Il personale è stremato da turni massacranti ma a pagare il prezzo più alto sono gli ammalati addossati ai muri ospedalieri nel via vai di persone: «Non c’è dignità né privacy, impossibile continuare a lavorare in queste condizioni»
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Non è stato evidentemente sufficiente il solo cambio di denominazione per far invertire rotta all’azienda che viene appellata come “la più grande del Mezzogiorno”. E nemmeno l’innesto di un “nuovo” management dal momento che sprofonda nei problemi di sempre il presidio ospedaliero fu Pugliese Ciaccio di Catanzaro.
Pazienti in condizioni precarie
Tutt’altro che migliorate appaiono le condizioni dei pazienti che quotidianamente affluiscono a Catanzaro per ricevere cure mediche in emergenza. Costretti in barelle di fortuna, parcheggiate nei corridoi dei reparti in ambienti promiscui, privi di privacy e in barba alle più elementari norme di sicurezza e di benessere del paziente.
Personale stremato
Ma anche del personale sanitario, tarato su un numero ben preciso di posti letto ma ridotto ad occuparsi del doppio dei pazienti, non solo i “fortunati” presenti nelle degenze ma anche di coloro i quali sono finiti nel corridoio di un reparto in attesa di un intervento chirurgico. “Tutto cambia perché nulla cambi”, la celebre frase ben si adatta all’incancrenirsi di problemi che c’erano prima e continuano ad esserci anche oggi nonostante la pomposa intitolazione dell’azienda ad un premio Nobel.
Chi è fortunato e chi no
All’azienda ospedaliera universitaria Dulbecco di Catanzaro se si è fortunati si attende un’operazione al cuore in un letto d’ospedale, se va male in barella tra il via vai di sanitari, pazienti e parenti. La storia si ripete ancora in questi giorni nel reparto di Cardiologia del presidio “Pugliese Ciaccio”. Sette le barelle addossate ai muri del corridoio per altrettanti pazienti giunti in emergenza ma senza riuscire a trovare un posto letto disponibile, le degenze tutte occupate.
Le finte soluzioni
Non un record, il reparto è riuscito nell’impresa di stiparne anche dodici di barelle nel corridoio – e non perché qualcuno nutra la smania del collezionismo – nonostante la disposizione introdotta dal management aziendale che vieta lo stazionamento di pazienti al di fuori delle degenze. Un ordine tanto perentorio quanto utopistico semplicemente a causa di limiti strutturali a cui però non si è ancora data risposta.
La dura vita dei sanitari
Respingere pazienti da sottoporre in emergenza ad interventi salvavita non si può e a pagarne le conseguenze sono in primo luogo pazienti e sanitari. «Non si può più lavorare in queste condizioni né per noi né per i pazienti» è l’amara considerazione di chi è costretto a turni massacranti. «Senza dignità e senza privacy». E non si è ancora nel pieno della stagione estiva.
Interventi programmati
E in un simile contesto si allungano anche i tempi di attesa per chi deve sottoporsi ad interventi programmati: in mano una tac che evidenza la presenza di una coronaropatia e in attesa di una chiamata dall’ospedale e di una operazione. Interpellato sul caso il sindacato Usb chiede l’aumento dei posti letto e conseguentemente anche del personale sulla base delle reali esigenze del reparto.