La padella che si usa una sola volta all’anno per la “frosa” di Pasquetta

Una delle tradizioni culinarie più resistenti è la grande frittata (ci vogliono almeno 12 uova) arricchita da un trionfo di ricotta e salumi. Ecco una poesia per celebrarla

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di Rocco Greco
13 aprile 2020
10:45

Pasqua 2020. Sarebbe stato il primo vero ponte dell’anno e invece l'emergenza Coronavirus richiede ancora un po' di pazienza e di isolamento. Perciò, per quest’anno, niente gite e niente scampagnate fuoriporta. È un sacrificio che va fatto per superare più in fretta e tutti insieme la gravità del momento. Ma questo non significa che dobbiamo venire meno alle nostre tradizioni, soprattutto quelle culinarie che, anche stando a casa, nel limite delle possibilità di ciascuno, possiamo e dobbiamo cercare di mantenere.
La tavola dei calabresi a Pasqua è ricca e variegata e i piatti e i dolci della nostra tradizione regionale, che rappresentano la cultura e l’identità del territorio, sono davvero tanti.

 


Tra le tante pietanze e dolciumi che la nostra cucina può orgogliosamente vantare, andiamo qui a proporvi un’antica frittatona che viene appositamente preparata per essere portata e consumata nelle scampagnate di Pasquetta e che prende il nome di “Frosa”.
Gli ingredienti sono: le uova, nel numero non inferiore a dodici; la soppressata; la ricotta, preferibilmente di pecora; le frittole di maiale, in mancanza i zzirìnguli (cicoli), che si trovano più facilmente. Certo, risulterà un tantino calorico, ma la bontà di questo piatto tradizionale, nell’antichità consumato dai contadini che affrontavano una giornata di duro lavoro nei campi, ci ripagherà del “sacrificio” compiuto.

 

Come oramai da nostra abitudine, ricorrendo ai nostri versi in vernacolo, andiamo a presentare questo piatto, che tra l’altro è tra i più amati dai mie concittadini. Tant’è che in tutte le case di Pizzo vi è un’apposita padella che viene adoperata solo nel periodo di Pasqua per la Frosa, utilizzata, foratembu, solamente dalle madri e mogli degli imbarcati, “u ngi càccianu u desidèriu” ai figli e ai mariti che nel periodo pasquale si trovavano a lavorare sulle navi.

 

'A Frosa!

‘Nu rituali c’ogn’annu si rinnova,
Di dùdici o diciòttu armènu d’ova
S’esti di menu, no, è ‘na frittata.

 

Cu frìttuli, ricotta e suppressàta
‘Nda ‘na padèja ogghju quand’abbasta
È chista ‘a “Frosa” quandu veni Pasca.

 

Crapetti, agneju, sì, e i mustazzoli,
M‘a frosa vôli assai ‘a tradizioni
Pe’ mu si porta fora ò Gallelèu,
Duvi ndi precedìu Cristu Judèu.

 

A ogni casa ‘na padèja apposta
Ng’esti p’a frosa, e s’usa quandu è Pasca
E poi si stipa pe’ l’annu chibeni.

 

Sulu pe’ cu è ‘mbarcatu, quandu veni,
‘A mamma o ‘a mugghjèri c’havi garbu,
‘A pigghja e ‘a caccia foratembu ò largu!


Gallelèu = Pasquetta

 

Giornalista
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