Il progetto

“Le mie prime dieci gare”: a Paola l’iniziativa per conoscere meglio gli arbitri e incentivare le vocazioni

VIDEO | La locale sezione dell'Aia fa quadrato attorno alle sue giovani leve, promuovendone l’attività attraverso un percorso ragionato, impresso in un vademecum andato a ruba nel corso della presentazione

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di Francesco Frangella
6 aprile 2024
06:41

Sul campo, i veri protagonisti senza toccare mai la palla sono gli arbitri. Prima di tutto, sono atleti: uomini, donne, ma soprattutto giovani ragazzi e ragazze. Ogni volta che scendono in campo, vivono un mix di emozioni, sentimenti e sensazioni simili a quelli dei giocatori. Nonostante il ruolo fondamentale che ricoprono, spesso la loro presenza è considerata solo attraverso le decisioni che prendono, senza considerare i processi interni che li influenzano rapidamente.

Per far emergere il lato umano di questi giovani arbitri, che hanno un impatto diretto sull'andamento e l'esito delle competizioni, la sezione dell'Associazione Italiana Arbitri di Paola ha sviluppato un progetto chiamato "Le mie prime dieci gare". All’iniziativa, oltre al folto pubblico, hanno preso parte, in qualità di oratori, esponenti del comitato nazionale dell’Aia, tra i quali il componente dell’area sud Michele Affinito,  ma anche il presidente del Comitato Regionale Arbitri Calabria, Francesco Longo, nonché il presidente della sezione paolana dell’associazione dei direttori di gara, Marco Maiorano, la psicologa e psicoterapeuta Sara Cassano, che ha contribuito in modo determinante al buon esito del progetto, e il sindaco Giovanni Politano.


In un momento in cui la crisi di vocazioni è evidente, l'opportunità di interagire con esperti del mondo arbitrale rappresenta una novità importante per i giovani aspiranti, offrendo loro la possibilità di sviluppare uno spirito di squadra cruciale per intraprendere una carriera che, come dimostrato da numerosi esempi, può portare a traguardi prestigiosi, dal calcio di serie A agli scenari internazionali.

Quando un giovane decide di intraprendere la strada dell'arbitraggio, spesso non si rende conto del mondo che lo attende. Il percorso inizia con una scelta cruciale, tra due strade: da una parte, la percezione negativa dell'arbitro come figura spesso criticata e maltrattata; dall'altra, l'attrazione per un ruolo prestigioso e impegnativo, una sfida personale. La strada migliore si presenta durante il primo corso arbitri, durante il quale i nuovi direttori di gara iniziano a familiarizzare con il mondo arbitrale non solo come formazione tecnica, ma anche come opportunità di crescita personale.

Frasi come «bisogna essere arbitri tutti i giorni, in campo e nella vita» o «se siamo chiamati a rispettare le regole, dobbiamo essere noi i primi a rispettarle» non sono solo cliché, ma concetti basilari che vengono assimilati fin dall'inizio. Attraverso un percorso di crescita quotidiano, gli aspiranti arbitri imparano a passare dall' "essere l'arbitro" al "fare l'arbitro", sviluppando un senso di appartenenza all'Aia e una consapevolezza della propria identità arbitrale.

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