che «il gap con la Germania è superiore al 30%, è all'80% con la Spagna e al 78% con la Francia». Numeri pazzeschi che mettono in forte difficoltà competitiva il sistema Italia. Se questo è vero, allora perché ridurre la potenza della centrale del Mercure?

Motivi ambientali, ha spiegato Occhiuto nel video in cui annunciava di non voler nemmeno ricevere chi stava protestando sotto le sue finestre che altro non erano che una serie di sindaci e operatori del settore boschivo calabrese. In realtà i dati scientifici dell’Arpacal e dell’Osservatorio Ambientale sulla qualità dell’aria della Valle del Mercure non sembrano confermare queste preoccupazioni.

C’è infine il problema proprio dell’indotto creato dalla centrale. Un'eventuale chiusura del Mercure rischierebbe di avere effetti molto pesanti. Quella nel Parco del Pollino non è l’unica centrale a biomasse del territorio calabrese. Nella nostra regione ce ne sono altre tre. Una si trova a Rende, costruita e gestita da Actelios, società del gruppo Falck è una centrale elettrica a biomasse da 15 MW. Abbastanza piccolina, diciamo.

Ma soprattutto nella nostra regione insistono Biomasse Italia Spa a Strongoli e Biomasse Crotone Spa nella zona industriale di Crotone. La produzione complessiva dei due impianti, a pieno regime, è di circa 600 Gwh per un fatturato complessivo di circa 100 milioni l’anno. Nel dicembre 2017 EP New Energy Italia, società del gruppo energetico ceco EPH, tra i più grandi un gruppi energetici europei a capitale privato, ha acquistato l’intero capitale di Biomasse Italia e Biomasse Crotone. L’attuale struttura produttiva delle due centrali ha una capacità netta di immissione complessiva di energia nella rete nazionale pari a circa 74 Megawatt (Biomasse Italia – 46 MW e Biomasse Crotone – 28 MW) che ne fanno una delle più grandi realtà europee nel settore della produzione di energia elettrica da sola combustione di biomassa.

Questo significa che in caso di chiusura della centrale del Mercure, i due stabilimenti crotonesi sarebbero in una situazione di quasi monopolio, e potrebbero così imporre ai produttori calabresi che l’altro giorno protestavano sotto le finestre della Cittadella, i prezzi d’acquisto della materia prima.

Di questo e tanto altro si sarebbe dovuto parlare in Consiglio regionale, partendo dalla questione Mercure. Come ad esempio del problema della competitività energetica, di cosa resta alla Calabria dallo sfruttamento delle sue risorse naturali da parte delle grandi multinazionali e tanto altro ancora ma la repentina decisione del Pd di abbandonare l’aula ha fatto troncare sul nascere un dibattito che in realtà sarebbe stato più che necessario.