Il nuovo Mondiale per Club, annunciato dalla FIFA come il grande salto globale del calcio, rischia di diventare il simbolo delle sue contraddizioni più profonde. Il 15 giugno debutterà la prima edizione “allargata” del torneo: 32 squadre, un mese di partite, premi milionari e l’ambizione di portare il calcio di club su scala planetaria. Ma dietro la narrazione patinata si cela un progetto fragile, segnato da opacità e tensioni.

Tra diritti televisivi gestiti senza trasparenza, proteste dei calciatori schiacciati da un calendario insostenibile e spalti vuoti nonostante la portata dell’evento, la “super competizione” sembra già mostrare le crepe di un sistema che rischia di crollare sotto il peso della propria ambizione. Questo articolo prova a raccontarne il lato nascosto.

Dazn, Arabia Saudita e la partita del soft power

Tra gli aspetti più controversi c’è la gestione dei diritti televisivi: nel dicembre 2024, la FIFA ha affidato a Dazn la trasmissione gratuita del torneo, in una manovra definita “a costo zero” per la piattaforma.
Secondo il Financial Times, infatti, il fondo sovrano saudita avrebbe acquisito meno del 5% di Dazn per una cifra intorno ai due miliardi di dollari, metà dei quali immessi direttamente nella piattaforma. Dazn avrebbe poi speso un miliardo di dollari per ottenere i diritti Tv globali del nuovo Mondiale per Club. Ed esattamente un miliardo di dollari è anche il montepremi totale promesso dalla FIFA alle 32 squadre partecipanti. Una triplice coincidenza che, senza offrire certezze, solleva più di una domanda.

Ma non è solo una questione di diritti. È un affare strategico. L’Arabia Saudita – dopo aver ottenuto i Mondiali 2034 senza competizione, dopo il passo indietro di Australia e Indonesia – continua a usare lo sport, e in particolare il calcio, come veicolo di “soft power”: una forma di influenza globale non militare, ma culturale, simbolica e popolare. Sponsorizzazioni massicce, acquisizioni nel calcio europeo, l'espansione della Saudi Pro League, ora l'accesso ai canali di trasmissione internazionali: tutto concorre a disegnare un nuovo assetto geopolitico in cui il pallone diventa una pedina fondamentale.Dietro lo slogan “partite gratis per tutti” si cela una realtà più complessa: una partita che si gioca ben oltre il campo, nei consigli d’amministrazione, nei palazzi della FIFA e nelle redazioni dei broadcaster globali.

Calendari imposti, calciatori spremuti

Nel frattempo, la FIFA continua a esercitare un controllo quasi totale sulla calendarizzazione internazionale. L’inserimento del Mondiale per Club tra giugno e luglio va a sovrapporsi a stagioni già lunghissime e logoranti, soprattutto per i top player europei. Le organizzazioni che rappresentano i calciatori (come FIFPRO) e le leghe professionistiche (come European Leagues) denunciano da mesi lo squilibrio e hanno presentato esposti alla Commissione Europea e alla Corte di Giustizia UE per abuso di posizione dominante.

La replica della FIFA? Sostiene di aver “coinvolto” i giocatori. Ma i sindacati parlano di mera consultazione di facciata, senza alcuna influenza sulle decisioni finali. Le conseguenze si vedono in campo: affaticamenti cronici, infortuni muscolari in aumento, prestazioni altalenanti.

Tempo fa Rodri, centrocampista del Manchester City, ha dichiarato che “non si può più andare avanti così” e ha evocato apertamente lo spettro dello sciopero. Aurélien Tchouaméni ha parlato di “stagioni con 80 partite impossibili da sostenere”, Jude Bellingham ha espresso preoccupazione per lo stress mentale. Il calcio, ormai, richiede un’intensità fisica esasperata – ma la macchina non si ferma.

Un torneo senza pubblico

Anche dal punto di vista del pubblico, i segnali sono preoccupanti. A pochi giorni dall’inizio, migliaia di biglietti per il Mondiale per Club risultano invenduti. Prezzi stracciati, promozioni last-minute, addirittura ingressi regalati ai vigili del fuoco locali in alcune città ospitanti. L’esperienza sugli spalti contrasta nettamente con quella in streaming: mentre Dazn annuncia la trasmissione gratuita di tutte le partite, negli stadi regna la desolazione.

Neanche la presenza di icone globali come Messi, Suarez o Giroud è riuscita a trasformare l’evento in uno spettacolo realmente partecipato. Molte testate parlano di “flop annunciato” e “fallimento mediatico” prima ancora che il torneo iniziasse. La verità è che l’aumento delle competizioni ha generato una saturazione: troppe partite, troppi eventi, troppo poco significato.

L’inflazione del pallone

Questo Mondiale per Club si inserisce in una tendenza più ampia: un calcio sempre più gonfiato nei numeri, ma povero di valore autentico. La nuova Champions League con più squadre, i Mondiali da 48 partecipanti, il calendario globale sempre più fitto... tutto sembra disegnato per soddisfare broadcaster e sponsor, non i tifosi né i protagonisti in campo.

Il modello è chiaro: moltiplicare le partite per moltiplicare le entrate. Ma a quale prezzo? Il rischio è che il calcio diventi una replica industriale di sé stesso, svuotato di passione, qualità e identità. Una bolla speculativa, dove il pubblico si disaffeziona e i giocatori crollano. Il Mondiale per Club 2025, nato per essere la nuova frontiera del calcio globale, potrebbe finire per diventare il simbolo del suo limite.